Cultura

Il Papa in Turchia prende per mano l’Islam

Francesco è arrivato oggi ad Ankara. La tre giorni inizia con l'abbraccio a patriarca Bartolomeo e l'incontro con il premier Erdogan. Ogni gesto e ogni parola però sono rivolti «ad indicare che c'è una strada alternativa alla violenza giustificata con la fede, Un strada possibile e praticabile», sottolinea Lia Quartapelle, deputata Pd e membro dell’Ufficio di presidenza della Commissione Esteri

di Lorenzo Alvaro

È iniziato il viaggio di Papa Francesco in Turchia. Oggi è atterrato ad Ankara dove ha incontrato il patriarca Bartolomeo e il premier Erdogan. Tanti gli spunti che Bergoglio ha lanciato nei suoi primi interventi. «È fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione -, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri» ha sottolineato il Pontefice. «La pace è fondata sul rispetto dei fondamentali diritti e doveri legati alla dignità dell'uomo. Per questa strada si possono superare i pregiudizi e i falsi timori e si lascia invece spazio alla stima, all'incontro, allo sviluppo delle migliori energie a vantaggio di tutti», ha anche detto. Oltre a occuparsi del tema della violenza religiosa dicendo che «la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l'Onnipotente è Dio della vita e della pace. Da tutti coloro che sostengono di adorarlo, il mondo attende che siano uomini e donne di pace, capaci di vivere come fratelli e sorelle, nonostante le differenze etniche, religiose, culturali o ideologiche».

Abbiamo chiesto un commento a Lia Quartapelle, deputata Pd e membro dell’Ufficio di presidenza della Commissione Esteri, sul messaggio e il valore di questo viaggio.

 

Lia Quartapelle

Che valore ha questa visita?
È un viaggio religioso con un fortissimo significato politico. Il tema è naturalmente religioso, ma ha una grande valenza politica perchè un capo di stato e un capo reliogioso come Francesco parla a un capo di Stato di un paese islamico come Ergodan ma anche al  Califfo Al Baghdadi che sta sulla frontiera della Turchia. In questa chiave il messaggio di Francesco è incredibilmente importante

Nel senso che è una sfida a Isis?
Francesco è una autorità religiosa che si reca in un area in cui si sta cercando di fondare uno stato che proprio sull'estremismo religioso si fonda. Il messaggio che lui dà per questo deve superare la complicazione del contesto in cui avviene. Per questo è ancora pià importante. Il suo parlare di apertura e libertà è agli antipodi del messaggio di Al Baghdadi e di Is. E pone un confronto, un termine di paragone quando dice “La violenza che cerca la giustificazione religiosa merita la più ferma condanna”.

Ma è il Paese giusto la Turchia per lanciare questo messaggio?
Sì lo è. Si tratta di un paese laico in cui c'è tolleranza per le altre confessioni. Però è anche un paese che sta vivendo un momento particolare, di riacutizzarsi di una presenza islamista. Questo lo rende un Paese che conosce il problema ma è in grado di ascoltare. È il posto giusto dove porre queste questioni.

Che un Papa affronti di petto una realtà rischiosa assumendosi i rischi di ritorsioni nei confronti dei cristiani è una novità. Come si spiega?
Il suo è stato un messaggio forte. Come ha fatto andando in Europa anche in Turchia il Papa sta proponendo una base di valori chiari, orientati in maniera molto netta ad alcune delle questioni cruciali del nostro tempo. Ma più che attaccare ha indicato una via. Più che condannare il terrorismo, l'integralismo o la violenza giustificata con la fede, ha dimostrato che un altro modo, un altra strada, sono possibili.

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