Mondo

Il rapporto che imbarazza l’Onu

Ban Ki Moon fa calare il silenzio sulle violazioni del regime di Khartoum

di Joshua Massarenti

Mentre gli occhi della diplomazia internazionale sono puntati sugli scontri che oppongono il Sudan al Sud Sudan, dopo mesi di silenzio mediatico il Darfur torna a far parlare di sé. A finire nell’occhio del ciclone non è soltanto il regime di Khartum, ma anche le Nazioni Unite.

Un articolo pubblicato oggi da Africa Confidential mette in luce un vero e proprio caso diplomatico che rischia di incrinare l’immagine del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, e soprattutto il metodo politico adottato dall’Onu per gestire i regimi di sanzioni contro regimi sanguinari.

Il sito d’informazione africano parla di “terremoto diplomatico” provocato da un rapporto scritto da tre ex esperti delle Nazioni Unite in cui il governo sudanese è sospettato di utilizzare armi cinesi contro le popolazioni civili del Darfur. Secondo Africa Confidential, il rapporto starebbe circolando in maniera clandestina nei piani alti del Palazzo di Vetro, creando un forte imbarazzo tra i membri del Consiglio di sicurezza.

Il nodo del problema ruota in realtà attorno alle accuse mosse dagli ex esperti Onu contro “i metodi di lavoro e la neutralità del Panel” nominato da Ban Ki Moon in persona per monitorare l’applicazione delle sanzioni sulle armi e gli spostamenti di persone e entità non governative in Darfur.

Il panel, costituitosi nel febbraio 2011, esplode dopo pochi mesi di attività in seguito alle dimissioni di tre membri su cinque: Michael Lewis, Claudio Gramizzi e Jérome Tubiana, tre esperti riconosciuti a livello internazionale per le loro competenze sui traffici di armi in Africa e la loro conoscenza della regione. Nonostante le loro dimissioni, Gramizzi, Tubiana e Lewis decidono di scrivere un rapporto di attività in cui denunciano il pessimo lavoro di gruppo svolto dal coordinatore del Panel, accusato di aver ostacolato lo scambio di informazioni tra i membri del Panel, una procedura di lavoro determinante per il buon esito del rapporto.

Nel rapporto consegnato il 24 gennaio, i tre ex esperti del panel sottolineano “il dovere di comunicare al Comitato” della sanzioni delle Nazioni Unite, “le conclusioni delle loro inchieste”. Conclusioni che contrastano in modo sorprendente con quelle raggiunte dagli esperti ufficiali rimasti in carica e quelli nuovi che hanno sostituito i dimissionari in un rapporto, ufficiale quello, consegnato guarda caso lo stesso giorno.

Con tanto di prove schiaccianti, il rapporto “non ufficiale” denuncia le violazioni dell’embargo sulle armi in Darfur perpetrate dal regime di Khartoum. Secondo gli ex esperti, il governo sudanese avrebbe importato legalmente armi dalla Cina e dalla Bielorussia per poi trasferirle in Darfur e utilizzarle contro le popolazioni civili. Ma la vicenda viene passata sotto silenzio dal rapporto ufficiale che menziona le violazioni in poco meno di un paragrafo.

Lo stesso discorso vale per la pulizia etnica di cui le popolazioni Zaghawa sono vittime che il rapporto ufficiale tratta in appena tre capitoli contro i 28 paragrafi dettagliatissimi scritti da Gramizzi, Lewis e Tubiana. Infine ci sarebbe da interrogarsi sul modo con cui il rapporto ufficiale affronta le sanzioni Onu che ufficialmente impediscono alcuni individui di viaggiare al di fuori del Sudan. Gli ex esperti hanno registrato tre casi di violazione sui quattro analizzati, mentre il Panel ufficiale sostiene le violazioni non sono incrementate.

Le omissioni sono tanto più sospette che prima di dare le loro dimissioni i tre ex esperti avrebbero consegnato le loro note ai loro colleghi.

Ma la cosa più sorprendente è che il rapporto ufficiale non è mai stato reso pubblico. Di solito passano al massimo quattro settimane tra la data della consegna di un rapporto al Comitato delle sanzioni Onu e la decisione del Consiglio di sicurezza di pubblicarlo. Sapendo che il rapporto ufficiale è stato consegnato il 24 gennaio, perché non è mai stato reso pubblico? Da quella data sono trascorsi più di due mesi. Con le rivelazioni di Africa Confidential, c’è da giurare che il Palazzo di Vetro comincerà a tremare.

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