Politica

il registro italianodei medici con la valigia

sotto la lente Associazione Medici in Africa onlus

di Redazione

Un progetto all’apparenza semplice, ma non altrettanto facile da mettere in pratica: creare un registro italiano dei medici volontari e cooperanti, partiti, o che desiderano partire, per i Paesi in via di sviluppo.
È il compito che il ministero degli Esteri ha affidato all’associazione Medici in Africa onlus, nata ufficialmente nel maggio 2007 all’interno della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’università di Genova. In realtà è dal 2001 che i fondatori dell’associazione sono impegnati nella formazione del personale e nell’allestimento di missioni sul campo. In pratica, oltre a preparare e a gestire corsi specifici per adattare le professionalità alle esigenze richieste nei vari progetti, collabora con organizzazioni non governative e religiose per trovare medici disposti a impegnarsi in periodi di volontariato. «Anche solo per un lavoro di questo tipo è necessario avere un registro nazionale degli specialisti pronti a partire», assicura Edoardo Berti Riboli, direttore del dipartimento di Discipline chirurgiche dell’università di Genova e tra i fondatori della onlus. «Spesso le ong non parlano neppure tra di loro, più di una volta un medico viene inviato in un ospedale dove c’è bisogno di una specializzazione che non è la sua. Il rischio è che a un ginecologo venga chiesto di operare da anestesista e che il suo aiuto al centro risulti quasi nullo».
È per questo motivo che ministero e Ordine dei medici si sono rivolti a un’associazione come questa, i cui corsi sono stati seguiti da centinaia di esperti italiani, tutti già schedati: «Abbiamo già un piccolo database con i nostri “ex allievi”. Vi stiamo inserendo anche i colleghi che ci informano di essere già stati in Africa». Il registro sarà pronto a ottobre, e sarà presentato ufficialmente a Roma. Ci stanno lavorando gli esperti della facoltà di Ingegneria di Genova, i quali hanno pure trovato uno sponsor. Perciò il progetto non costerà quasi niente.
Nonostante questo incarico, Medici in Africa continua la sua attività, che comprende l’impegno a informare e sensibilizzare ai problemi dei Paesi in via di sviluppo, sia con il passaparola sia con dei piccoli reportage delle esperienze vissute, riportati sul sito dell’associazione. Un modo per invogliare i medici (il consiglio direttivo è composto solo da specialisti e ai corsi non sono ammessi né studenti né specializzandi) a provare un viaggio del genere: «Genova era una terra di viaggiatori», afferma Berti Riboli, «oggi la voglia di partire è meno diffusa e nella nostra professione aumentano i protocolli e il rapporto con il paziente è sempre più freddo. È vero che i medici che vanno in Africa sono un po’ matti, ma sono anche molto più vivi».

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