Cultura
Il Papa e l’aborto, fuori dallo schema
Nel corso della conferenza stampa sull’aereo di ritorno da Panama Francesco ha raccontato la sua esperienza in confessionale con le donne ferite e pentite per l’interruzione di gravidanza. La risposta è geniale e sorprendente
Non ci sono schemi che tengano davanti ad una persona che si apre senza difese. Ieri il Papa, nella consueta conferenza stampa sul volo di ritorno da Panama, ha ancora una volta sorpreso tutti per la libertà con cui ha risposto ad una domanda sull’aborto.
È partito dalla propria esperienza personale in quanto confessore a cui tante volte è capitato di raccogliere il dolore di una donna che ha preso coscienza della scelta che ha compiuto. In genere il problema viene “schematicamente” ridotto alla liceità di concedere il perdono. Francesco invece mette davanti un’altra questione: come accompagnare quella donna che ha preso dolorosamente consapevolezza di quello che ha compiuto? Quella donna è lì, nell’attesa di un qualcosa, di un qualcuno che le indichi una strada per una possibile riconciliazione con se stessa e con ciò che ha perduto. «Bisogna essere nel confessionale e tu devi lì dare consolazione. Per questo io ho aperto la potestà di assolvere l’aborto per misericordia, perché tante volte devono incontrarsi con il figlio».
Dicendo questo Francesco ha ribadito una posizione che aveva reso noto più volte, ad esempio nel libro intervista con Andrea Tornielli, quando aveva chiarito che «perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d'ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l'aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente… non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito».
Ma ieri ha voluto andare oltre, per spiegare che la vera questione è quella di come si possano consolare le persone che arrivano a noi con «un cuore pentito». Sono quelle situazioni complesse in cui papa Francesco mette in luce tutta quella genialità umana che lo rende un papa umilmente autorevole per tutti, credenti o non credenti. «Io consiglio tante volte quando hanno questa angoscia e piangono: “Tuo figlio è in cielo, parla con lui, cantagli la ninna nanna che non hai potuto cantargli”. Lì si trova una via di riconciliazione della mamma con il figlio».
È modernissimo Francesco nel suggerire questa dinamica. Dice che la strada per quella donna consiste nel riuscire a ristabilire un rapporto con quello che è stato negato: viene da dire che anche Freud approverebbe… Ristabilire il rapporto per arrivare alla necessaria riconciliazione. E come può avvenire questa riconciliazione? Nel modo più semplice e concreto: attraverso un gesto che colmi la mancanza. O meglio ancora, una voce che riaccende una relazione con qualcuno che non è un numero ma una vita che continua altrove. Del resto, con la franchezza che lo contraddistingue, papa Francesco aveva detto, poche settimane fa, di rifiutare la definizione dell’aborto, a suo parere farisaica, come «interruzione di gravidanza». L’aborto è negazione di una vita.
Tuttavia «il dramma dell’aborto, per capirlo bene, bisogna essere in un confessionale», ha concluso ieri papa Francesco, come a ribadire che se le questioni, anche le meno “negoziabili” restano sul piano rigido dei principi, producono esasperazione e disperazione. Invece se ci si pone sul piano dell’incontro umano, si aprono infinite strade che portano anche ad una diversa consapevolezza rispetto alle questioni di principio.
Basta tenere presente una sola regola: «Solo quello che si ama può essere salvato. Tu non puoi salvare una persona, non puoi salvare una situazione, se non la ami» (altre parole da ricordare dette da Francesco alle migliaia di giovani radunati per la veglia a Panama).
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.