Mondo
Il picasso africano nel ciclone dei presunti falsi
Una mostra di opere di Lilanga a Roma. Due critici che lanciano laccusa: «Non sono opere sue». Un vero giallo. Che ha una spiegazione...
Sarà colpa degli shetani, gli spiritelli burloni che cambiano forma da un momento all?altro. Che ridono e confondono le idee. Sono loro che hanno fatto diventare famose in tutto il mondo le opere di George Lilanga, pittore e scultore della Tanzania soprannominato ?il Picasso africano?. Dopo la sua morte, avvenuta nel 2005, devono essersi stancati di star chiusi nelle splendide tele. E così oggi quello di Lilanga è diventato un caso, e la sua opera sta scompigliando le carte del mercato dell?arte contemporanea.
Sul portale del magazine di arte Exibart (www.exibart.com), è scoppiata il 9 marzo la querelle sulla retrospettiva curata da Luca Faccenda e Marco Parri, in corso a Roma fino al primo aprile. I critici Enrico Mascelloni e Sarenco, che hanno curato il volume su Lilanga uscito per l?editrice Skira, hanno messo in dubbio l?autenticità delle opere esposte alla Galleria Andersen, e la buona fede dei curatori.
Al di là della querelle, «è segno che l?arte africana sta esplodendo sul mercato occidentale», dice Claudio Composti, critico d?arte della galleria Ca? di Fra? di Milano, e curatore di una delle mostre su Lilanga. «Il boom è dovuto anche a una certa saturazione fisiologica del mercato occidentale, che ormai guarda con sempre più interesse all?Africa e all?Asia. Ma ormai è anche una questione di pubblico, sempre più gente comincia a conoscere le opere degli artisti africani. Sono aumentate le mostre sia pubbliche che private. E le dispute sull?autenticità».
L?arte africana ha rotto il cerchio dei collezionisti e dei critici d?arte. E con la sua esplosione sono partite a raffica le gare a chi è arrivato prima. Sull?eredità di Lilanga la disputa è già passata alle vie legali, con accuse reciproche di calunnia e diffamazione. «Abbiamo un rogito notarile firmato da George Lilanga che dà mandato esclusivo a Faccenda e Parri di poter autenticare le sue opere», dice Lucilla Quaglia, portavoce dei due curatori della mostra di Roma, e titolari della National Gallery di Firenze. Ma un atto analogo sarebbe in possesso anche di Isaia Mabellini, in arte Sarenco, importatore delle opere di Lilanga in Italia e in Europa fin dagli anni 80.
«E' difficile difendersi dai falsi», dice Sandra Federici, direttrice del mensile Africa e Mediterraneo. «L?interesse per gli artisti africani contemporanei è cominciato sulla scia di un certo culto dell?esotico negli anni 80. Quelli che si definiscono ?pionieri? di questa scoperta hanno spesso sfruttato a proprio vantaggio la mancanza, in Africa, di gallerie che tutelano le opere e gli artisti. Hanno lavorato sul contatto diretto con artisti che non si erano attrezzati per difendersi».
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