Parlamento

Bene la richiesta del cessate il fuoco, ma per la pace serve l’autonomia della Palestina

Dopo l'approvazione alla Camera dei deputati della mozione per l'immediato cessate il fuoco, il prossimo passo dovrà essere il riconoscimento del diritto dei palestinesi ad avere una propria terra e un proprio Stato nel quadro di un accordo regionale e internazionale

di Nino Sergi

Si sta finalmente capendo che su politica estera e collocazione internazionale dell’Italia le forze parlamentari devono uscire dalle aprioristiche vicendevoli delegittimazioni per potere assumere la responsabilità comune che è loro richiesta, pur nella distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione. Sono in gioco la credibilità e il peso del nostro Paese nel mondo.

Con la mozione approvata ieri alla Camera con chiarezza l’Italia chiede un “immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza al fine di tutelare l’incolumità della popolazione civile, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi e sicuri all’interno della Striscia” e si impegna a sostenere “ogni iniziativa volta alla liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani”.

L’orrenda carneficina dei miliziani di Hamas e del Jihad islamico va sempre tenuta presente, con un’assoluta condanna, così come vanno tenuti presenti il riconoscimento del diritto di Israele alla propria difesa e sicurezza e la richiesta della liberazione degli ostaggi. Osservando quanto ne è seguito, anche alla luce della Quarta Convenzione di Ginevra (ratificata da Israele), si rimane però inorriditi per la reazione del governo israeliano con la lunga serie di crimini di guerra commessi a Gaza in questi quattro mesi. Il 7 ottobre non può giustificare la mattanza vendicativa, cieca e generalizzata di Netanyahu, con la sistematica distruzione di Gaza, l’uccisione di più di 28 mila persone, in particolare bambini (16mila!) e donne, le migliaia di orfani e di mutilati, lo sfollamento di due milioni di persone rimaste senza più nulla, disorientati e senza gli aiuti indispensabili. 

È giunta l’ora di porci la domanda che molti hanno evitato finora. L’obbligo della proporzionalità della risposta militare e della tutela e protezione dei civili nelle aree occupate valgono per Israele e per l’Occidente solo quando riguardano altri? Il nostro Occidente, cioè, delle democrazie liberali, dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario che – politica e media in particolare – fin dall’inizio ha giustificato e convintamente sostenuto la mattanza generalizzata a Gaza, condannando come antisemitismo ogni protesta o parere contrario. Si ha la sensazione che stiamo distruggendo quel che rimane della nostra credibilità. E Israele sta facendo crescere nel mondo – specie in tanti giovani, quindi le nuove generazioni – un risentimento di cui dovrebbe allarmarsi. Un risentimento che non c’entra nulla con l’antisemitismo (checche’ si voglia far credere) ma con il comportamento criminale dei governanti israeliani. Distruggere, come annunciato, anche l’area di Rafah, colpendo la popolazione fatta sfollare proprio lì dal Nord e dal Centro di Gaza (più di un milione di persone), potrebbe autorizzarci a considerare i quattro mesi di quest’operazione militare come finalizzati al “genocidio” dei palestinesi, come autorevoli affermazioni di leader governativi e religiosi israeliani hanno con altre parole, senza usare questo temine ben auspicato.

Adesso anche l’Italia, per bocca del ministro Tajani, afferma che il riconoscimento del diritto di Israele all’autodifesa non può superare la proporzionalità della reazione, colpendo come fa migliaia di vittime che nulla hanno a che fare con Hamas. Con un po’ di ritardo forse ma giustamente, sollecitato ormai dai ripensamenti di molte cancellerie occidentali. Il prossimo passo dovrà essere il riconoscimento del diritto dei palestinesi ad avere una propria, idonea e confacente terra e un proprio Stato, nel riconoscimento reciproco tra Israele e Palestina e nel quadro di un accordo regionale e internazionale. Ciò che è parso impossibile per decenni potrebbe ora realizzarsi proprio a causa della violenza inaudita, che ha dimostrato di portare solo e sempre nuova violenza. Nel frattempo si sostengano le organizzazioni umanitarie, anche le ong italiane, per portare aiuto a due milioni di persone stremate, a cui sono stati tolti famigliari, lavoro, case, dignità e futuro. La parte della mozione in tal senso non è passata ieri: contiamo che sia ripresa a breve, anche a seguito degli accordi che si spera possano essere definiti in questi giorni al Cairo.  


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Nella lettera di un gruppo di intellettuali ebrei italiani si legge: “I massacri di civili perpetrati a Gaza dall’esercito israeliano sono sicuramente crimini di guerra, sono inaccettabili e ci fanno inorridire. Si può ragionare per ore sul significato della parola “genocidio”, ma non sembra che questo dibattito serva a interrompere il massacro in corso e la sofferenza di tutte le vittime, compresi gli ostaggi e le loro famiglie… Ci sembra urgente spezzare un circolo vizioso: aver subito un genocidio non fornisce nessun vaccino capace di renderci esenti da sentimenti d’indifferenza verso il dolore degli altri, di disumanizzazione e violenza sui più deboli… Per combattere l’odio antiebraico crescente in questo preciso momento, pensiamo che l’unica possibilità sia provare a interrogarci nel profondo per aprire un dialogo di pace costruendo ponti anche tra posizioni che sembrano distanti”. È un messaggio di umanità e lungimiranza, che va colto.

Credit foto Lapresse

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