Famiglia

Il ragazzo che soffia alle foglie

Handicap: avere un figlio autistico. Il diario della famiglia

di Chiara Amigoni

C?è un diario che nessuno conosce, perché mai pubblicato, che raccoglie in un centinaio di pagine una storia bella, bella fin dal titolo: Il ragazzo che ama guardare il vento. È il diario di Silvia e Claudio, e del loro figlio Giuseppe che accolsero ormai vent?anni fa, quando aveva tre anni.Tutto inizia per caso, dalla telefonata di un?amica assistente sociale che ha tra le mani il solito caso difficile: una famiglia sfasciata e un figlio piccolo che mostra segni di ritardo nel normale sviluppo. Silvia e Claudio, maestra lei e medico lui, sembrano essere le persone giuste per un affido temporaneo: hanno già due figlie piccole (oggi di figli ne hanno cinque) che possono essere stimolo di crescita. Si pensa che in un contesto familiare diverso da quello in cui vive, Giuseppe possa risolvere i suoi problemi. Ma le cose non vanno così: lui non cresce, non parla, non impara come gli altri. Rimane chiuso nel suo mondo fatto di piccole e grandi ossessioni. E, col passare del tempo, si rivela un bambino autistico e nessuno, né medico né psicanalista, è in grado di dire come sarà il suo futuro. Intanto il Tribunale dei minori lo dichiara adottabile perché ritiene impossibile il rientro nella famiglia d?origine. Siamo nel 1987. Che fare? Silvia e Claudio accettano di diventare madre e padre di Giuseppe a tutti gli effetti e di continuare giorno dopo giorno a lottare, con pazienza e tenacia, contro il suo male. Come loro stessi dicono, «vogliono vivere ogni istante come se fosse quello decisivo per tirarlo fuori». Quindi non si accontentano del Cse, il Centro socioeducativo della zona, che si rivela essere soltanto un parcheggio per disabili: bussano a un?infinità di porte finché non trovano una cooperativa sociale dove possa fare qualche piccolo lavoro. E formano un gruppo di giovani volontari che possano fargli compagnia, perché abbia degli amici coetanei. Poi la piscina, l?ippoterapia, la montagna. Fa da sfondo a tutto ciò la scelta di non usare psicofarmaci, ma una terapia di psicanalisi lunga dieci anni e costata ben 60 milioni per scovare le radici lontane di questo male. Oggi Beppe ha fatto qualche piccolo passo, ma nessuno può scommettere sul suo futuro. Quello, però, che la sua storia dimostra è che si può amare con cura e dedizione infinite anche uno come lui, uno che qui impariamo a conoscere da alcuni brani del diario di Silvia e Claudio. I primi giorni ci consentono di scoprire tutta la sua fragilità e i suoi problemi. Oltre ad essere sotto peso, è molto basso per la sua età. Mentre gli facciamo il primo bagno restiamo colpiti dalla sua magrezza: la pelle sembra trasparente, al punto da lasciar intravedere tutti i vasi sanguigni sottocutanei; i capelli sono fini e inconsistenti, come quelli di un neonato, soprattutto dietro la nuca; i muscoli sembrano inesistenti, tanto sono flaccidi e senza tono. Sulla fronte ha due strane protuberanze, simili a corna ossificate: ci rendiamo conto che queste non sono bozze naturali, ma derivano dalla sua abitudine di picchiarsi volontariamente la testa contro il muro. Ci accorgiamo che la sua soglia del dolore è molto alta: quando si procura involontariamente qualche piccola ferita non mostra particolari reazioni, ma resta incantato a guardare il sangue, senza manifestare paura o angoscia. A tavola mangia ogni tipo di cibo che gli proponiamo, senza esprimere nessuna preferenza. I suoi tempi sono, però, molto lunghi: tiene il cibo in bocca, succhiandolo senza masticare. Giuseppe risulta insofferente a qualsiasi contatto fisico. Non possiamo toccarlo, né prenderlo in braccio, e ci è difficile anche lavarlo o cambiarlo. Il modo con cui manifesta il suo fastidio è un lamento sommesso e continuo, senza grandi gesti di ribellione. Quando gli cambiamo gli abiti se ne torna in bagno a recuperare quelli sporchi e li indossa sopra quelli puliti. Trascorre intere giornate seduto sopra un triciclo senza pedali. Vorrebbe che ogni cosa si mantenesse sempre allo stesso posto, perché questo gli dà sicurezza; non appena interviene qualche piccolo cambiamento esplode la crisi. Un giorno, mentre ci troviamo in cucina, incomincia a lamentarsi e ad agitarsi. Cerco di consolarlo, non riuscendo a capire il motivo di questa sua irrequietezza. Il lamento continua, diventando un urlo insistente e disperato. Finalmente mi accorgo che un asciugapiatti è appeso al gancio sbagliato e mi affretto a riportarlo al posto giusto. Il lamento di Giuseppe cessa immediatamente e torna la calma? Il vento è l?attrattiva massima per Giuseppe. Lo vediamo spesso, affacciato alla finestra, osservare le piante, alla ricerca di qualche movimento delle foglie. Può soffermarsi anche un?ora in questa attività contemplativa da cui trae un inspiegabile piacere. Un giorno, non potendo uscire in giardino, mette alcuni fazzoletti di carta sulla sedia e incomincia a soffiare come un forsennato, diventando paonazzo. .. Tuttavia, con il passare del tempo, emergono anche alcune novità interessanti, anche se molto isolate. Un esempio: nella primavera 1990 Giuseppe riceve la prima Comunione e la Cresima. Nei giorni precedenti, mentre Claudio è indaffarato a pulire i tavoli del giardino per la festa, Giuseppe si avvicina e chiede: «Posso fare questo lavoro?». Più tardi sale in cucina, dove sto spalmando il burro sulle tartine e mi domanda: «Posso aiutarti?». Rimaniamo stupiti, perché ha preso iniziativa da solo, sentendosi parte di un lavoro comune, e ha parlato di sé in prima persona? Non mancano anche gesti di provocazione: un sabato pomeriggio Giuseppe, mentre è in bagno, imbratta volutamente i muri con la sua cacca. Quando Claudio se ne accorge lo sculaccia violentemente, lasciandogli sul sedere i segni delle dita. Poi, mentre Giuseppe piange, Claudio si siede sconsolato. Com?è possibile prendersela così con un bambino disabile? Sarebbe questa la grande capacità di accoglienza? È faticoso sperimentare il proprio limite e la propria cattiveria?. Quello che ci lascia disarmati sono le sue ossessioni: da tempo mostra una mania per i vestiti. Quelli che trova in giro, appoggiati a una poltrona o sul letto, deve assolutamente appenderli. Non importa dove, purché siano appesi. Un chiodo, un appiglio del muro, una sporgenza di un mobile: tutto viene trasformato in un grande appendiabiti. È un rito, il suo, a cui ci abituiamo rassegnati. «Da grande farai il guardarobiere», gli diciamo con segreta speranza? Ormai è sempre più evidente che Giuseppe, a 22 anni, sta vivendo la sua adolescenza. Noi siamo i genitori e questo gli è ben chiaro. Non siamo, però, gli amici, quelli con cui desidera passare il tempo. Gli amici costituiscono sempre più uno stimolo positivo: un giorno, mentre stiamo terminando il pranzo, Marco chiede di giocare a ?è arrivato un bastimento?. «Va bene. È arrivato un bastimento carico di… animali», incomincia Cecilia. Il gioco coinvolge tutti. Giuseppe continua imperturbabile a mangiare, disinteressandosi completamente a quanto avviene intorno a lui. A un tratto mi rivolgo a Giuseppe: «Beppe, vediamo se indovini. È arrivato un bastimento carico di… amici del Giuseppe. Questo amico comincia per M e finisce per O». «Mauro», risponde prontamente lui, fingendo di guardare da un?altra parte, come se non fosse interessato al quesito. Tutti restiamo sorpresi. Non ci aspettavamo che potesse rispondere in modo corretto e così rapidamente. «Prova ancora», dice Maddalena. «È arrivato un bastimento carico di… amici. Questo amico comincia per D e finisce per O». «Dario!», è la sua risposta. Ma guarda un po?! Provocato su un interesse evidente, è in grado di fare attenzione alla domanda e di trovare la risposta, riconoscendo correttamente le lettere e ricostruendo il nome. Ma perché usa sempre con estrema parsimonia queste sue capacità? I suoi coetanei sono davvero importanti: un giorno Elisa sta studiando in salone con Laura e Maria, due sue compagne di università. Giuseppe scende da loro e si siede al tavolo. A un tratto Maria gli dice: «Scrivi il tuo nome». Giuseppe prende un foglio e una biro e scrive velocemente ?BEPPE?. Con noi due non lo avrebbe fatto, mentre con queste ragazze si è lasciato coinvolgere?


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