Famiglia

Il perbenismo è vedovo

Film. Spumeggiante e ironica la commedia di Frears

di Maurizio Regosa

Lady Henderson, ovvero la maschera della leggerezza che cela e rende meno burbero il volto della profondità. Tesi forse non inedita ma sempre molto utile (i grilli parlanti sono sempre lì, nonostante tutto) e comunque benissimo raccontata da quella vecchia volpe del cinema che è l?inglese Stephen Frears. Che questa volta si diverte a prendere una storia vera e a introdurla – con l?aiuto dello sceneggiatore Martin Sherman – nel più classico dei racconti non solo hollywoodiani: il film sul teatro. Così ecco una ricca vedova apparentemente solo ?allegra? (Judy Dench, al solito bravissima) che non ha voglia di dedicarsi a una beneficenza ipocrita, acquista un fatiscente teatro e lo restituisce a nuova vitalità, ingaggiando un bisbetico direttore (Bob Hoskins) e mettendo in scena spettacoli leggeri che si fanno via via sempre più audaci (coreografati assai bene). Nemmeno la guerra riuscirà a chiudere il Windmill Theatre, sempre pieno di giovanottini in divisa ansiosi di applaudire l?arte e con essa le bellissime artiste. Ma il palcoscenico finisce con il rivelarsi, come spesso accade, metafora del mondo, fitta di tensioni contrastanti, di microstorie, di stati d?animo diversi, di memorie anche dolorose. Emergono così i motivi sotterranei di questa divertente e spumeggiante commedia: la critica al perbenismo sessuale tipicamente britannico (un tema di Frears già dai tempi di My beautiful Laundrette, 1985), la polemica contro la guerra e la retorica del sacrificio che l?accompagna, la consapevolezza che non c?è una cultura alta migliore di una pratica bassa (il divertimento a buon mercato), il rovesciamento fra leggerezza e profondità di cui si diceva e che rappresenta il filo rosso tra le tante piccole vicende che compongono questa storia (qualcosa di analogo accadeva in Cabaret di Bob Fosse, citato in alcuni passaggi). Piccoli rivoli di umanità che Frears sa accompagnare davvero bene, accennando, suggerendo e soprattutto riconducendo il tutto a unità direi classica per narrazione e regia. Il risultato è un piccolo grande film che se non ha la forza e l?energia innovativa di altre pellicole di questo intelligente autore (Sammy e Rosie vanno a letto del 1987, per esempio), pure si difende assai bene, riuscendo a interessare ed emozionare, sorridere e commuovere. Frears conosce molto bene i tempi del racconto e sa adattarli perfettamente ai diversi stati d?animo dello spettatore, coinvolgendolo quando serve, lasciandogli un po? di sollievo quando è opportuno, spingendolo in altri momenti a prendere le distanze. Luce in sala The New World di Terrence Malick, Usa Poetico, ma fedele alla verità storica, racconta il primo incontro tra i colonizzatori e il nuovo continente, John Smith e Pocahontas. *** Face Addict di Edo Bertoglio, Italia La downtown scene della New York di inizio 80 tra Jean-Michel Basquiat, Keith Haring, Jim Jarmusch, Deborah Harry, John Lurie raccontata da chi li fotografava. ** U-Carmen Mark Dornford-May, Sudafrica Ambientato in Sudafrica, è il film, interpretato da attori teatrali, che ha vinto l?ultimo Orso di Berlino. Reincarnando la Carmen di Bizet. *** Kirikù e gli animali selvaggi di Michel Ocelot e Bénédicte Galup, Fr Tra pittura africana e musiche di Youssou n?Dour, torna il piccolo eroe che racconta un continente affascinante, l?Africa. ***


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