Ieri i dati dello SVIMEZ hanno certificato come nel 2014 al Sud si siano registrate solo 174 mila nascite (minimo storico da oltre 150 anni) e il numero degli occupati nel Mezzogiorno (5,8 milioni) sia il livello più basso almeno dal 1977, anno di inizio delle serie storiche Istat.
Oggi i dati sull’occupazione di giugno hanno registrato 22.000 occupati in meno rispetto a maggio e sullo sfondo rimanngono i dati dell’Istat che ci raccontano dei 4 milioni e 102 mila persone in condizione di povertà assoluta, dei 7,8 milioni di persone in condizione di povertà relativa e dei 2 milioni e mezzo di giovani che non sono né occupati né in formazione (i cosiddetti Neet).
Insomma, sembra che l’economia e la società possano fare a meno del Capitale Umano, ma sappiamo bene che non è così e forse è utile ricordarlo.
Marshall nel 1889 scrisse “Nella storia del mondo vi è un prodotto sciupato, tanto più importante di tutti gli altri, che ha il diritto di essere chiamato “il prodotto sprecato”: le migliori capacità lavorative […]“. Il termine “lavoro sprecato” verrà poi ripreso alcuni decenni dopo da Hannah Arendt nel suo “Le origini del Totalitarismo” dove scriveva “il male radicale risiede nella volontà perversa di rendere gli uomini superflui“.
Gli anni in cui Marshall scriveva ciò, erano gli anni e i tempi della Rivoluzione Industriale, anni di profonde e strutturali trasformazioni sociali dove il capitale umano rischiava di diventare mezzo e non fine dello sviluppo. Non a caso la cooperazione conosce in quegli anni la sua alba non solo come superamento dei limiti del capitalismo ma come strumento per civilizzare il mercato: “La caratteristica dell’essere umano civilizzato”, scrive J.S. Mill nel 1848, “è la capacità di cooperazione; e questa, come tutte le altre facoltà umane, tende ad aumentare con l’uso e diventa capace di estendersi ad una sempre ampia gamma di azioni“. Credo che Mill avesse ragione e son convinto che per leggere la modernità quel messaggio sia quantomai essenziale.
Siamo arrivati ad un punto della storia dove occorre ripartire dal Cooperare (dai suoi principi fondativi e dalle sue nuove declinazioni) per promuovere la sola innovazione capace di rimettere in moto uno sviluppo che non sprechi il prodotto più prezioso ossia il capitale umano anzi… il “carattere dell’uomo”. Così, infatti, diceva Marshall: “La finalità ultima della cooperazione è dunque quella di civilizzare il mercato attraverso il cambiamento del carattere dell’uomo.”
#buonevancanze
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