Politica

Il prossimo week end tutti a Rovereto

di Riccardo Bonacina

Ormai da qualche anno si dice che l’Italia è attraversata da una grande emergenza: la questione educativa. Si sono fatti manifesti, appelli con firme copiose e prestigiose, lo ha sottolineato a più riprese anche Benedetto XVI. Eppure, è come se tutto questo non riuscisse a mordere la realtà, la quotidianità. E così il dibattito sull’educazione si riduce alle querelle sull’alzabandiera, sui grembiuli o sul voto. Perché? Probabilmente perché nel sottolineare la crisi dell’educazione, della scuola, della famiglia, di un’intera generazione d’adulti e delle agenzie sul territorio, si finisce, contestualmente, per delegittimare e screditare le istituzioni stesse, gli educatori che vi operano e il concetto stesso di educazione. Ne deriva che, mentre a livello sociale cresce la richiesta di una “buona educazione”, al tempo stesso si screditano le agenzie e i professionisti che la promuovono: si tagliano i finanziamenti, si considerano gli educatori degli incapaci, i ragazzi dei superficiali o dei bulli, si appiattiscono le problematiche educative a questioni di ordine pubblico o di mera tecnica di istruzione e di trasmissione di contenuti. È come se non si capisse (o non si volesse capire) che «la vera sfida risiede non tanto nell’elaborare di nuovi e sofisticati strumenti didattici, né nel proporre questa o quella Verità cui educare i giovani, ma nella capacità di un’educazione al senso. Al senso dell’esistere, del crescere, del futuro e anche della sofferenza». Recita così il manifesto di un’iniziativa in cui anche il nostro gruppo editoriale è implicato, si tratta di Educa, il primo incontro nazionale sull’educazione che avrà luogo dal 26 al 28 settembre a Rovereto (qui il programma). Un evento e un manifesto che, non a caso, nascono per iniziativa di tante realtà associative e cooperative ogni giorno implicate proprio laddove la crisi educativa si mostra in tutte le sue fragilità e persino nelle sue patologie.
Da troppi anni ci si chiede che mondo lasceremo ai nostri figli, bisognerebbe cominciare ad interrogarci su a che figli lasceremo il nostro mondo. Albert Camus in Il Primo uomo, ricordando il suo maestro ad Algeri, scriveva: «Il signor Germain appagava una sete ancor più essenziale per il ragazzo che per l’adulto, la sete della scoperta. (…). Nella classe del signor Germain, per la prima volta in vita loro, sentivano di esistere e di essere oggetto della più alta considerazione: li si giudicava degni di scoprire il mondo».
Ecco che significa reintrodurre la questione dell’esperienza e del suo senso nell’educazione, giudicare i ragazzi degni di scoprire il mondo. È questa la vera passione del futuro evocata dal sottotitolo di Educa, una passione per il futuro.

Se siete interessati a discuterne (qui il manifesto-educa-2008 dell’evento), l’appuntamento è a Rovereto, da venerdì.

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