L’inflazione è diminuita, non si può dire lo stesso delle violazioni dei diritti umani. Lo Zimbabwe sta normalizzando l’economia dopo un decennio di grave crisi durante il quale il Paese ha raggiunto un livello di inflazione mai visto in nessun altro Paese al mondo. A giocare un ruolo determinante è stata la formazione, nel 2009, di un governo di coalizione fra il presidente Robert Mugabe e il capo dell’opposizione Morgan Tsvangirai. Fra i recenti segnali di ripresa c’è un ambizioso piano di investimenti approvato dal governo per un valore di 900 milioni di dollari.
Ai progressi economici però non corrispondono miglioramenti sul fronte dei diritti umani. Un’inchiesta del settimanale cattolico britannico The Tablet ha denunciato un’ondata di persecuzioni nei confronti dei preti cattolici da parte della polizia segreta legata allo Zimbabwe African National Union – Patriotic Front (Zanu-Pf), il partito di Mugabe. Numerose testimonianze raccontano di minacce e fermi di polizia nei confronti di sacerdoti, specialmente dopo la pubblicazione, a inizio anno, di una lettera pastorale in cui i vescovi denunciavano la corruzione, paragonata a «un cancro che sta distruggendo il Paese», esortando i partiti politici a «impegnarsi in un dibattito serio sullo stato della Nazione». «Nonostante il governo formato nel 2009, le violazioni dei diritti umani continuano senza sosta, attraverso ingiustificabili restrizioni ai diritti alla libertà d’espressione, di associazione e di manifestazione pacifica», denuncia Amnesty International nel suo ultimo rapporto.
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