Welfare

Il progetto di vita a Cernusco passa per un’unica porta

Un innovativo servizio globale di presa in carico

di Francesco Dente

L’insegnante della scuola, il logopedista del centro di riabilitazione, l’assistente sociale del Comune, il neuropsichiatra della Asl, l’educatore dell’associazione di volontariato. Cinque professionisti e cinque progetti. Ma cinque progetti è “meglio che one”? No. Specie se l’insegnante non sa bene che cosa fa l’educatore e il neuropsichiatra non conosce a fondo il programma disegnato dall’assistente sociale municipale. Cernusco sul Naviglio, comune dell’hinterland milanese, prova a colmare la distanza che separa i diversi enti e agenzie sociali che si occupano dei minori con disabilità attraverso un innovativo progetto: il Puad – Punto unico di accesso per le persone disabili. L’ufficio, collocato presso i Servizi sociali municipali e operativo da metà giugno, più che una porta comune per le famiglie punta a dar vita a un tavolo allargato intorno al quale far sedere sia i genitori (o parenti) che gli attori sociali pubblici e privati del territorio.
La struttura, in particolare, offre due tipi di servizi: di orientamento, di supporto e di formazione e – ecco l’aspetto più innovativo – di presa in carico globale. Un gruppo di lavoro multidisciplinare avrà infatti il compito di valutare i bisogni, redigere il Progetto globale individualizzato e monitorare l’andamento. Non, dunque, un semplice sportello informativo. L’istituzione del Punto è stata preceduta da un’indagine sulle difficoltà vissute dalle famiglie di persone disabili da cui è emersa l’opportunità di superare l’organizzazione per comparti stagni. «I genitori, specie dopo la nascita di un figlio disabile, soffrono di carenza informativa e formativa sul sistema dei servizi sociosanitari e sulle normative. Spesso, infatti, nessuno risponde alle loro domande: che problema ha mio figlio? Che tipo di evoluzione può avere? Come mi posso rapportare con la sua patologia? Né tantomeno le famiglie riescono ad avere un ruolo di collegamento fra i diversi professionisti impegnati», osserva Giuliano Porcellini, ideatore dell’iniziativa, psicologo e docente a contratto di Analisi organizzativa allo Iulm di Milano. Una diagnosi integrata, e soprattutto precoce, può consentire invece di comprendere meglio la situazione e di predisporre una risposta rapida e in grado di venire incontro alle necessità sia dei genitori che del minore disabile.
Il percorso della presa in carico globale sarà attivato solo su richiesta delle famiglie. «È indispensabile la collaborazione della famiglia altrimenti non si va da nessuna parte», commenta Porcellini. Un dossier unico, inoltre, raccoglierà tutta la documentazione e costituirà la banca dati utile a fornire un approccio globale al percorso. Grazie a un formato elettronico accessibile tramite web dai referenti del progetto sarà favorito il dialogo tra i professionisti.
Centrale anche il ruolo del terzo settore. Il servizio, che vede la partecipazione anche della Fondazione Don Carlo Gnocchi, porta a compimento il progetto della presa in carico globale nato su sollecitazione dell’Anfass Martesana. «Il programma di vita non può essere il frutto solo di competenze di tipo specialistico ma richiede la collaborazione dell’intera comunità», aggiunge Porcellini.

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