Non profit
Il regno del riformismo arabo
Secondo l'Arab Reform Initiative è Amman la capitale araba più democratica
di Redazione

Yemen e Arabia Saudita fanalino di coda nel mondo arabo per performance democratica, Giordania (in foto re Abdullah) invece al primo posto della graduatoria. E’ quanto emerge dall’ultimo rapporto sullo Stato della Riforma nel Mondo arabo 2009-2010, pubblicato dall’Arab Reform Initiative (Ari), un consorzio di 14 centri di ricerca e di fondazioni con sede in vari paesi arabi ed occidentali.
Il rapporto, che si riferisce a dieci paesi arabi, ma che in futuro mira a monitorare tutta la regione, si basa sulla valutazione di 40 indici (come la separazione dei poteri, elezioni libere, indipendenza della magistratura, ibera informazione) che misurano tutti gli aspetti del processo decisionale democratico, sia a livello politico che economico e sociale.
Dopo il regno hashemita, la miglior prestazione democratica è quella del Marocco, seguito da Egitto, Libano, Algeria, Kuwait, Territori palestinesi, Siria, Yemen ed Arabia Saudita. Secondo il rapporto, il mondo arabo possiede i mezzi istituzionali in vista di una transizione democratica, ma non li ha ancora attuati in maniera globale. «Nella regione araba si assiste a un inizio di democratizzazione, ma questa tendenza resta ancora allo stadio embrionale», afferma uno degli autori del rapporto, Khalil Shikaki, il quale ha messo in evidenza come vi sia «un ampio divario tra la portata dei mezzi e la loro messa in pratica». Dal canto suo, il direttore esecutivo di Ari, Bassma Kodmani, ha spiegato che «il nostro obiettivo è quello di giudicare se l’organizzazione politica è conforme al criterio in base al quale la gente è la fonte del potere e il sistema dovrebbe quindi riflettere la volontà popolare». In una democrazia «devono essere assicurate giustizia ed uguaglianza attraverso la partecipazione al processo decisionale», ha aggiunto la Kodmani. Il rapporto sottolinea l’urgenza che nel mondo arabo siano garantiti maggior libertà politica e civile, non solo tramite una più consistente legislazione,ma anche dando spazio alle funzioni di monitoraggio e alle organizzazioni per i diritti umani. Un processo di riforma riuscito deve poi tenere conto della necessità di realizzare la giustizia sociale ed economica e di migliorare l’istruzione, soprattutto femminile.
Secondo il report, sono tre le aree dove è necessario investire per favorire un cambiamento efficace e pluralistico: 1) leggi e un processo elettorale in grado di integrare tutti i settori della società ed eliminare le discriminazioni; 2) l’implementazione di un sistema di tassazione basato su una equa distribuzione della ricchezza; 3) lo sviluppo di un sistema scolastico con solide fondamenta morali e sociali che si rifanno ai principi del pluralismo e del secolarismo.
L’ARI è stato fondato nel 2005 sulla base di un consenso progressivo di riforme sociali, economiche e politiche da attuare nel mondo arabo. Tra i membri dell’Ari figurano The Palestinian Center for Policy ad Survay Research, The Lebanese Center for Policy Studies, U.S./Middle East Project, The Center for Strategic and Future Studies in Kuwait e Al Ahram Center for Political and Strategic Studies in Egitto.
Il segretariato dell’Ari è rinnovato annualmente. Attualmente il turno della presidenza spetta al Center for Strategic Studies presso University of Jordan ad Amman.
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