Politica

Il passo falso del sudafrica

Il presidente Mbeki non ha avuto la forza di prendere le distanze da Mugabe. Un segno di debolezza. Che segna il declino di una superpotenza regionale

di Redazione

La crisi dello Zimbabwe sta sgretolando un mito, quello che per anni ha visto nel ?nuovo Sudafrica? la patria e il bastione della democratizzazione del continente africano. Quest?immagine fortemente positiva era nata con le elezioni che avevano posto fine al regime dell?apartheid, nel 1994, e avevano visto la nascita della ?nazione arcobaleno? di Nelson Mandela. Si era poi consolidata sotto l?idea di un ?rinascimento africano?, l?espressione coniata da Thabo Mbeki, il successore di Mandela alla presidenza: il rinnovamento politico ed economico incarnato dal Sudafrica doveva ora estendersi all?intero continente, e Pretoria avrebbe svolto un ruolo guida

.Da allora, effettivamente, l?economia del Sudafrica, che per dimensioni rappresenta il 40% dell?intera economia subsahariana e costituisce dunque un autentico gigante regionale, ha contribuito con importanti investimenti a rilanciare la crescita del continente.

Perché allora un Paese che molti, in Africa e altrove, hanno guardato come un punto di riferimento per l?evoluzione politica ed economica del continente ha assunto posizioni così controverse sul caso Zimbabwe? Perché il Sudafrica, rinnegando la propria storia, ha rinunciato a difendere la democrazia e combattere la repressione politica, oltre che la disfatta economica, incarnate dal regime di Robert Mugabe?

Per comprendere la discussa linea ?morbida? che Mbeki ha per anni perseguito nel trattare con il governo di Harare – fino al punto di negare l?esistenza di una ?crisi? anche di fronte alla situazione di stallo e incertezza generata dalle recenti elezioni – bisogna tenere in considerazione tre ordini di ragioni.

Anzitutto, la linea seguita da Pretoria riflette il più generale fallimento delle leadership africane, le quali, a fronte delle numerose condanne raccolte dallo Zimbabwe a livello internazionale, sono rimaste per lo più silenti (la voce critica del presidente dello Zambia, Levy Mwanawasa, ha rappresentato una rara eccezione). Nel continente esiste una consuetudine di solidarietà reciproca che molto spesso si è trasformata in omertà e connivenza tra capi di Stato e di governo consci dei rilievi di cui essi stessi potrebbero essere oggetto se si prendessero la libertà di ficcare il naso e giudicare quanto avviene in casa altrui. Lo stesso Mandela, quando propose di adottare sanzioni contro il regime del generale nigeriano Sani Abacha, alla metà degli anni 90, venne lasciato solo. Questo ha contribuito all?idea, alla base dell?esecrata ?diplomazia silenziosa? di Mbeki, che negoziare sia una strategia migliore che condannare pubblicamente o utilizzare sanzioni.

Attaccare frontalmente Mugabe, peraltro, avrebbe un significato del tutto particolare in virtù del ruolo storico che il presidente dello Zimbabwe ha ricoperto rispetto alle lotte anti coloniali africane. Arrivato al potere nel 1980 alla guida di un movimento di liberazione che aveva costretto la minoranza bianca dell?allora Rhodesia del Sud ad accettare la resa, seppure per via negoziale, per molti anni Mugabe ha goduto di grande stima e reputazione, in Africa e non solo.

Questo spiega in parte la tendenza di Mugabe a resistere e contestare il ruolo di leadership regionale di Pretoria e, viceversa, il timore sudafricano che, attaccando lo Zimbabwe, ci si presti all?accusa di essere il braccio dell?imperialismo occidentale. La stessa leadership dell?African National Congress, d?altra parte, ha una robusta tradizione anti imperialista.

Come lo Zimbabwe, infine, il Sudafrica ha ereditato dall?esperienza dell?occupazione coloniale prima e dall?apartheid poi una notevolissima disuguaglianza interna, legata in buona misura alla distribuzione delle terre, che la segregazione razziale riservava in misura sproporzionata alla minoranza bianca. Il timore, sotto questo profilo, è che un attacco ad un regime come quello di Mugabe, che ha fatto della redistribuzione delle terre la sua bandiera (pur politicamente manipolata, amministrativamente malgestita ed economicamente disastrosa), non godrebbe di buona stampa presso gli strati dei sudafricani poveri, che ancora aspettano politiche redistributive più incisive da parte del loro governo, e potrebbe dunque avere importanti ripercussioni interne.Nonostante il probabile successore di Mbeki alla presidenza abbia preso una posizione un po? più incoraggiante sulla crisi dello Zimbabwe, su questo fronte il Sudafrica è ormai oltre il tempo massimo, avendo perso l?occasione di fare la differenza. Pretoria continuerà naturalmente ad avere un ruolo di primo piano sulla scena continentale. È auspicabile e possibile che questo ruolo continui ad essere fondamentalmente positivo, ma, finito il mito, da ora in avanti sarà anche portatore di limiti e contraddizioni.

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