Cultura

Il partito che verrà? Un’idea travolgente

Dedicato alla crisi delle rappresentanze il nuovo numero di Communitas, dal 20 aprile nelle librerie Feltrinelli. In anteprima un brano del dialogo con Francesco Rutelli

di Redazione

Uscirà il 20 aprile il numero di Communitas dedicato alla crisi delle rappresentanze. “Il sociale muto,i sussurri della moltitudine” è il titolo del nuovo numero della rivista diretta da Aldo Bonomi che indica un passaggio cruciale dell’epoca attuale: quella del passaggio dalla società del “chi” a quello della società del “per”. 340 pagine con contributi di De Rita, Diamanti, Rullani, Zamagni e i racconti dedicati ai 40 anni del Gruppo Abele, all’Arci di Tom Benetollo, ai manifestanti della Val di Susa e alle imprese di comunità di CGM e dei Focolarini. Con le testimonianze di chi fa rappresentanza nel sociale, come Pezzotta o Patriarca, e nella politica, come Rutelli e Follini. «Sono convinto, infatti, che il mancato consolidamento dei due processi che, negli anni 90, in Italia, hanno rappresentato i due principali veicoli di cambiamento del sistema istituzionale – cioè il maggioritario e il federalismo (il primo sconfessato da Berlusconi, che ne è stato alfiere e beneficiario, e il secondo oggetto del travaglio che ben conosciamo) – apre la strada ad una crisi istituzionale e quindi, se la transizione non dovesse chiudersi nella prossima legislatura, all’antipolitica. Se con le prossime elezioni politiche si aprisse per il paese una fase di incertezza e di instabilità ulteriore, c’è il rischio che l’Italia abbia la tendenza di cercarsi un Peron italiano. Di fronte alla fatica della costruzione delle soluzioni, di fronte all’insuccesso dei propositi politici, c’è il pericolo che prevalgano populismo e demagogia». E’ questa una delle valutazioni intorno alla politica e alla sua crisi contenute nel lungo dialogo con Francesco Rutelli che comparirà sul prossimo numero di Communitas (in uscita il 6 aprile) e che qui anticipiamo nella parte dedicata al cantiere del Partito democratico. Domanda: Qualcuno ha proposto alla politica una fase costituente, cioè una fase in cui sia possibile riscrivere le regole comuni e stabilire cos’è bene per questo paese. Francesco Rutelli: Partiamo dai due punti di trasformazione cui ho accennato: le regole del gioco istituzionale, cioè sistema elettorale e federalismo. Non c’è dubbio che su questo sarebbe tempo che facessimo terreno comune. Spero sia finita la stagione dell’indisponibilità a concorrere a lavorare su un terreno comune; ci si deve impegnare per questo. Ora ci aspettano elezioni con le quali chi ha cambiato la legge elettorale, a quanto pare, si è posto come obiettivo fondamentale di ridurre la governabilità per chi vince. Non c’è dubbio che quanto a funzionalità del sistema dobbiamo capire come voltare pagina subito dopo le elezioni. Anche sul federalismo manca un quadro complessivo quanto a decentramento, autonomie, federalismo, sussidiarietà: in sintesi, l’organizzazione che il paese si dà per realizzare i suoi scopi. La politica dovrebbe guidare il confronto sulla scelta dei grandi obiettivi (crescita, politica fiscale, riforma del welfare, integrazione europea e scelte internazionali), ma sull’organizzazione del paese bisognerebbe trovare un accordo più ampio. Dovunque in Europa è in corso un dibattito sullo Stato, perché l’organizzazione delle istituzioni fa parte della vita delle comunità, non si limita a doverla amministrare. Per questo si dovrebbe trovare un accordo sul modo migliore di organizzare e far vivere le istituzioni, e al cambiare delle sfide dovrebbe cambiare l’organizzazione della Repubblica, il più possibile in modo condiviso. Credo sia necessario condividere una nuova, grande impalcatura istituzionale sulla quale l’Italia possa basarsi per i prossimi vent’anni, cercando di trovare un accordo stabile e duraturo al di là della convenienza del momento, non più a colpi di maggioranza. Domanda: Lei ha spesso parlato della Margherita come di un partito pluralista nelle opzioni morali. Può spiegarci di più? Rutelli: E’ ormai necessario acquisire piena consapevolezza del fatto che il confronto sui temi etici sarà parte significativa del dibattito pubblico. E anche l’ispirazione religiosa nell’agire delle persone – non più legata al ?partito unico dei cattolici? – non è un ostacolo, un impaccio, una prepotenza: è parte della ricchezza di una comunità. La laicità resta un valore fondamentale come principio di non soggezione del momento temporale a quello spirituale, ma il cambiamento derivante dai grandi interrogativi bioetici farà sì che il valore, o meglio il principio della laicità, sarà ridefinito in maniera diversa rispetto ai decenni passati. Oltre al principio della laicità, penso che dovremmo condividere essenzialmente due valori: quello della democrazia, intesa letteralmente come sovranità del popolo – come evolve e come si applica efficacemente nel tempo attuale il principio della sovranità popolare? E quello della libertà, non solo ?di? e ?da?, ma una libertà che, nell’età della globalizzazione e delle interconnessioni frenetiche, si coniugherà sempre più con il concetto di responsabilità. Domanda: In tutto questo ripensamento c’è anche il ripensamento della forma di partito. Il Partito democratico cosa sarà? Rutelli: Oggi la definizione di un nuovo partito politico non può che essere strettamente legata al fatto di presentare al popolo un progetto nuovo. Il nostro progetto deve essere quello di fornire un baricentro innovatore – non certo la quarta matrioska della storia del Partito comunista italiano – e concorrere a identificare una missione di rinnovamento del paese. è questo il Partito democratico. Nasce per trasformare l’idea dell’Ulivo, incompiuta attraverso una successione di diversi esperimenti elettorali e politici, in un partito di tutti i democratici riformisti. Un cammino assai complesso, ma da condurre con coraggio. Nascerà concretamente, il Partito democratico, nel preciso momento in cui presenterà al paese un’idea travolgente. Come succede negli Usa, in questo partito ci devono essere sia correnti progressiste che moderate. La cosa più interessante dell’affacciarsi, finalmente, del Partito democratico non è tanto che esso può rappresentare la realizzazione di un sogno di tanti democratici non ex comunisti, ma anche la felice soluzione dei problemi irrisolti della sinistra, e soprattutto la possibilità di dare una casa comune (senza padroni di casa) alle migliori culture politiche italiane.

  • Visita le pagine dedicate a Communitas! Dal 20 aprile 2006 è disponibile nelle librerie Feltrinelli il numero 8: “Il sociale muto”

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