Sostenibilità

Il peso economico dei beni relazionali. La socialità motore di Economia.

Non esiste equazione tra aumento di produttività e aumento di felicità. Anzi. Secondo R. Sugden, economista inglese, sono i beni relazionali a determinare il benessere.

di Redazione

Che lo sviluppo economico crei problemi per la qualità della vita delle persone è una verità che conosciamo dall?inizio della riflessione sui vantaggi e svantaggi di economia e società di mercato, cioè da oltre due secoli. Abbiamo sempre saputo, economisti e non, che lo sviluppo dei mercati, assieme all?aumento della produzione e quindi della quantità di beni e ricchezza, porta anche un?erosione dei legami sociali e comunitari, aumenta l?individualismo, e da questo dipende buona parte del benessere complessivo o della felicità delle persone. Eppure nessuna società ha preferito tornare all?economia pre-industriale, convinta che i benefici dello sviluppo economico fossero maggiori dei suoi costi sociali e relazionali i quali, nel lungo periodo, sarebbero stati agevolmente assorbiti.
Al tempo stesso, questi due secoli hanno visto accanto agli entusiasti un forte movimento di reazione contro la società di mercato, dagli utopisti di inizio Ottocento al marxismo, fino ad alcuni espressioni del recente movimento no global. Da circa trent?anni, però, è iniziato un esame di coscienza collettivo proprio da parte di coloro che avevano sempre accolto con entusiasmo lo sviluppo dei mercati e la crescita del Pil, gli economisti.
Si è iniziato – all?inizio pochi pionieri, oggi sempre di più – a mettere in crisi l?idea base che giustificava, anche teoricamente, la positività dello sviluppo dei mercati e della ?ricchezza delle nazioni?, vale a dire che avere più ricchezza produce, più o meno direttamente, un aumento delle opportunità, delle alternative di scelta, e quindi della felicità. Nel secondo dopoguerra mentre il reddito pro capite degli Usa è quasi quintuplicato in termini reali, l?autovalutazione della felicità da parte degli americani non solo non è migliorata, ma secondo alcuni studi è diminuita. Il grafico più famoso è una forbice: grande crescita economica a fronte di una diminuzione della felicità o del benessere soggettivo; gli studi condotti negli ultimi anni non hanno fatto che confermare e rafforzare questo andamento.
Il workshop di Verona (che ha avuto luogo lo scorso 14 ottobre presso la facoltà di Economia dell?università) ha voluto essere un contributo per arrivare a una spiegazione plausibile di questo fenomeno apparentemente paradossale. Secondo un primo principio di spiegazione di matrice psicologica, ognuno di noi nasce con una data capacità di felicità (di origine genetica, dice qualcuno): i vari eventi della vita hanno solo effetti transitori che vengono subito riassorbiti, in modo che in breve tempo torniamo al nostro livello ?naturale?. Per fare un esempio: acquisto, per un aumento di stipendio, un?automobile nuova; per qualche settimana la mia soddisfazione aumenta (diciamo da 5, il mio livello base, a 7), subito dopo mi adatto e torno al livello iniziale (5). Gli studiosi di questo effetto mostrano anche che l?adattamento nell?ambito economico è praticamente del 100%.
Un secondo tentativo di spiegazione si concentra invece sul confronto tra la nostra posizione e quella altrui, per esempio in termini di reddito.
Perché queste teorie non soddisfano, o almeno non soddisfano del tutto? La principale ragione è che sono teorie che spiegano il piacere o la frustrazione, ma non il benessere soggettivo o addirittura la felicità.
è su questo punto che si rivela interessante il convegno. Infatti, c?è ormai una piccola ma molto vivace scuola italiana di economisti che da diversi anni studia il rapporto tra l?economia e la socialità: il concetto di ?beni relazionali? e il rilancio della tradizione italiana settecentesca della ?pubblica felicità? sono alcuni dei suoi frutti.
In particolare, sulla scia del pensiero classico, questo gruppo di economisti che si incontra a Verona, in dialogo con un economista inglese, Robert Sugden, molto sensibile a questi temi, ha preso sul serio il fatto che la socialità o meglio la relazionalità è un ingrediente essenziale di una vita felice, e quindi produce modelli teorici per evidenziarlo.
Il principale tema teorico che si vuole affrontare sarà rivolto a rispondere alla domanda: perché se la relazionalità (vita affettiva, di amicizia, famigliare, volontariato, ?) è così importante per una vita felice, nelle società moderne tendiamo a distruggere ?beni relazionali? e ad aumentare il consumo di ?beni posizionali??
Come è facile intuire, dalla risposta a questa domanda emergeranno anche nuove spiegazioni del ?paradosso della felicità?, se è vero che la felicità è paradossale proprio perché dipende anche, e soprattutto, dagli altri.

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