Economia

Il progetto MyRA di Obama

di Marcello Esposito

La Presidenza Obama è stata spesso accusata di scarsa incisività. Le promesse di un cambiamento radicale nella società americana che avevano accompagnato l’elezione del primo Presidente di colore non si sono materializzate e, al contrario, l’onda lunga delle liberalizzazioni selvagge dei 30 anni precedenti, accoppiata alla peggiore crisi economica dal secondo dopoguerra, ha aggravato le diseguaglianze nella distribuzione del reddito ereditate dall’amministrazione Bush.

Bisogna dire che Obama non è stato fortunato. La crisi ha focalizzato l’attenzione delle autorità sulle varie urgenze che hanno in questi anni rischiato di abbattere il sistema economico per come lo conosciamo. Inoltre, la radicalizzazione della destra americana ha impedito una normale dialettica nel Congresso, trasformando qualunque iniziativa in ambito pubblico in una guerra di posizione, con effetti devastanti per il funzionamento della macchina statale.

Tuttavia, Obama ha ottenuto risultati importanti. In ambito finanziario, la crisi sembra essere stata sconfitta. Quest’anno Bernanke lascerà alla Yellen il posto di Governatore e potrà a buon diritto assurgere nell’olimpo dei migliori banchieri centrali di tutti i tempi. Forse, il migliore in assoluto. Merito di Obama averlo lasciato lavorare. Anche per quel che riguarda quello che sta più a cuore all’elettorato democratico, Obama è riuscito a portare a termine la riforma del sistema sanitario, garantendo a tutti la possibilità di copertura sanitaria. Era dai tempi di Lyndon Johnson che non si aveva un intervento così profondo (ed espansivo) sul welfare state.

Adesso che Obama imbocca la parte finale del suo secondo mandato con una condizione economica generale in miglioramento, si schiudono nuove possibilità, di cui il Presidente ha parlato nel tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione lo scorso 28 gennaio. Il primo e più eclatante tra gli interventi annunciati è l’innalzamento del salario minimo a 10,1 dollari l’ora. E’ un atto di giustizia nei confronti della popolazione americana ed è un primo passo per frenare l’ampliamento della forbice tra ricchi e poveri che ha raggiunto nel mondo occidentale livelli visti solo in epoca vittoriana o pre-industriale.

Un altro intervento di lungo respiro è quello centrato sul progetto “MyRA”. Negli USA come in Italia c’è il problema di una fetta molto ampia di lavoratori che, a causa anche di salari troppo bassi, non risparmia a sufficienza per la pensione. Questo pone tra l’altro un problema serio al sistema pensionistico pubblico. Salari più alti vogliono dire contributi pensionistici maggiori e quindi una maggiore sostenibilità del sistema. Obama su questo punto ha sempre battuto ed è una delle argomentazioni addotte in passato per l’innalzamento del salario minimo.

Ma il sistema pubblico, negli USA come in Italia, non è più sufficiente. E’ necessario sviluppare il sistema integrativo privato. Adesso solo una minoranza dei lavoratori USA ha un piano di risparmio previdenziale integrativo (che è volontario). Sono quelli più ricchi e che lavorano per le aziende di maggiori dimensioni. La maggioranza dei lavoratori delle piccole e piccolissime aziende è scoperto. Il problema è quindi quello di trovare uno schema che consenta a sempre più lavoratori di farsi una pensione integrativa ed invogli i loro datori di lavoro a contribuire.

A tale scopo, il Presidente ha parlato del progetto MyRA. Si tratta di una forma semplificata di investimento in titoli di Stato che, a fronte del vincolo di destinazione previdenziale prevede le tipiche agevolazioni fiscali. La semplicità della forma e dell’oggetto dell’investimento dovrebbe consentire di ridurre a zero o quasi i costi amministrativi e di gestione. Con i vantaggi fiscali del risparmio previdenziale, questa soluzione semplice e unica per tutti i lavoratori che decidessero di aderire dovrebbe consentire di ampliare notevolmente la platea di americani coperti da una pensione integrativa. Questa soluzione consentirebbe anche di semplificare gli adempimenti burocratici per i piccoli datori di lavoro che volessero contribuire alla costruzione della pensione per i propri dipendenti.

Non sarebbe una cattiva idea studiare approfonditamente il progetto MyRA anche per l’Italia. Un deposito di risparmio che investe esclusivamente in titoli di Stato potrebbe rappresentare quella che in letteratura avevamo chiamato la “default solution” e diventare la chiave di volta per far decollare anche in Italia la previdenza integrativa.

 

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