Economia

Il Pil, la zavorra dei popoli. L’idea dell’anno: cambiare gli indicatori

L’indicatore della ricchezza dei Paesi è ormai uno strumento ingiusto e inadeguato. È ora di pensare delle alternative. Che Per Martha Nussbaum già ci sono. Intervista

di Carlotta Jesi

Il Pil è maschio o femmina? Domanda strana. Ma inevitabile se incontri Martha Nussbaum. La filosofa americana che nel libro Giustizia sociale e dignità umana edito da il Mulino, prima stronca il Prodotto interno lordo come indicatore di benessere delle nazioni, e poi ammonisce: «Il pensiero economico dovrebbe essere femminista». Nel senso che deve guardare al problema dello sviluppo con gli occhi delle donne, spiega Nussbaum. Nel senso che solo con gli occhi dei deboli, delle donne ma anche dei disabili e degli anziani, si fa il test più severo agli indici di sviluppo. Tema su cui la Nussbaum ha lavorato con l?Onu collaborando ai suoi Rapporti sullo sviluppo.
Vita: Cominciamo dal Pil, perché non basta a misurare il benessere delle nazioni?
Martha Nussbaum: Il Prodotto interno lordo pro capite non dice nulla sulla salute, l?educazione e l?aspettativa di vita di un Paese. Tiene conto della sua ricchezza, e neanche di come viene distribuita. Col risultato che, per esempio, il Sudafrica è valutato tra i migliori Paesi in via di sviluppo.
Vita: Lo dice anche Amartya Sen, ideatore dell?Indice di sviluppo umano dell?Onu. Che voto dà al suo indicatore?
Nussbaum: Molto meglio del Pil, perché ha ribaltato la prospettiva in cui si misura lo sviluppo: la vera ricchezza di un Paese sono le persone, e come vivono. Se sono sane, ben nutrite, istruite.
Vita: Promosso, dunque?
Nussbaum: No, innanzitutto perché non parla delle libertà politiche. Esclude, volutamente, di dire se in un Paese c?è la libertà di stampa o di parola. Indicatori di cui non si può fare a meno volendo definire un minimo sociale essenziale di rispetto della vita. Inoltre, pur basandosi sull?approccio delle capacità umane che lega lo sviluppo a quello che le persone sono effettivamente in grado di fare e di essere in un Paese invece che a quanto producono e guadagnano, Sen non dice quali sono le capacità che bisogna garantire a tutti i cittadini, in ogni Paese.
Vita: E quali sono?
Nussbaum: Poter vivere una vita di normale durata, essere adeguatamente nutriti, usare i propri sensi per immaginare e pensare, amare, soffrire, vivere nella natura. Sono alcune delle capacità necessarie perché uno Stato possa dirsi giusto e una vita possa dirsi degna di essere vissuta. Le ho raccolte in un elenco sotto dieci categorie: vita, salute, integrità fisica, immaginazione e pensiero, sentimenti, ragion pratica, appartenenza, altre specie, controllo del proprio ambiente. Secondo me sono i principi fondamentali costituzionali che dovrebbero essere implementati da tutti i governi.
Vita: Sono anche gli indicatori di un nuovo indice di sviluppo?
Nussbaum: Perché no? Questa lista delle capacità definisce un ambito che permette un confronto tra i vari Paesi rivelatore delle reali condizioni di benessere della persona. Visto in questo modo, compete col Pil e altri parametri standardizzati. Ma la lista delle capacità può essere usata anche in altri modi. Per esempio nelle discussioni di politica internazionale, come valori universali su cui sono d?accordo anche Paesi e persone che la pensano in modo diverso in tutti gli altri campi.
Vita: Non bastava la Dichiarazione universale dei diritti umani, per questo?
Nussbaum: No. Intanto perché sulla stessa definizione di diritto c?è una grande confusione: i diritti sono di natura prepolitica o sono il prodotto di leggi? E quali sono i diritti umani a cui si ha diritto? Poi c?è il problema del rapporto fra diritti e doveri: se, per esempio, diciamo che le donne indiane hanno il diritto di essere nutrite, vuol dire che c?è qualcuno che ha il dovere di assicurare loro quel diritto. Ma come possiamo stabilire chi è questo qualcuno? I diritti, inoltre, sono un concetto generale. Garantito a persone astratte, mentre le capacità vanno garantite a ogni persona.
Vita: Comprese le donne e, in generale, i più deboli?
Nussbaum: Soprattutto loro. Il miglior modo di assicurare un diritto fondamentale, per me è pensarlo in termini di capacità. Una società giusta è quella che consente anche a una persona in sedia a rotelle di essere capace di andare a lavorare, di avere un?istruzione. L?approccio delle capacità considera gli esseri umani come esseri le cui vite sono contrassegnate da condizioni di bisogno non meno che di dignità. La società deve trovare i modi per fornire loro le cure che necessitano senza che queste persone vedano danneggiata la loro capacità di rispetto di sé e senza che chi presta queste cure sia sfruttato e discriminato perché esercita questo ruolo. Se consideriamo i nostri concittadini solo come parti di uno scambio reciprocamente vantaggioso, non saremo mai in grado di dare valore a chi ha handicap permanenti. Ai disabili e agli anziani. E, di conseguenza, non saremo capaci di riconoscere dignità al lavoro di chi li veste e li lava.
Vita: Lei collabora con l?Onu, ma il suo indice di sviluppo non la soddisfa…
Nussbaum: L?Onu non è l?ambiente migliore per una come me. Troppe risorse vengono sprecate. Perciò ho deciso di lavorare su questi temi dalla parte del non profit fondando il Centro di studio sul valore della società civile, operativo da pochi mesi.

Chi è
Martha Nussbaum è nata nel 1947 e insegna Law and Ethics a Chicago. è una delle voci più innovative e più ascoltate del pensiero contemporaneo. Di suo è stato appena tradotto in italiano Giustizia sociale e dignità umana (Il Mulino, 11 euro).
Email: martha_nussbaum@ law.uchicago.edu

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.