Formazione

Il re dei trapianti messo in fuga dal doppio incarico

L’ennesimo grande ricercatore impossibilitato a fare il suo lavoro in Italia? La vittima di un sistema baronale? Macché.

di Gabriella Meroni

Un altro cervello in fuga dall?Italia? La notizia dell?addio di Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianti di fegato, aveva riempito le pagine dei giornali all?indomani di Capodanno. Ecco l?ennesimo ricercatore costretto ad abbandonare il nostro ingrato Paese e a trovare rifugio negli Stati Uniti. Il protagonista di questa storia, Ignazio Marino, 47 anni, lascia l?Istituto mediterraneo per i trapianti (più noto come Ismett) e le terapie ad alta specializzazione di Palermo e va ad operare a Philadelphia. Intervistato in prima pagina su Repubblica, il professore si era sfogato: “Hanno vinto i baroni e la burocrazia. Mi arrendo”. Lo stesso presidente Ciampi, in visita a Palermo, aveva rivolto un appello a Marino perché restasse. Tutto inutile. Unica voce controcorrente quella di un altro pioniere dei trapianti, Raffaello Cortesini, che al Corriere della Sera aveva ipotizzato un?altra interpretazione dei fatti: “Marino? è stato costretto a dimettersi per scarsa produttività. I suoi 120 trapianti sono costati 120 milioni di euro. Con gli stessi soldi qualsiasi altro centro avrebbe fatto faville”. La vera storia di Ismett Alla base delle insinuazione di Cortesini ci sono le vicissitudini di Ismett. L?istituto, in base al contratto che l?ha istituito, costerà alla sanità pubblica 2mila miliardi di vecchie lire in 18 anni. Cifra che autorizza a pensare che più che a una fuga di cervelli, ci si trovi di fronte a una fuga di capitali. Che qualcuno si è deciso ad arginare. Ismett era nato per dotare la Sicilia di un ospedale che riducesse i ?viaggi della speranza? dei malati isolani verso le cliniche estere o gli ospedali del Nord. Per questo, sei anni fa la Regione ottenne 100 miliardi di lire dallo Stato (ministro era Rosy Bindi): obiettivo, aprire il centro, ospitato ?provvisoriamente? in un?ala dell?ospedale civico di Palermo. Siamo nell?aprile del 1997; l?istituto è una srl a partecipazione mista pubblico-privato costituita da tre partner: il centro medico dell?università di Pittsburgh (Upmc), che fornisce personale medico e il know-how sui trapianti; l?ospedale Civico di Palermo, sede provvisoria; l?ospedale Cervello, sempre di Palermo, specializzato in epatologia. In base agli accordi, i costi dei trapianti sono garantiti dalla sanità regionale, che in aggiunta si impegna a versare all?Upmc di Pittsburgh quasi 20 miliardi di lire l?anno per il trasferimento di competenze (di qui i 120 milioni di euro di cui parla Cortesini). Ignazio Marino, formatosi a Pittsburgh come chirurgo dei trapianti, è direttore amministrativo e sanitario. Passano due anni e Ismett ancora non apre, mentre, come stabilito, la Sicilia versa 38 miliardi agli americani per il (futuro) know-how. Finalmente, nel giugno 1999 la ristrutturazione del Civico, costata altri 4 miliardi, termina e contemporaneamente si posa la prima pietra della sede definitiva (doveva essere pronta entro il 2001, aprirà forse a settembre); alla fine di luglio Marino esegue il primo trapianto, ma siamo ancora ben lontani dagli standard numerici attesi: all?Ismett ci sono solo 16 (eccellenti) posti letto, e due (eccellenti) sale operatorie. Ma queste sono le cifre. E intanto i viaggi della speranza dei siciliani per i trapianti sono stabili sui 300 l?anno. I risultati puzzano di fallimento, e qualcuno se ne accorge. Ismett colleziona, dal 1998 al 2000, un?interrogazione parlamentare l?anno. Molti deputati siciliani (e non solo loro) fanno al governo domande di buon senso: come mai è Pittsburgh a decidere le assunzioni di medici e infermieri, ma chi paga è la Sicilia? Perché i criteri di ammissione dei pazienti sono poco trasparenti (i deputati parlano di ?informali contatti?, smentiti però da Ismett)? Per quale motivo il consiglio di amministrazione è composto da tre rappresentanti americani e da due italiani? Qual è la ragione per cui il capitale di Ismett è costituito per il 35% dal Civico, per il 20% dal Cervello e per il 45% da Pittsburgh? Perché diavolo, infine, un trapianto di rene all?Ismett costava (nel 1999) 118 milioni di lire contro i 70 di un ospedale pubblico? Ma niente da fare. Con la benedizione di tutti i governi, l?istituto palermitano ha proseguito la sua attività, Marino conservava il doppio incarico, la Regione Sicilia si vantava di aver tracciato un solco. Fino al settembre 2002, quando ?per motivi personali? Marino rassegnava le dimissioni, salvo poi diffondere la propria versione nella chiave della ?fuga dei cervelli? a gennaio. “è strano, sì”, dichiara Serena Pizzo, addetta stampa Ismett. “Sono stata ricontattata da tutti i giornalisti cui avevo inviato la notizia della rinuncia di Marino. Mi chiedevano le stesse cose che sapevano da quattro mesi?”. Fuga di cervelli o di capitali? Qualcuno, per la verità, sussurra che la vera ragione dell?abbandono di Marino sia stata l?intenzione del ministro Sirchia di togliergli parte delle funzioni. “Nel doppio ruolo di direttore e amministratore, Marino godeva di vantaggi economici notevolissimi”, sono state le parole di Sirchia. “Voleva fare il solista”. E l?attività di ricerca? All?Ismett di ricerca non se ne fa perché non c?è spazio. Come informa isito del centro palermitano (ISMETT), con tutti i verbi al futuro, nella sede definitiva “è prevista la realizzazione di un laboratorio di ricerca dove opereranno circa 40 ricercatori”. Nel frattempo, la plenipotenziaria università di Pittsburgh ha già nominato il sostituto di Marino, il dottor John Fung, e sta cercando altri tre medici di origine italiana ma impiegati negli States, da assumere a Palermo. L?affare, per gli americani, continua.


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