Cultura

Il popolo di Vasco Rossi mette alla berlina il povero Fenati

di Lorenzo Maria Alvaro

Io sto con Romano Fenati. Senza se e senza ma. Chi non ha fatto qualche cazzata a 22 anni? Di solito i migliori anche belle grosse. Come tirare il freno anteriore di un avversario durante una competizione motociclista a 200 chilometri orari.

Perché sia chiaro, quella di Fenati è evidentemente una cazzata enorme. Un gesto folle, scriteriato, inappellabile e inescusabile.



Ma ha anche in sé qualcosa di straordinario. Un gesto tecnico e estetico magistrale. Non tanto per la difficoltà. Ed è qualcosa di davvero complicato fare a quelle velocità, ci vuole maestria. Ma per un altro aspetto: è un coupe de theatre monumentale, qualcosa di simile alla testata di Zinedine Zidane o alla Mano de Dios di Diego Armando Maradona o al morso sferrato all’avversario, che a farlo sia Mike Tyson o Mario Suarez. Un gesto che, sotto alla evidente e inattaccabile colpa, nasconde più livelli e più letture.

Un ragazzo che fa una cosa simile, oltre ad essere matto, ha evidentemente un fuoco dentro, è nato per guidare una moto e per portare quella moto davanti all’avversario. Per farlo è pronto a qualsiasi cosa. Significa essere in trance agonistica ad un livello sconosciuto ai comuni mortali. Significa saper guidare una moto ad un livello sconosciuto agli altri. Non può essere casuale che fosse il pupillo di Valentino Rossi. Questo ragazzo deve avere qualcosa di speciale. E anche il fatto che dalla VR46 Academy sia stato mandato via perché non si voleva omologare agli altri piloti (andare a viverelì, allenarsi insieme a tutti al Ranch, seguire dieta e allenamenti dello staff comune) testimonia di questa grande personalità che non riesce proprio a scendere a patti con nulla e nessuno.

Se avessi un mio team motociclistico proporrei un contratto a Romano Fenati oggi stesso, alla faccia del Team Marinelli Snipers e della MV. E lo farei non solo perché in fondo non si è fatto male nessuno e sbagliare è ancora concesso anche negli anni di #metoo e delle campionesse di tennis che non accettano le sconfitte e le regole e urlano a sproposito di “sessismo”. Ma soprattutto perché è evidente che un pazzo come Romano Fenati, evidentemente abituato a istinti indomabili, sarebbe disposto a buttarsi nel fuoco per qualcuno che decida di tendergli una mano nel momento più buio. Aiutare Fenati oggi permetterebbe in un sol colpo di avere un pilota fenomenale, di mettere il primo mattoncino per addomesticarne la bestia che si porta dentro e avere così una vera chance di vincere l’anno prossimo un campionato del mondo.

Questo senza contare l’immensa pubblicità che un gesto del genere garantirebbe alla scuderia.

Pubblicità negativa direbbero in molti. Al di là del “purché se ne parli” di Oscar Wilde quelli che oggi sputano sentenze su Fenati sono gli stessi che hanno cantato e cantano ancora a squarciagola: «voglio una vita maleducata, di quelle vite fatte, fatte così. Voglio una vita che se ne frega. Che se ne frega di tutto, sì» del loro eroe Vasco. Più spericolato e che se ne frega di Fenati, nel mondo dei motori, non ricordo nessuno. O forse solo Jody Scheckter. Ma il punto è: oggi quel gesto è un peccato mortale. Ma se il buon Romano cominciasse a vincere questo gesto diventerebbe leggenda. La leggenda di un pilota più mostruoso e famelico delle moto che guida.

Il fatto è che io non possiedo un team motociclistico.

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