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Il referendum sulla pace con le Farc: la Colombia al bivio

Radiografia del voto che domenica dovrà confermare gli accordi di pace fra Governo e Farc. Il viceministro agli Esteri Mario Giro: «L’Italia farà tutto il possibile per permettere alla Colombia di riuscire ad implementare l’accordo e a portare a termine il profondo lavoro di riconciliazione atteso dal Paese». La corrispondenza da Bogotà

di Cristiano Morsolin

Dopo l’euforia di milioni di colombiani che hanno assistito alla firma degli accordi di pace di lunedi scorso, gli animi rimangono molto accesi in uno stato di grave contrapposizione, difficile da capire in Italia. Il capo dell’opposizione ed ex Presidente della Repubblica Alvaro Uribe da 6 mesi sta organizzando il NO al plebiscito di domenica prossima, quando la cittadinanza votera’ un referendum per appoggiare o meno gli accordi di pace.

Ieri Uribe ha dichiarato: «Noi abbiamo usato la mano forte grazie anche al sostegno del Plan Colombia (ben 10.000 milioni di dollari finanziati dal Governo Bush) per combattere la narcoguerriglia; questi accordi vanno modificati perchè permettono l’impunità».

La risposta del presidente della Colombia Juan Manuel Santos – che sta aggregando tutti i partiti, incluso la sinistra (Polo Democratico e Verdi) e la società civile, è contundente: «Come capo di Stato dò il benvenuto alle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia FARC e alla democrazia, in questo momento in cui cominciano il loro cammino di ritorno alla società e si trasformano in un movimento politico. Cambiare le pallottole con i voti e le armi per le idee è la decisione più coraggiosa e più intelligente che potevano prendere”, ha affermato durante il suo intervento nella cerimonia della firma della pace tra il governo e le FARC-EP».

Ed ha aggiunto che: «L’accordo firmato è più del silenzio dei fucili e ci permetterà d’avanzare nello sviluppo, aiuterà a rinforzare la democrazia, renderà più efficace la lotta dello Stato contro il narcotraffico ed avrà dividendi molto positivi nella lotta per la difesa dell’ambiente».

L’Arcivescovo di Cali, Mons. Darío de Jesús Monsalve, è un autentico artigiano di pace, in controtendenza con la neutralità della Conferenza Episcopale Colombiana, è sceso in campo, ha preso posizione direttamente per promuovere SI al referendum. Aspetto sobrio, non ha nessun anello d’oro, è abitutato a mediare in modo no–violento i conflitti tra le bande giovanili-pandillas di Cali, seguendo le orme del Concilio Vaticano II e anche della Conferenza CELAM dell’Episcopato latinoamericano che proprio a Medellin nel 1968 ha iniziato la “scelta preferenziale dei poveri” che ispira Papa Francesco.

Tutte le persone oneste daranno il loro voto per il SI per sostenere la pace e allo stesso tempo affermiamo il nostro NO alla lotta armata delle FARC, ELN, dei gruppi armati di estrema destra come delle bande del quartiere. Bisogna capire che la pace è il bene superiore di una società

Mons. Darío de Jesús Monsalve, Arcivescovo di Cali

Mi spiega: «Tutte le persone oneste daranno il loro voto per il SI per sostenere la pace e allo stesso tempo affermiamo il nostro NO alla lotta armata delle FARC, ELN, dei gruppi armati di estrema destra come delle bande del quartiere. Bisogna capire che la pace è il bene superiore di una società. Speriamo che queste organizzazioni criminali, bande paramilitari o BACRIM che esistono in modo preoccupante decidano di scegliere l’opportunita’ di legalizzarsi nella vita civile. Bisogna pensare una pace integrale dove si arrivi al cuore della violenza risolvendo problemi sociali che provocano i fenomeni del narcotraffico, delle varie forme di illegalità e criminalità, del sicariato baby killer», conclude Monsignor Dario.

Un conflitto di mezzo secolo
Sul sito della Presidenza della Repubblica colombiana un video intitolato ‘Adios à La Guerra’ ripercorre più di trent’anni di tentativi fino alla firma del 24 agosto. Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo, in spagnolo Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo, acronimo FARC, è un’organizzazione guerrigliera comunista della Colombia di ispirazione marxista-leninista e bolivariana. FARC nasce il 27 maggio 1964 contro la «Operazione Marquetalia» effettuata dallo Stato colombiano con appoggio statunitense per reprimere le esperienze di autorganizzazione agraria contadina che si erano sviluppate nelle regioni Tolima e Huila.

Mario Giro,Vice Ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale, tratteggia un excursus storico delle FARC: «Con pazienza i negoziatori delle due parti, aiutati dalla facilitazione di Cuba, hanno in questi mesi tessuto una tela strappata in più punti. Era complesso connettere le ragioni antiche della guerriglia, legate alla proprietà della terra, allo sfruttamento del lavoro – in particolare quello rurale, all'ingiustizia economica e sociale, con quelle di una classe dirigente moderna e globalizzata».

«Chi ha seguito nel corso dei decenni il conflitto colombiano, si rammenta di guerriglieri giovani e rivoluzionari contro un potere di governo oligarchico, legato alle vecchie famiglie possidenti. Ma molto è cambiato nel frattempo, è finito il comunismo e la globalizzazione ha trasformato tutto. Sembra passata la Colombia paternalista, rurale, violenta e fazendera di una volta. La guerra oggi può apparire anche come un'eredità maligna del passato. Tuttavia certamente rimangono molti problemi sociali e di diseguaglianza, in specie quelli creati dalla nuova fase globalizzata che ne ha addirittura amplificati alcuni», conclude Giro.

In alcune fasi della loro lunga storia le Farc hanno contato circa 16 mila combattenti, oggi ridotte a circa 6.000 guerriglieri. E il bilancio di tanti anni di violenza è pesantissimo: oltre ai 220.000 morti, 45 mila “desaparecidos” e più di otto milioni di sfollati. Il negoziatore del Governo Humberto della Calle annuncia nell’intervento alla Universita’ Tadeo Lozano del 16 settembre che “se le FARC utilizzeranno beni illegali o capitali legati al narcotraffico perderanno immediatamente la personeria giuridica come partito politico”.

Chi ha seguito nel corso dei decenni il conflitto colombiano, si rammenta di guerriglieri giovani e rivoluzionari contro un potere di governo oligarchico, legato alle vecchie famiglie possidenti. Ma molto è cambiato nel frattempo, è finito il comunismo e la globalizzazione ha trasformato tutto.

Mario Giro,Vice Ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale

Il contributo italiano alla pace
Era nel lontano dicembre 2004 quando scrissi una prima cronica per VITA sul seminario al Parlamento Europeo di Bruxelles “Diritti Umani in Colombia: valutazione e prospettiva dei Diritti civili, economici e sociali” . In questi anni VITA ha documentato l’evoluzione del conflitto colombiano anche attraverso l’impegno di Sant’Egidio e dei missionari della Consolata, tra cui P. Gaetano Mazzoleni, P. Giacinto Franzoi, P. Antonio Bonanomi.

A Cartagena, per l’Italia, è arrivato il viceministro degli esteri Mario Giro. L’Italia farà tutto il possibile per «permettere alla Colombia di riuscire ad implementare l’accordo e a portare a termine il profondo lavoro di riconciliazione atteso dal paese», ha dichiarato spiegando che la vicinanza dell’Italia alla Colombia «non è formale ma fattiva, da tempo siamo impegnati in strette relazioni economiche e politiche, e ne è prova la recente visita del premier Matteo Renzi a Bogotà».

L’Italia partecipa al fondo per la ricostruzione e il disarmo post conflitto, specialmente dedicandosi alla parte agricola e proseguendo la sua cooperazione nello sminamento e d’altra parte sostiene da anni la cooperazione con grandi operazioni di sminamento. «Siamo stati sempre vicini ai tentativi di riconciliazione», ha dichiarato Giro, ricordando tra l’altro i tanti incontri svoltosi a Roma con le varie delegazioni, per «avvicinare le posizioni o sostenere il dialogo».

Mario Giro prova a interpretare alcune chiavi di lettura per il futuro sottolieneando che «la pace in Colombia è realtà, questa gigantesca festa popolare è la garanzia per il futuro. E ora che fare? In Colombia si apre il delicato periodo della realizzazione dell’accordo e del disarmo. Governo e FARC dovranno evitare ad ogni costo che al posto della guerra si installi la criminalità diffusa -quella dei narcos- come purtroppo avviene in Centro America. Le FARC stesse si sono mantenute con i traffici: si dovranno cercare altre strade. Più complessa la seconda sfida, che concerne il modello economico continentale e non riguarda solo la Colombia. Anni di programmi sociali voluti dalle sinistre hanno attenuato ma non eliminato il problema. Welfare ed educazione sono al cuore delle preoccupazioni: la crescita latinoamericana potrà continuare solo se sostenuta da una classe lavoratrice provvista di più alti livelli di istruzione e rasserenata da garanzie sociali. È la condizione del consenso ed è proprio in Colombia che oggi le due sfide si intrecciano».

la pace in Colombia è realtà, questa gigantesca festa popolare è la garanzia per il futuro. E ora che fare? In Colombia si apre il delicato periodo della realizzazione dell’accordo e del disarmo. Governo e FARC dovranno evitare ad ogni costo che al posto della guerra si installi la criminalità diffusa -quella dei narcos- come purtroppo avviene in Centro America.

Mario Giro,Vice Ministro degli Esteri con delega alla cooperazione internazionale

Concludendo, la firma definitiva della pace in Colombia deve aprire anche una nuova pagina di narrazione della vita e delle ricchezze culturali e sociali di un paese spesso ingabbiato solamente nel discorso guerra e narcotraffico. Michele Anzaldi nell’articolo di VITA Sbatti il figlio (del boss) in prima pagina chiede «Perché, dopo tante levate di scudi contro l'intervista di Vespa a Riina jr, nessuno si è indignato per quella al figlio del narcotrafficante Pablo Escobar apparsa sul Corriere della Sera. E ci risiamo, un altro figlio di un criminale viene intervistato e gli si dà la possibilità di raccontare e spiegare». Non si può continuare a raccontare la Colombia solo con i crimini di Pablo Escobar che ha copiato il terrore della auto-bomba da Cosa Nostra.

AUTORE
Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina dove vi risiede dal 2001, impegnato in ONG aderenti a FOCSIV e CIPSI in Ecuador, Peru’, Bolivia, Colombia, Brasile. Ha collaborato con la Fondazione “Giustizia e Solidarieta” – espressione della Conferenza Episcopale Italiana (2005-2008) e con la rete nazionale Libera (2007-2008) e attualmente con Universidad Externado de Colombia e Universita’ Federal de Maringa (Brasile). Ha scritto vari libri.

Blog: https://diversidadenmovimiento.wordpress.com/

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