Volontariato
Il profeta del lavoro autonomo
Il Nobel a Yunus/ Il più grande amico italiano del fondatore della Grameen Bank lo racconta
Ho incontrato Yunus più volte, a Roma, a Napoli e a Milano. Sempre sorprendente nella sua lucida semplicità, sempre attento a difendere la vera natura della sua banca, tutta privata e caratterizzata da contenuti tecnici rigorosi e professionali, quasi temendo che la sua storia, il suo lavoro fossero inquadrati tra le iniziative ?filantropiche? e, soprattutto, rivendicando il ruolo di Grameen come di una vera e propria banca.
La grande gioia che ho provato alla notizia del Nobel è stata accompagnata da tre sensazioni molto nette. Il ricordo del giorno in cui ho scoperto Yunus: una lettura entusiasta del Banchiere dei poveri. Il bisogno di diffonderlo: l?accordo con Feltrinelli per due ristampe del volume con il logo della Società per l?imprenditorialità giovanile e con una presentazione ad hoc dello stesso Yunus; una diffusione militante delle sue idee. E poi il richiamo continuo al suo messaggio e alla sua esperienza racchiusi in alcuni slogan di grande efficacia: «I poveri restituiscono i prestiti, i ricchi no»; «Non avevamo esperienze, ma per far partire la nostra banca abbiamo visto come lavoravano le banche tradizionali ed abbiamo fatto esattamente il contrario»; «Il mondo sarà più ricco quando si darà credito ai poveri».
La seconda reazione è stata quella di chiedermi se tutti quelli che oggi festeggiano questo Nobel hanno colto il valore dirompente e ?scandaloso? della sua esperienza.
La Grameen Bank, nelle sue numerose articolazioni planetarie, non è una originale, interessante e ben funzionante modalità di aiuto ai poveri: è la messa in crisi, convincente, di tante certezze, di tanti sacri principi che guidano la gestione del credito. Quando a Yunus il Wall Street Journal rivolse alcune pesanti critiche mettendo in forse la validità e la sostenibilità del meccanismo, la risposta fu netta, rigorosa, inappellabile.
Yunus e la Grameen Bank hanno portato lo scompiglio nel mondo delle banche, delle politiche di sviluppo, nelle logiche della cooperazione per i Paesi in via di sviluppo.
Ce n?è per tutti: per i superburocrati delle grandi organizzazioni internazionali e delle grandi banche che forse dovrebbero imparare qualcosa studiandosi i tassi di morosità e i costi di gestione della Grameen Bank, abbandonando vecchie certezze e chiedendosi a che e a chi serve continuare a pensare il credito come questione che riguarda solo chi può prestare garanzie; per i grandi esperti di sviluppo che ancora ritengono inutile «disperdere gli interventi in mille rivoli» per puntare a grandi, decisivi interventi infrastrutturali o a grandi fabbriche che il più delle volte, senza gestione e manutenzione, restano a perenne testimonianza di politiche sbagliate e di corruzione dei governi locali; per quanti, anche nel nostro Paese, pensano che sia bene dare dei sussidi ai poveri, alimentando la cultura della dipendenza e della deresponsabilizzazione; per quegli amici, di sinistra, che in un convegno sulle politiche di sviluppo mi dettero del demagogo quando sostenni che nella nuova fase dello sviluppo, nella crisi del lavoro fordista e del welfare tradizionale, era questione decisiva convincersi che il credito è un diritto e occuparsi di come declinarne l?attuazione.
E la lezione di Yunus vale anche per quanti continuano pervicacemente a ritenere – comportandosi di conseguenza – che il lavoro autonomo, il mettersi in proprio è un ripiego, rispetto ad una gerarchia di valori che vede il lavoro dipendente, stabile e sicuro, al primo posto: si leggano le straordinarie pagine sul valore del lavoro autonomo, del non stare sotto padrone. Questo è Yunus. Non sono solo gli episodi, certamente straordinari, di donne strappate alla povertà e alla dipendenza, in una parola affrancate. È anche un pensiero forte, una proposta rivoluzionaria, fortemente innovativa rispetto ai nostri schemi, che sempre più a fatica tentano di leggere la realtà.
Sentite come spiazza tutti con queste parole: «Grameen auspica un minore intervento da parte dello Stato, anzi auspica che lo Stato riduca al minimo la sua presenza; sostiene l?economia di mercato e promuove istituzioni che favoriscano la creazione di imprese. Quindi deve essere di destra. Grameen si batte per la conquista di obiettivi sociali: eliminare la povertà, fornire istruzione, assistenza sanitaria, opportunità di lavoro a tutti; pervenire alla parità dei sessi. Queste caratteristiche tenderebbero a qualificare Grameen come una organizzazione di sinistra? La verità è che le posizioni di Grameen sono difficilmente classificabili con le tradizionali etichette politiche».
Questo è Yunus, questa è la sua sfida. Presentando l?edizione del suo libro sponsorizzata dalla Società per l?imprenditorialità giovanile, Yunus aveva scritto: «Ho riconosciuto nel lavoro della Società per l?imprenditorialità giovanile la stessa missione e i medesimi principi ispiratori che muovono la attività condotta dalla banca Grameen. C?è unico principio ispiratore: dare credito a chi vive in un contesto di emarginazione e non ha nulla da offrire in garanzia». Si riferiva al nostro prestito d?onore.
Situazioni diverse, ma obiettivo unico: affermare che il credito, come la casa, l?istruzione, la salute, è un diritto.
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