Il primo Natale a casa dopo due anni. Gli ultimi li ho trascorsi in ospedale con “fiumi di cortisone”, al posto dello spumante e divieto tassativo di dolciumi e panettoni (il nostro amato steroide non si accontenta di farti gonfiare come un pallone, ma ti alza la glicemia come se ti cibassi solo di caramelle, pur restando tristemente a stecchetto). Ora sono a casa, ma l’effetto straniante dei ricoveri ha una durata lunga e riaffiora all’improvviso, in occasione di ricorrenze importanti. E il Natale è LA RICORRENZA. Me ne sono accorta il 22. Fino al giorno prima mi sembrava che tutto filasse liscio, ma oggi mi sento come se avessi appena scoperto la malattia. Anzi mi sembra di aver scoperto adesso l’esistenza del Natale, un po’ come il protagonista di Nightmare before Christmas. Vorrei fare la superiore, la fustigatrice del consumismo, ma in qualche modo, vedere persone affannate con sacchetti e ricevere saluti con iperbolci auguri di felicità e perfettissima serenità, mi disturba. E’ Natale e io non sono più la stessa, le mie gambe sono rigide ed ho un’andatura innaturale. E’ Natale, e non so più cosa significhi. Capisco che, come Sclerotica, sono di nuovo in prima linea, un nuovo passo verso il rientro nella vita sociale. Fino ad ora avevo fatto solo delle prove, devo impegnarmi, reagire “organizzarmi”, per non farmi cogliere ancora alla sprovvista. Questo è il Primo Natale della nuova “me stessa”.
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