Cultura
Il Papa: «Le migrazioni sono uno scandalo sociale dell’umanità»
Ieri nel corso dell'Udienza Generale Francesco ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo. Ecco il suo discorso, che parte così: «Oggi vorrei presentarvi San Giuseppe come migrante perseguitato e coraggioso....»
Oggi vorrei presentarvi San Giuseppe come migrante perseguitato e coraggioso. Così lo descrive l’Evangelista Matteo. Questa particolare vicenda della vita di Gesù, che vede come protagonisti anche Giuseppe e Maria, è conosciuta tradizionalmente come “la fuga in Egitto” (cfr Mt 2,13-23). La famiglia di Nazaret ha subito tale umiliazione e sperimentato in prima persona la precarietà, la paura, il dolore di dover lasciare la propria terra. Ancora oggi tanti nostri fratelli e tante nostre sorelle sono costretti a vivere la medesima ingiustizia e sofferenza. La causa è quasi sempre la prepotenza e la violenza dei potenti. Anche per Gesù è accaduto così.
Il re Erode viene a sapere dai Magi della nascita del “re dei Giudei”, e la notizia lo sconvolge. Si sente insicuro, si sente minacciato nel suo potere. Così riunisce tutte le autorità di Gerusalemme per informarsi sul luogo della nascita, e prega i Magi di farglielo sapere con precisione, affinché – dice falsamente – anche lui possa andare ad adorarlo. Accorgendosi però che i Magi erano ripartiti per un’altra strada, concepì un proposito scellerato: uccidere tutti i bambini di Betlemme dai due anni in giù in quanto, secondo il calcolo dei Magi, quello era il tempo in cui Gesù era nato.
Nel frattempo, un angelo ordina a Giuseppe: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò. Erode, infatti, vuole cercare il bambino per ucciderlo» (Mt 2,13). Pensiamo oggi a tanta gente che sente questa ispirazione dentro: “Fuggiamo, fuggiamo, perché qui c’è pericolo”. Il piano di Erode richiama quello del Faraone di gettare nel Nilo tutti i figli maschi del popolo d’Israele (cfr Es 1,22). E la fuga in Egitto evoca tutta la storia d’Israele a partire da Abramo, che pure vi soggiornò (cfr Gen 12,10), fino a Giuseppe, figlio di Giacobbe, venduto dai fratelli (cfr Gen 37,36) e poi divenuto “capo del paese” (cfr Gen 41,37-57); e a Mosè, che liberò il suo popolo dalla schiavitù degli egiziani (cfr Es 1; 18).
La fuga della Santa Famiglia in Egitto salva Gesù, ma purtroppo non impedisce a Erode di compiere la sua strage. Ci troviamo così di fronte a due personalità opposte: da una parte Erode con la sua ferocia e dall’altra parte Giuseppe con la sua premura e il suo coraggio. Erode vuole difendere il proprio potere, la propria “pelle”, con una spietata crudeltà, come attestano anche le esecuzioni di una delle sue mogli, di alcuni dei suoi figli e di centinaia di oppositori. Era un uomo crudele: per risolvere dei problemi, aveva una sola ricetta: “fare fuori”. Egli è il simbolo di tanti tiranni di ieri e di oggi. E per loro, per questi tiranni, la gente non conta: conta il potere, e se hanno bisogno di spazio di potere, fanno fuori la gente. E questo succede anche oggi: non dobbiamo andare alla storia antica, succede oggi. È l’uomo che diventa “lupo” per gli altri uomini. La storia è piena di personalità che, vivendo in balìa delle loro paure, cercano di vincerle esercitando in maniera dispotica il potere e mettendo in atto disumani propositi di violenza. Ma non dobbiamo pensare che si vive nella prospettiva di Erode solo se si diventa tiranni, no! In realtà è un atteggiamento in cui possiamo cadere tutti noi, ogni volta che cerchiamo di scacciare le nostre paure con la prepotenza, anche se solo verbale o fatta di piccoli soprusi messi in atto per mortificare chi ci è accanto. Anche noi abbiamo nel cuore la possibilità di essere dei piccoli Erode.
Giuseppe è l’opposto di Erode: prima di tutto è «un uomo giusto» (Mt 1,19), mentre Erode è un dittatore; inoltre si dimostra coraggioso nell’eseguire l’ordine dell’Angelo. Si possono immaginare le peripezie che dovette affrontare durante il lungo e pericoloso viaggio e le difficoltà che comportò la permanenza in un paese straniero, con un'altra lingua: tante difficoltà. Il suo coraggio emerge anche al momento del ritorno, quando, rassicurato dall’Angelo, supera i comprensibili timori e con Maria e Gesù si stabilisce a Nazaret (cfr Mt 2,19-23). Erode e Giuseppe sono due personaggi opposti, che rispecchiano le due facce dell’umanità di sempre. È un luogo comune sbagliato considerare il coraggio come virtù esclusiva dell’eroe. In realtà, il vivere quotidiano di ogni persona – il tuo, il mio, di tutti noi – richiede coraggio: non si può vivere senza coraggio! Il coraggio per affrontare le difficoltà di ogni giorno. In tutti i tempi e in tutte le culture troviamo uomini e donne coraggiosi, che per essere coerenti con il proprio credo hanno superato ogni genere di difficoltà, sopportando ingiustizie, condanne e persino la morte. Il coraggio è sinonimo di fortezza, che insieme alla giustizia, alla prudenza e alla temperanza fa parte del gruppo delle virtù umane, dette “cardinali”.
La lezione che ci lascia oggi Giuseppe è questa: la vita ci riserva sempre delle avversità, questo è vero, e davanti ad esse possiamo anche sentirci minacciati, impauriti, ma non è tirando fuori il peggio di noi, come fa Erode, che possiamo superare certi momenti, bensì comportandoci come Giuseppe che reagisce alla paura con il coraggio di affidarsi alla Provvidenza di Dio. Oggi credo ci voglia una preghiera per tutti i migranti, tutti i perseguitati e tutti coloro che sono vittime di circostanze avverse: che siano circostanze politiche, storiche o personali. Ma, pensiamo a tanta gente vittima delle guerre che vuole fuggire dalla sua patria e non può; pensiamo ai migranti che incominciano quella strada per essere liberi e tanti finiscono sulla strada o nel mare; pensiamo a Gesù nelle braccia di Giuseppe e Maria, fuggendo, e vediamo in Lui ognuno dei migranti di oggi. È una realtà, questa della migrazione di oggi, davanti alla quale non possiamo chiudere gli occhi. È uno scandalo sociale dell’umanità.
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