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Il Premio Pieve compie 35 anni

8 testimonianze di “persone comuni” nella finale della manifestazione dedicata ai racconti autobiografici inediti. Domenica 15 settembre alle 16.30 l’appuntamento conclusivo, con la narrazione in pubblico delle storie e l’annuncio del vincitore, al termine di una quattro giorni di appuntamenti dedicati alla memoria, all’attualità, alla letteratura

di Redazione

Dal 12 al 15 settembre si terrà l’edizione 2019 del Premio Pieve con il titolo Trentacinque di noi. “Trentacinque” come le edizioni del Premio Pieve vissute finora, trentacinque come gli anni dell’Archivio dei diari, tempo in cui ha raccolto centinaia di testimonianze autobiografiche, trentacinque sessioni annuali svolte dalla commissione di lettura del Premio per scegliere i finalisti, trentacinque sedute della giuria nazionale per proclamare il vincitore, trentacinque feste organizzate dagli archivisti e dai collaboratori, dai volontari, dalla cittadinanza di Pieve Santo Stefano. “Noi” perché l’Archivio non è semplicemente le sue mura, l’Archivio è tutte le persone che lo animano. La comunità della ‘gente comune’ riunita attorno alla “Città del diario”, roccaforte della memoria collettiva, ritratto della Nazione al di fuori dei libri di Storia, santuario della scrittura dell’io. Tutti coloro che custodiscono e raccontano le oltre 8.500 storie di vita di “gente comune” collocate negli scaffali della Fondazione a partire dal 1984. “Noi” sono quegli italiani qualunque che hanno affidato le loro vite all’Archivio, luogo dell’ascolto per chi non ha voce, della parola data agli ultimi, dove nessuno viene lasciato indietro. E che trasforma un’edizione celebrativa del suo festival nell’occasione per riscoprire insieme trentacinque diari, memorie ed epistolari raccontati poco, o meno, di altri divenuti persino celebri con il passare degli anni: le Clelia, i Vincenzo, gli Orlando… A raccontare le vite degli Ettore, dei Giuseppe o dei Tommasino saremo “noi”, cioè i molti che per lavoro, per passione o per caso si sono imbattuti in quelle storie scritte e ne sono rimasti colpiti: studiosi di antropologia e storia contemporanea, scrittori come Paolo Cognetti, Melania G. Mazzucco, Vanessa Roghi, Evelina Santangelo, Cristina Ubah Ali Farah, critici come Guido Barbieri e Gianfranco Capitta, artisti come Matteo Caccia, Mario Perrotta e Paola Roscioli, solo per citarne alcuni. Nelle mostre, nelle presentazioni, negli incontri, negli spettacoli teatrali, ovunque il programma del Premio è disseminato di persone che raccontano le vite, di carta, di altre persone. Insomma, di noi.

Gli 8 finalisti e i Premi speciali
Cuore del festival le 8 storie finaliste tra le quali sarà votato il vincitore del Premio Pieve – in concorso Adler Ascari e M. (1917-1998), Italo Cipolat (1917-2009), Eugenia Dal Bò (1867-1943), Antonio Di Rosa (1911), Teresa Pacetti (1931), Cesare Pitoni (1892-1965), Camilla Restellini (1910-1993), Orlando Salimbeni (1909-2008) – domenica 15 settembre, giornata conclusiva della manifestazione in cui sarà inoltre consegnato il Premio Città del diario, che quest’anno va al regista Pupi Avati. Altro riconoscimento in programma è il Premio Tutino Giornalista istituito dall’Archivio dei diari per ricordare la figura del suo fondatore. Lo ritirerà quest’anno Paolo Borrometi, attualmente presidente dell’Associazione Articolo 21, venerdì 13 settembre. Vittima di minacce di mafia, dal 2014 Borrometi vive sotto scorta.


Gli 8 finalisti.
Adler Ascari e M.
si conoscono giovanissimi e si amano per quasi cinquant’anni. Adler si sposerà con un’altra donna e avrà altre relazioni, M. continuerà a vivere con il fratello. Eppure rimarranno uniti da un amore che nonostante gli anni trascorsi lascerà intatte le passioni fisiche e verbali. Adler e M. hanno lasciato un epistolario appassionato che rimarrà custodito in Archivio come un Amore diverso.

L’Africa con la sua natura selvaggia e violenta è al centro del racconto Hadisi di Italo Cipolat. Nato da una famiglia di emigrati italiani nel 1917 nel Congo Belga, dopo un soggiorno di studio in Europa fa ritorno nel paese alla vigilia della Seconda guerra mondiale, perché è l’Africa che sente come la sua casa. Nelle oltre 500 pagine del suo diario scorrono i ricordi del suo internamento in un campo, l’ammutinamento della Force publique e la conseguente repressione, le rivolte per l’indipendenza del Congo. Italo è costretto a fuggire in Rhodesia dove vive lo scoppio della guerra civile. Ritornerà in Italia solo nel 1974 per problemi di salute.

Eugenia Dal Bò è una Figlia del Risorgimento. Nasce all’indomani dell’Unità d’Italia e muore alla vigilia della proclamazione della Repubblica. Il padre patriota le infonde ideali mazziniani e la incoraggia a proseguire gli studi fino alla laurea in Lettere, unica donna del suo corso. Insegnante, studiosa di Dante e conferenziera, vive in una Italia unitaria ma non ancora unificata nella cultura e nei costumi. Sposa un ufficiale dei bersaglieri, Gherardo Pantano, destinato a diventare generale. Eugenia e Gherardo vivono insieme la Prima guerra mondiale, la Disfatta di Caporetto, incrociano D’Annunzio, Badoglio, Mussolini. Eugenia muore nel 1943, due settimane prima della caduta del Duce.

Quella di Antonio Di Rosa, El Pibe, è la storia di chi ce l’ha fatta. A 15 anni Antonio parte dall’Argentina, terra di emigrazione dei suoi genitori, con 8 dollari in tasca. Determinato a realizzare i suoi sogni, svolge mille lavori, attraversa la Grande depressione e quindi il New Deal, fino ad aprire una bottega da carbonaio e a rifornire la casa del Presidente Roosevelt. È il sogno americano realizzato.

Teresa Pacetti nasce nel 1931 in piena epoca fascista. Esaltata dall’entrata in guerra dell’Italia, di giorno in giorno assiste impotente allo sgretolarsi di tutte le sue certezze, a La caduta degli idoli. Dal balcone di casa Teresa scorge lo sbarco della flotta angloamericana sulle spiagge di Anzio. La sua famiglia sfolla in Toscana e arriva in provincia di Massa dove nel giugno del 1944 si consuma l’eccidio nazifascista che costa la vita a 60 persone. Dopo la guerra Teresa scopre l’amore e conosce Primo, il futuro marito.

Cesare Pitoni è un soldato della Grande Guerra. Le ore trascorse in trincea sono spaventose e interminabili. Il sergente Pitoni non può confessarlo nemmeno al suo diario e decide di usare la crittografia per scrivere le parti più intime e compromettenti, uno stratagemma per sfogarsi e denunciare imboscamenti e autolesionismi, finte malattie, fughe, racconti di morte e disperazione. Cesare esce vivo dalle trincee del Carso ed emigra in Argentina con i suoi diari che miracolosamente ci tornano indietro dopo un secolo. Il messaggio, criptato nella forma, è ancora nitido nei contenuti: l’orrore della guerra e la sua inutilità.

Camilla Restellini è socialista e pacifista, moglie di Giovanni Bassanesi, a sua volta socialista e pacifista, fotografo e intellettuale. Nella sua memoria Camilla denuncia l’ultimo dei tanti arresti subiti dai due coniugi, ultima azione di persecuzioni politiche. Giovanni ha conosciuto le carceri di mezza Europa, il confino a Ventotene, il manicomio, dove morirà. Anche Camilla viene internata ma riesce a uscire grazie all’intervento di Marion Cave Rosselli nel 1949. La sua memoria è una denuncia dell’orrore dei manicomi criminali, ma, nonostante tutto, l’autrice riesce a iniziare una nuova vita.

Dai minuscoli borghi del Montefeltro Orlando Salimbeni vive direttamente e indirettamente gli avvenimenti più importanti del Novecento. La Grande guerra lo costringe a crescere in fretta e a sostituirsi al padre nei lavori agricoli. A trent’anni si diploma e ottiene a Casteldelci il posto di Segretario comunale grazie al quale scamperà alla campagna di Russia. Ma dal 1943 il suo territorio diventa campo di battaglia per fascisti e antifascisti. Il 7 aprile 1944 si consuma l’eccidio di Fragheto, e il 25 luglio 1944 quello di Gattara. Orlando contribuisce a stilare gli atti di morte delle vittime di quelle stragi, mentre Casteldelci viene liberata il 22 settembre 1944.


Il programma del Premio Pieve 2019
Prima della finale del concorso il Premio Pieve vivrà 18 appuntamenti, animati dalla presenza di decine di ospiti, suddivisi in quattro giorni, da giovedì 12 a domenica 15 settembre.

Giovedì 12 settembre giornata di apertura del Premio Pieve con l’inaugurazione di mostre e installazioni: “Il tesoro dell’Archivio”, l’esposizione dei manoscritti originali dell’Archivio a cura di Cristina Cangi; “disegnami” dove le storie di vita si intrecciano con l’arte grafica e il fumetto, un progetto a cura di Giovanni Cocco, Lorenzo Marcolin e Barnaba Salvador; “3 Women in a Triptych”, video installazione di Line Kuhl e Giulia Ottaviano a cura di dotdotdot.
La serata è tutta dedicata al progetto STORE THE FUTURE che si apre con l’incontro tra Gianfranco Capitta, Andrea Merendelli e Liù Bosisio e prosegue con lo spettacolo “Butterflies on Flowers” che nasce dall’incontro tra l’Archivio dei diari con Associação Arquivo dos Diários dal Portogallo, Associazione Teatro Stabile di Anghiari, Associazione Bandalena dalla Francia, Državni arhiv u Pazinu dalla Croazia e OpenCom issc per indagare il ’68 in Europa.

Venerdì 13 settembre una giornata dedicata a un tema della memoria e dell’attualità come l’emigrazione, con la presentazione dei finalisti del quarto concorso DIMMI, Diari Multimediali Migranti, l’anteprima del volume “Se il mare finisce” (Terre di mezzo, 2019) che racchiude le storie inedite raccolte grazie alla precedente edizione del concorso; il riconoscimento del Premio Tutino Giornalista 2019 a Paolo Borrometi giornalista siciliano che dal 2014 vive sotto scorta e coraggiosamente prosegue nel suo la voro di denuncia alla mafia. Nella serata spazio ai diari di donne dell’Archivio nello spettacolo teatrale “Something about you. Quel che rimane” di Francesca Garolla con Mauro Bernardi, Roberta Lanave e Matilde Vigna per la regia di Alba Maria Porto.

La giornata di sabato 14 settembre si apre con una preziosa appendice dedicata al tema dell’emigrazione, in questo caso otto-novecentesca, con la presentazione del progetto “Italiani all’estero. I diari raccontano” di Nicola Maranesi per l’Archivio diaristico nazionale in collaborazione con la Direzione Generale per gli Italiani all’Estero e le Politiche Migratorie del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in un incontro con Pier Vittorio Buffa, Nicola Maranesi, Luigi Vicinanza Luigi Maria Vignali, le letture di Donatella Allegro e Andrea Biagiotti. A seguire, gli incontri con Paolo Cognetti e Melania G. Mazzucco, e Pietro Clemente, Patrizia Gabrielli, Antonio Gibelli, Stefano Pivato, Vanessa Roghi, Evelina Santangelo, che si confronteranno sui temi dell’autobiografismo e su “35 di noi”. Nel pomeriggio l’anteprima editoriale del volume “L’inquieto navigare. Le avventure di un capitano di vascello dell’Ottocento” (Terre di mezzo, 2019) il diario di Luca Pellegrini vincitore del Premio Pieve 2019. A sera andrà in scena Mario Perrotta con lo spettacolo teatrale “In nome del padre”.

Domenica 15 settembre il tradizionale incontro della mattina tra diaristi e commissione di lettura dell’Archivio dei diari precederà l’appuntamento conclusivo con la presentazione delle 8 storie finaliste e la proclamazione del vincitore del concorso 2019. La manifestazione, condotta da Guido Barbieri, avrà inizio alle 16.30 e vedrà la presenza straordinaria del regista Pupi Avati, vincitore del “Premio Città del diario 2019”.

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