Volontariato

Il primo cittadino? Speriamo sia nero

Dove gli extracomunitari sono protagonisti delle istituzioni locali

di Paolo Giovannelli

Immigrati alle urne? Fra poco. Intanto i rappresentanti delle comunità presenti in Italia alzano la voce: il voto per loro è solo un ?dare a Cesare quel che è di Cesare?, dicono. Lineari le motivazioni addotte: gli immigrati fanno i lavori più duri che gli italiani non vogliono più fare e pagano le loro pensioni. Altrimenti detto: pago le tasse, dunque voto. Il governo ancora indugia, ma il 63% degli italiani sembrerebbe già favorevole al voto amministrativo degli stranieri. Anche perché, all?orizzonte, si profila un altro problema, costituito dai figli degli immigrati nati in Italia. Giovani cresciuti nelle scuole italiane, impregnati di cultura italiana e con scarsissimi contatti con le terre d?origine. Se a diciotto anni non potranno votare come i loro coetanei italiani, cosa diranno? Ma se gli immigrati dovessero votare oggi, chi sarebbero i loro candidati? Ecco un identikit dei più noti: si tratta di persone alle quali tutti i partiti politici italiani già fanno la corte, passate attraverso il mondo delle associazioni degli immigrati in Italia, alcune delle quali già inserite nelle istituzioni italiane. Una è Leonor De La Oz, architetto dominicana. Vive a Senigallia ed è consigliera aggiunta alla Provincia di Ancona. Insieme a un cittadino nigeriano, è stata la prima consigliera provinciale straniera a essere eletta in Italia. «È da un anno», dice, «che faccio parte del Consiglio provinciale di Ancona. Nell?assemblea non ho diritto al voto, ma esprimo il mio parere su tante questioni: la strada da ripristinare, la scuola, la discarica. Non parlo solamente quando in ballo c?è un problema degli immigrati e questo è già molto importante per favorire la nostra integrazione in Italia». Thiam Badara è del Senegal. È presidente del Consiglio degli stranieri del Comune di Padova. Da dieci anni vive nella città veneta dove, negli ultimi due anni, il numero degli immigrati è passato da 4200 a 6200 persone. Badara opera all?interno del Consiglio delle comunità straniere, un organismo formato da 25 associazioni di immigrati. «Il Comune di Padova», spiega Badara, «aveva già creato la Consulta per l?immigrazione alla quale, ogni tanto, gli amministratori chiedevano pareri». Tutto però rimaneva a livello del ?va-bene-vi-abbiamo-ascoltato?, ma i risultati concreti, ossia vantaggi tangibili per gli immigrati sul fronte dell?istruzione, dell?alloggio e del lavoro non c?erano. Ora, con il Consiglio delle comunità straniere va decisamente meglio». David Yepmo Tchieudjouo, ingegnere camerunese vive ad Ancona, ha 33 anni, è sicuro che con il governo D?Alema gli immigrati otterranno il diritto di voto amministrativo e rappresenta la Federazione regionale delle associazioni e comunità degli immigrati della Marche. Quindici associazioni federate insieme per la tutela dei diritti degli immigrati attente però anche ai doveri dell?integrazione sociale. «Il caso marchigiano», esordisce, «è particolarmente interessante. Noi immigrati, prima di accostarci alle istituzioni italiane, elaboriamo nostre posizioni unitarie. Non è semplice ma, oggi, i pareri della Consulta regionale per l?immigrazione delle Marche hanno praticamente assunto un ruolo vincolante per la giunta stessa. Abbiamo, in una parola, il nostro peso sulle decisioni a livello locale e sono i marchigiani i primi a essere contenti di questa nostra presenza nell?amministrazione pubblica ». Camis Dagui, quarantenne, ciadiano, è vicepresidente della Consulta regionale del Veneto. Contrario al ?partito degli immigrati?, predica l?ingresso degli immigrati nei partiti italiani. Abita a Mestre e si dice vicino all?Arci e ai sindacati. Dagui si sofferma proprio sulle esperienze delle Consulte per l?immigrazione: «L?associazionismo degli immigrati», afferma, «ha preparato il terreno ai primi spazi finalmente pubblici a disposizione degli immigrati come le Consulte che sono fondamentali per comprendere il progressivo inserimento degli immigrati nella società italiana». Sì al diritto di voto, no al partito etnico «La rappresentanza politica degli immigrati non deve essere basata sull?etnìa». Livia Turco dice no al ?partito degli immigrati?. Per lei è il singolo cittadino a dovere essere rappresentato e non in quanto parte di una comunità etnica. I tempi per l?approvazione del voto amministrativo agli immigrati sono maturi, ha sostenuto la ministra in un recentissimo convegno su partecipazione e rappresentanza politica degli immigrati organizzato all?auditorium Iri dalla Commissione per l?integrazione. «Ma non è sufficiente», ha avvertito la ministra, «garantire ai nuovi cittadini una partecipazione politica alla vita del Paese. Per raggiungere questo obiettivo, occorre sviluppare gli strumenti previsti dalla legge 40 per favorire la partecipazione locale in ogni momento ed organismo dove si svolge la vita democratica di una comunità». Livia Turco ha le idee chiare in proposito e la sua ricetta e prevede una più incisiva politica per l?integrazione attraverso l?attivazione rapida, da parte del ministero dell?Interno, di concerto con quello degli Affari sociali, dei Consigli degli immigrati a livello provinciale e di area metropolitana: gli immigrati potranno così sedere accanto ad amministratori locali, sindacati e imprenditori per la programmazione e insieme a mirate politiche di integrazione. Del resto, favorevoli al voto amministrativo agli ammigrati, sono più di 60 italiani su cento. Provenienza cittadinanze % Europa 3.954 42,9 America 2.214 24,0 Africa 1.714 18,6 Asia 1.314 14,3 Oceania 8 0,1 Apolidi 17 0,1 Totale 9.221 [Elaborazione Eurispes su dati Caritas Roma 1998]


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