Salute

Il pronto soccorso non è per tutti

Un’operazione congiunta del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e di SIMEU, Società italiana della medicina di emergenza-urgenza, lancia un monitoraggio sui pronto soccorso italiani e una Carta dei Diritti al Pronto Soccorso, che definisce in otto punti i diritti irrinunciabili di tutti i cittadini, pazienti e operatori sanitari

di Lorenzo Maria Alvaro

Un tentativo di diagnosi e di cura dei servizi di emergenza sanitaria del Paese: è il senso dell’operazione congiunta del Tribunale per i Diritti del Malato di Cittadinanzattiva e di SIMEU, Società italiana della medicina di emergenza-urgenza. Due gli strumenti utilizzati: un monitoraggio civico e tecnico delle caratteristiche strutturali e organizzative dei servizi di emergenza-urgenza e una Carta dei Diritti al Pronto Soccorso, che definisce in otto punti i diritti irrinunciabili di tutti i cittadini, pazienti e operatori sanitari.
Il monitoraggio fotografa 93 strutture di emergenza urgenza; dà voce a 2944 tra pazienti e familiari di pazienti intervistati; misura accessi, ricoveri e tempi di attesa di 88 strutture di emergenza urgenza di cui sono stati direttamente valutati i flussi di gestione.

Il monitoraggio civico e tecnico
La rilevazione è stata svolta tra il 16 maggio ed il 30 novembre 2015: attivisti di Cittadinanzattiva, referenti SIMEU, pazienti e familiari, hanno contribuito su tutto il territorio nazionale a “fotografare” la situazione dei Pronto Soccorso, attraverso un questionario rivolto a familiari e pazienti, diviso in due schede, una griglia di osservazione civica elaborata da Tdm, l’altra tecnica predisposta da Simeu, incentrato sull’organizzazione dei Dipartimenti di emergenza–urgenza, sulla presenza di servizi e di procedure formalizzate che mettano il cittadino al centro del sistema per una sempre più efficace umanizzazione delle cure. Alcuni esempi: l’attenzione alla privacy e alla riservatezza; le procedure di comunicazione tra struttura sanitaria, operatori e familiari; l’attenzione al dolore in tutte le tappe del percorso; la presenza di percorsi dedicati per le persone fragili o di spazi dignitosi dedicati al fine vita.

I dati del monitoraggio
La situazione appare ancora oggi molto disomogenea fra strutture del Nord del Centro e del sud soprattutto come conseguenza di un’organizzazione dei servizi di emergenza non ancora standardizzata sul territorio nazionale. Anche all’interno di una stessa regione, con differenze spesso sostanziali di organizzazione del servizio in base alla complessità del servizio, Pronto soccorso, Dea di I o Dea di II livello. Tempi di attesa, Spazi, dotazioni e Sovraffollamento, attenzione al dolore e comunicazione con i pazienti sono fra i capitoli più importanti della rilevazione per la ricaduta sulla percezione dell’efficacia del servizio e per individuare le difficoltà di pazienti e operatori sanitari.

  • I tempi di attesa (pp.35 e seguenti): distinguendo fra tempo di attesa per la valutazione al triage all’arrivo in pronto soccorso, attesa per il primo accertamento diagnostico e tempo di attesa per il ricovero in altro reparto alla fine del percorso in emergenza: nel primo caso, per il triage, si tratta in media di attese di pochi minuti, in media dai 9 ai 17, variabili entro questi limiti, in base all’area geografica e a seconda che si tratti un pronto soccorso o di un Dea di I o II livello. Nel secondo caso invece l’attesa media per il primo accertamento diagnostico varia da un minimo di 22 minuti per un codice giallo a 98 minuti per un codice bianco. 10 minuti i tempi minimi registrati per codici bianchi e verdi, 5 per i codici gialli. I tempi massimi registrati sono stati: 240 minuti per codici bianchi, 300 per codici verdi e 120 per codici gialli.

Sui tempi di attesa per il ricovero si rimanda al più complesso capitolo dedicato all’Obi, Osservazione breve intensiva (pp. 15 e seguenti) struttura prevista dal Regolamento sugli Standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi sull’assistenza ospedaliera ma non ancora presente ovunque (manca nel 40% dei Pronto soccorso, nel 17% dei DEA I livello, nel 19% dei DEA di II livello). In generale, sul campione osservato nella rilevazione, i tempi di permanenza medi (tra il triage e l’esito indicato per ricovero) nelle 24 ore in cui è avvenuta l’osservazione civica, supera le 3 ore nei Pronto soccorso, si avvicina alla 5 ore nei DEA di I livello e non supera le due ore e mezza nei Dea di II livello.
Le attese per avere un ricovero o posto letto sono state meno di 12 ore nel 40% dei Pronto soccorso, 50% dei DEA I livello, 13% DEA II livello; 24-48 ore nel 25% DEA I livello, 19% DEA II livello, 40%

pronto soccorso. Oltre due giorni di attesa nel 38% dei DEA II livello e 20% nei Pronto Soccorso. L’attesa massima registrata in OBI è stata di 7 giorni (168 ore)

  • Spazi, dotazioni e sovraffollamento

Pochi gli spazi per le attese “attrezzati” per i bambini (in nessuno dei PS, 36% DEA I livello, 29% DEA II livello); quasi assenti le barriere architettoniche, mentre molto presenti sono quelle sensoriali (meno del 10% delle strutture ha accorgimenti per non vedenti-ipovedenti); dotazioni di sedie a rotelle, barelle e elevatore per grandi obesi presenti prevalentemente al nord. Bagni condivisi uomo-donna in circa la metà delle strutture (53% PS, 51% DEA I Liv, 29% DEA II Liv); assenza di bagni per disabili nel 20% di PS e DEA II liv. mentre il sapone nei bagni è presente solo nel 53% dei PS e nel 77% dei DEA II Liv. con le realtà del sud più in difficoltà, infine anche la carta igienica è disponibile solo nel 60% dei PS e nel 77% dei DEA II liv. Il 28% dei pazienti in attesa al pronto soccorso vorrebbe avere un posto più comodo, percentuale che si riduce per i DEA I liv (14%) e DEA II liv (9%); il 18% di pazienti in attesa al PS vorrebbe avere acqua e cibo (12% in DEA Liv I, 10% DEA liv 2). E ancora il 30% dei pazienti in pronto soccorso non ha visto preservarsi privacy e riservatezza (16% DEA II, 18% DEA I).

L’OBI risulta sovraffollata nel 33% dei Pronto Soccorso, 38% DEA I livello, 24% DEA II livello; sono presenti posti letto in aggiunta nel 33% dei PS, 44% DEA I Livello, 48% DEA II livello. Sono stati registrati anche 30 posti aggiunti (barelle/letti) in OBI.
Sono presenti spazi dedicati al malato in fase terminale nel 45% DEA II liv, 36% DEA I Liv, 13% PS. Più alto il numero di strutture che hanno spazi dedicati alla persona appena deceduta (40% PS, 57% DEA I Liv, 61% DEA II Liv). Mediamente risultano più presenti nelle strutture del centro.

  • Il trattamento del dolore acuto (p.55 e seguenti): Attraverso l’indagine civica si è andati a valutare il grado di attenzione alla registrazione ed alla cura del dolore nelle persone ricoverate nelle strutture di Emergenza-Urgenza. Cresce, a seconda della complessità della struttura, la presenza di formali procedure per la valutazione del dolore durante il triage: 60% nei Pronto soccorso, 72% nei DEA di I livello, 74% nei DEA di II livello. La procedura di rivalutazione del dolore in tutto il percorso del paziente al pronto soccorso viene svolta da poco più del 60% delle strutture monitorate (60% Pronto soccorso, 66% DEA di I livello, 61% DEA di II livello). Anche in questo caso i DEA di I e di II livello del sud ne risultano maggiormente sprovvisti (38% DEA di I livello, 41% DEA di II livello). Ancora minore è il numero di strutture che ha formalizzato delle linee guida per la gestione del dolore in emergenza-urgenza: soltanto il 47% nei Pronto soccorso, il 66% nei DEA di I livello, il 61% nei DEA di II livello.
  • La comunicazione con i pazienti (pp. 77 e seguenti): Se “Buona” risulta essere l’assistenza sanitaria ricevuta ( per il 36% nei Pronto Soccorso, 46% dei DEA di I livello; 44% dei DEA di II livello), invece la necessità di parlare con un operatore (48% dei Pronto soccorso, 45% Dea di I livello, 35% DEA di II livello), seguita dal bisogno di aver vicino i propri cari (30% dei Pronto soccorso, 23% dei DEA di I, 26% dei DEA di II) e di maggiore conforto (24% Pronto soccorso, 13% DEA I livello, 10% DEA II livello) sono i “desiderata sull’assistenza” che il paziente ha all’interno del percorso di Emergenza-Urgenza.

Rispetto all’informazione è presente materiale informativo in più lingue nella sala d’attesa del Pronto Soccorso in un Pronto soccorso su 3, dato che aumenta nei DEA di I Liv (40%) e DEA II Liv (39%).
È assente materiale informativo sulle prestazioni soggette da pagamento del ticket e modalità di accesso in circa una struttura su 4 (35% DEA II liv, 43% DEA I liv, 46% PS).

Lo spirito dell’iniziativa: il Pronto soccorso di tutti
La collaborazione fra le due associazioni nasce dalla consapevolezza che il Pronto soccorso, aperto 365 giorni all’anno e 24 ore su 24, per problemi non solo sanitari ma sempre più spesso anche sociali, è un bene comune, sia di chi vi si rivolge in cerca di cure sia di chi ci lavora per rispondere alla richieste di salute. E quindi tutelarlo e migliorarlo è un diritto-dovere di tutti, istituzioni, pazienti e operatori sanitari. Monitoraggio e Carta dei Diritti sono stati lanciati nel 2015, quando il Tdm festeggiava il suo 35esimo anno di vita, in particolare durante la Settimana nazionale Simeu del Pronto soccorso, manifestazione annuale che si tiene in maggio, durante la quale medici e infermieri della

Società italiana di medicina di emergenza-urgenza organizzano incontri con i cittadini per avvicinare e ascoltare le esigenze dei pazienti in un momento lontano dall’urgenza sanitaria.

“È di fondamentale importanza– dichiara Maria Pia Ruggieri, presidente nazionale SIMEU – che medici, infermieri e pazienti con i loro familiari si sentano dalla stessa parte nella tutela e nella promozione dei servizi del servizio sanitario nazionale a partire proprio dall’emergenza, per il rafforzamento di una responsabilità collettiva verso il bene pubblico e di un forte senso di cittadinanza comune: questo è il significato ultimo del monitoraggio e della Carta dei diritti che abbiamo condiviso con il Tdm.“

“Il PS rappresenta per i cittadini un punto di riferimento irrinunciabile e nel quale nutrono fiducia. E’ necessario però investirci e migliorarlo per renderlo più accessibile e umano”, ha dichiarato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva. “Si inizi adottando in tutte le strutture la Carta dei Diritti al Pronto Soccorso e rispettando le Leggi: va infatti garantita in tutti i PS l’attivazione di letti di Osservazione Breve Intensiva previsti dal Decreto 70 del 2015 sugli standard ospedalieri, ancora oggi non disponibili in tutti gli ospedali. C’è bisogno di una migliore e più trasparente gestione dei posti letto per evitare affollamenti, il sovraccarico del personale e garantire la dignità delle persone. E’ grave infatti che solo il 45% dei DEA I livello abbia conoscenza in tempo reale dei posti letto disponibili nei reparti di tutta la struttura. Chiediamo che la presenza del familiare sia un diritto e non un favore da chiedere di volta in volta. E infine si lavori ancora sui fondamentali che oggi scontati non sono: sapone, carta igienica, bagni separati e per le persone con disabilità, barriere sensoriali, informazione al paziente e ai suoi familiari, rispetto della riservatezza e della privacy, attenzione al dolore e alla sofferenza”

Altri elementi rilevanti emersi dal monitoraggio
È stato preso in considerazione il percorso dal territorio all’ospedale e nuovamente al territorio, con l’obiettivo di valutare la capacità del SSN di garantire una completa, reale e concreta presa in carico della “salute” del cittadino paziente. In Italia il funzionamento della rete tra emergenza urgenza e territorio è da considerarsi prevalentemente “insufficiente” (39%). Solo il 35% dei Responsabili intervistati la reputa “sufficiente” ed il 4% in “ottimo” stato.
Nella frammentazione dell’organizzazione dei servizi di emergenza, la maggiore complessità della struttura (dal Pronto soccorso al Dea di II livello) è spesso garanzia della presenza di spazi dedicati a situazioni particolarmente delicate come il fine vita, e a percorsi specifici (come il percorso rosa per le vittime di violenza) e il fast track per i casi più lievi.
Una persona su 4 quattro si è recata al pronto soccorso perché reputa che il caso sia grave (34% PS, 27% DEA I Liv, 21% DEA II Liv); leggermente più bassa la percentuale delle persone che si fidano solo dell’Ospedale (23% PS, 24% DEA I, 25% DEA II). Circa una persona su tre è stata indirizzata al Pronto soccorso dal proprio medico di famiglia o guardia medica.
Altri indicatori usati per il questionario sono stati: le caratteristiche strutturali esterne dei pronto soccorso e la loro accessibilità, l’organizzazione del triage, le dotazioni strumentali, le caratteristiche dell’Osservazione Breve Intensiva, la dotazione di ambulanze, modalità e tempi di ricovero, dimissione e continuità delle cure.

La carta dei diritti al pronto soccorso
Otto punti su cui è necessario intervenire con urgenza: diritto alla presa in carico; diritto alla dignità personale; diritto alla continuità dei percorsi di cura; diritto alla prevenzione delle emergenze evitabili; diritto all'informazione; diritto alla competenza; diritto alle sei ore, diritto all’attuazione della Carta dei diritti al Pronto soccorso.
Lanciata come progetto pilota in Piemonte nel 2015, la Carta viene estesa ora a tutto il territorio nazionale, precisando i principi della Carta europea dei diritti del malato in una forma capace di

incidere sull’azione del governo nazionale, regionale e delle direzioni aziendali e anche sui comportamenti dei cittadini e degli operatori sanitari. La tutela della salute in condizioni di emergenza e urgenza è un bene comune irrinunciabile in un paese civile. È dovere di tutti coloro che hanno responsabilità e degli stessi cittadini di promuovere, in ogni territorio, la qualità e la sicurezza delle cure e rimuovere le carenze di struttura, di organizzazione, di cultura, di informazione e i comportamenti che si oppongono, di fatto, a questo principio. Ed è diritto di tutti i cittadini, siano essi malati o operatori sanitari, di disporre di un Servizio Sanitario Nazionale funzionante al meglio.

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