Cultura

Il papa non divide il mondo in due. La sua passione è per ogni uomo

Il Papa ha chiesto che il 14 dicembre si digiuni e si preghi per la pace

di Giuseppe Frangi

Sappiamo che la preghiera acquista forza se è accompagnata dal digiuno e dall?elemosina». Con queste parole semplici ed estremamente concrete, il Papa ha invitato, durante l?Angelus di domenica 18 novembre, tutti i cattolici a un gesto inatteso: «Chiedo che il 14 dicembre sia vissuto come giorno di digiuno, durante il quale pregare con fervore Dio perché conceda al mondo una pace stabile fondata sulla giustizia e faccia sì che si possano trovare adeguate soluzioni ai molti conflitti che travagliano il mondo». Il 14 dicembre è un venerdì ed è una data particolare: è la conclusione del Ramadan musulmano. Non ci vuole davvero molto a capire l?importanza di questo invito da parte del papa. È un invito che segue una logica di antico realismo, davanti alla quale è del tutto stupido domandarsi da che parte stia il papa, se è più con l?America colpita al cuore o più con l?Afghanistan devastato dalle bombe e dalla violenza. La logica di Wojtyla non spacca il mondo in due, mondo civile e mondo incivile; vittime tutte da una parte, carnefici tutti dall?altra; democratici di qui, fondamentalisti di là. Non ragiona così il papa: lui vede le interconnessioni, percepisce che in gioco non c?è il destino di una parte di umanità, ma di tutta l?umanità.
Per questo, fedele al suo credo, chiede a tutti di fare un passo indietro: un passo che si concretizza nel gesto di rinunciare al cibo per un giorno. Che significato ha questo passo indietro? Per i cattolici è un modo di rafforzare la preghiera e di «implorare dall?Onnipotente, il grande dono della pace». Per chi cattolico non è, è un invito a non chiamarsi fuori, a non pensare che il destino della pace non passi anche attraverso le scelte, i pensieri, appunto i gesti di ciascuno.
Due riflessioni. La prima: davanti a un invito come questo, l?analisi ricorrente secondo cui ciò che sta accadendo è il risultato dell?ostilità dell?Islam nei confronti del cristianesimo, è smentita categoricamente dalla massima autorità della Chiesa cattolica. La seconda: è riduttivo leggere la decisione del papa in un?ottica di ecumenismo religioso. In realtà non riusciamo a scorgere un calcolo, seppur generoso, dietro questo suo invito ai cattolici. Piuttosto vediamo, con stupore, riemergere un cattolicesimo fatto di semplicità, di realismo, di compassione verso il destino di tutti. Un cattolicesimo che non si presenta come pretesa di adesione a una summa di regole e di precetti ma, molto più semplicemente, come un avvenimento capace di rendere più buono il cuore dell?uomo.
In cosa consiste questo avvenimento? Lo aveva spiegato, con commovente efficacia, agli uomini del suo tempo, che non son molto diversi da noi, un grande (quanto umile) cattolico e socialista, Charles Péguy. Ecco le sue parole: «Venne Gesù. Doveva fare tre anni. Fece i suoi tre anni. Ma non perse i suoi tre anni, non li usò per frignare e per invocare i mali dei tempi, del suo tempo. Arrivava il mondo moderno, era pronto. E lui tagliò (corto). Oh, in modo molto semplice. Facendo il cristianesimo. Mettendoci in mezzo il mondo cristiano. Non incriminò, non accusò nessuno. Salvò. Non incriminò il mondo. Salvò il mondo. Questi (altri) vituperano, raziocinano, incriminano. Medici ingiuriosi che se la prendono con il malato». Sembra di riascoltare l?antico realismo di sant?Ambrogio che ammoniva così i suoi contemporanei: «Voi pensate: i tempi sono cattivi, i tempi sono pesanti, i tempi sono difficili. Vivete bene e muterete i tempi».
Cos?altro è l?invito del papa al digiuno, se non un invito a vivere bene, perché così si cambia il tempo in cui si vive?

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