Svantaggio scolastico
Il progetto di vita passa per una scuola più inclusiva
Un tema molto delicato che non riguarda soltanto gli alunni con disabilità ma anche gli allievi con altri bisogni educativi speciali. Coinvolge 300mila bambini e ragazzi (il 4% degli iscritti) ed è in costante crescita
di Marco Olivieri (Agci Imprese Sociali Lazio), Luciano Pantarotto (Confcooperative Federsolidarietà Lazio) e Anna Vettigli (Legacoopsociali Lazio)
Lo scorso 13 luglio si è tenuto a Roma il seminario “La scuola inclusiva – La centralità del progetto di vita”, organizzato dalle tre principali Associazioni di categoria delle cooperative sociali laziali (Legacoopsociali Lazio, Confcooperative Federsolidarietà Lazio e Agci Imprese sociali Lazio). L’evento è stato ospitato dalla Città Metropolitana di Roma Capitale presso Palazzo Valentini, grazie al supporto di Tiziana Biolghini, consigliera delegata alle Politiche sociali, e ha visto il susseguirsi di momenti di confronto sulle buone prassi a livello locale e nazionale.
Per assicurare il diritto allo studio agli alunni in difficoltà sono previste varie misure di sostegno, alle quali concorrono sia la scuola che gli enti locali. L’area dello svantaggio scolastico è molto ampia e non riguarda solo gli alunni con disabilità, ma anche gli alunni con “altri bisogni educativi speciali”. Coinvolge un numero di allievi numerosi (più di 300mila, pari a circa il 4% degli iscritti) e in costante crescita (solo a Roma nell’anno scolastico 2022/2023 si è registrato un aumento di circa il 20%).
Ciò premesso, il primo aspetto importante da evidenziare è che l’Operatore educativo per l’autonomia e la comunicazione può svolgere la sua funzione solo se concepito come parte integrante della “comunità educativa”, che valorizza il suo ruolo di facilitatore dei processi di inclusione. Le linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, del 2009, hanno individuato nel progetto di vita il senso centrale del concetto di inclusione, che comporta l’impegno dell’istituzione scolastica a relazionarsi con l’esterno per rispondere ai bisogni educativi e formativi dei giovani cittadini.
A gestire e coordinare il servizio di inclusione scolastica nelle scuole sono prevalentemente le cooperative sociali che nel corso degli anni hanno fatto propria questa impostazione, costruendo un patrimonio di “saperi”, di strategie operative e consapevolezza diffusa tra tutti gli operatori. La ministra per le Disabilità, Alessandra Locatelli, durante il seminario ha affermato che «la cooperazione è uno dei pilastri di questo Paese. La qualità della vita di tutti dipende dal grado di raccordo che istituzioni, Terzo settore e mondo privato riescono ad avere. Dobbiamo immaginare insieme il progetto di vita come una presa in carico della persona: bisogna superare la logica delle prestazioni per rispondere ai bisogni del singolo bambino. Riusciremo ad offrire un accompagnamento efficace e a fare un salto di qualità solo se sapremo tenere insieme gli aspetti sanitari con quelli sociali. A differenza di altri Paesi, abbiamo superato il tema delle classi speciali. Abbiamo conquistato l’inclusione: ora dobbiamo saper valorizzare i talenti. Questo è il tempo del cambiamento: si può fare di più, anche guardando a quanto hanno fatto fino ad ora le cooperative che hanno creato posti di lavoro a tempo indeterminato per le persone con disabilità».
Le cooperative sono impegnate in un complesso lavoro organizzativo per garantire qualità e continuità della relazione educativa: le inevitabili sostituzioni degli operatori sono fatte sempre tenendo conto delle caratteristiche dell’alunno. Spesso accade che gli Operatori educativi per l’autonomia e la comunicazione siano i primi a prendere in carico l’alunno, in quanto le nomine dei sostegni arrivano spesso in ritardo. Secondo i dati Istat, nell’anno scolastico 2021-2022 il 14% dei docenti per il sostegno è stato assegnato in ritardo e spesso si tratta di una figura che non garantisce continuità di presenza nel corso dell’anno scolastico. In relazione a questo contesto difficile, in molti casi nelle scuole l’Operatore educativo per l’autonomia e la comunicazione diventa il punto di riferimento più stabile per l’alunno.
L’attività di tale operatore non si esaurisce con la copertura dell’orario scolastico ma è una continua ricerca di strategie programmate, di uno sguardo d’insieme al mondo dell’alunno, per favorirne l’inclusione attraverso esperienze progettate ad hoc. In un processo così complesso, è importante valorizzare il ruolo dell’ente gestore, che si assume la responsabilità del servizio mettendo a disposizione un sistema basato sull’attività di coordinamento, formazione, monitoraggio e supervisione. Il servizio di inclusione scolastica è ad alta intensità di manodopera e, pertanto, i corrispettivi riconosciuti dai committenti vengono utilizzati integralmente per il pagamento delle retribuzioni.
Il riferimento economico è il Contratto collettivo nazionale di lavoro – Ccnl delle cooperative sociali, sottoscritto dalle organizzazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale. Anche se il meccanismo di composizione del costo del lavoro è reso pubblico da specifiche tabelle ministeriali, spesso si fa una importante confusione sul tema, individuando nella composizione del costo del lavoro solo due livelli economici: il costo netto del lavoro, che entra in tasca al lavoratore, e il relativo costo lordo. Mentre l’ente gestore sostiene una serie di oneri previsti da tutti gli istituti contrattuali (ferie, malattie, permessi, tredicesima, Tfr), oltre ai costi generali e di gestione.
La soluzione proposta è individuata da alcuni nell’internalizzazione dei servizi che, in assenza di ulteriori riflessioni, appare riduttiva. Bisogna invece e innanzi tutto mettere a frutto l’esperienza di tutti, impegnando le tante risorse disponibili nel riprogettare i servizi per gli alunni con difficoltà, anche per il periodo di ferie estive, momento in cui i lavoratori trovano uno stop al loro reddito e gli alunni alla loro progettualità di vita. Tenere in equilibrio tutto questo e rispondere alle diverse istanze in gioco non è facile. Uno dei compiti più complessi e assorbenti per un ente gestore è quello di garantire un supporto al bambino il più possibile mirato, efficace e soddisfacente, accogliendo tutte le istanze provenienti dai vari soggetti in campo ed evitando però, allo stesso tempo, che ciò avvenga “sulla pelle” del lavoratore.
Le reali condizioni del lavoro, pertanto, sono legate proprio a questo continuo gioco di equilibrio. L’instabilità e l’inefficienza del sistema sono problematiche, reali e spesso denunciate dalle stesse centrali cooperative, che hanno a monte una causa molto chiara: il sistema degli affidamenti. Procedure che prevedono talvolta durate molto brevi, processi spesso rigidi e mal adattati al settore sociale, che comportano un dannoso e costante passaggio di consegne e un continuo “travaso di lavoratori” da un ente gestore all’altro. C’è però da dire che esistono diverse iniziative, messe in campo per superare le criticità individuate, come ad esempio il modello di accreditamento di Roma e della Regione Lombardia, che bisognerebbe estendere a tutto il territorio nazionale.
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