Cultura

Il Papa: Dio disgustato dall’agire dell’uomo

Ieri Giovanni Paolo II ha citato Geremia e lanciato un grido contro la guerra, la carestia e la fame. All'udienza anche Gino Strada

di Riccardo Bonacina

“Oltre alla spada e alla fame, c?è una tragedia maggiore, quella del silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dell?agire dell?umanità”: così ha parlato ieri il Papa all?udienza generale, commentando un cantico di Geremia, ma avvertendo che la “solitudine” dell?umanità “sperduta”, descritta dal profeta, è simile a quella che “cogliamo anche ai giorni nostri”. Parole di straordinaria drammaticità, quelle usate da Giovanni Paolo, che – come altre volte – ha espresso il suo sentimento dello stato attuale del mondo con le parole di un profeta. Stavolta il profeta era Geremia, mentre il 30 ottobre era stato Isaia a fornirgli il lamento sulla “corruzione dei politici e dei giudici”. Da mesi il Papa sta commentando i Salmi e i Cantici della Bibbia, che si usano nella preghiera mattutina delle “Lodi”. Al Cantico di ieri – contenuto nel capitolo 14 di Geremia, ai versetti 17-21 – Giovanni Paolo ha dato questo titolo: “Lamento del popolo in tempo di fame e di guerra”. E? un testo famoso, nel quale – ha detto Giovanni Paolo – “Geremia entra in scena col volto rigato di lacrime: il suo è un pianto ininterrotto per “la figlia del suo popolo”, cioè per Gerusalemme”: con queste parole e con quelle sul “silenzio di Dio” – che abbiamo riportato all?inizio – il Papa, secondo un commento fatto ieri dalla Radio vaticana, “è sembrato riferirsi indirettamente alla tragica situazione della Terra Santa” dei giorni nostri. Giovanni Paolo II ha ripercorso “l?invocazione lacerante del profeta”, motivata da “due eventi tragici: la spada e la fame, cioè la guerra e la carestia”. E ha osservato: “La descrizione è purtroppo tragicamente attuale in tante regioni del nostro pianeta”. A questo punto ha detto le parole sul “silenzio di Dio”, che echeggiano quelle di Geremia, dove per esempio dice: “Perché ci hai colpito? Ti sei disgustato di Sion?”. “Ormai – continua il Papa, sempre interpretando il lamento del profeta – ci si sente soli e abbandonati, privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo, lasciato a se stesso, si trova come sperduto e invaso dal terrore. Non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente profonda di tanta insoddisfazione, che cogliamo anche ai giorni nostri? Tanta insicurezza e tante reazioni sconsiderate hanno la loro origine nell?aver abbandonato Dio, roccia di salvezza”. Nel Cantico, al momento del lamento segue quello della conversione, che Giovanni Paolo commenta così: “Ecco la svolta: il popolo ritorna a Dio e gli rivolge un?intensa preghiera: “Abbiamo peccato contro di te”. Il silenzio di Dio era, dunque, provocato dal rifiuto dell?uomo”. La siccità e la fame: un dramma naturale cui si aggiunge la tragedia della guerra. Ed è una realtà “purtroppo tragicamente attuale in tante regioni del nostro pianeta”. Un dramma terribile al quale però si somma una tragedia maggiore: “Il silenzio di Dio, che non si rivela più e sembra essersi rinchiuso nel suo cielo, quasi disgustato dall’agire dell’umanità”. E in questa situazione, “ci si sente soli e abbandonati, privi di pace, di salvezza, di speranza. Il popolo, lasciato a se stesso, si trova sperduto e invaso dal terrore”. E – ha detto ancora il Santo Padre – “non è forse questa solitudine esistenziale la sorgente di tanta insoddisfazione, che cogliamo ai giorni nostri? Tanta insicurezza e tante reazioni sconsiderate hanno la loro origine nell’aver abbandonato Dio, roccia di salvezza”. Nel Cantico di Geremia c’è comunque la svolta, rappresentata dal riconoscimento da parte del popolo del proprio peccato e confessione di colpa, e alla fine il profeta usa le parole che il Papa ha definito fondamentali: il “ricordo” e l'”alleanza”. All’udienza generale di ieri erapresente anche Gino Strada, il medico chirurgo fondatore di Emergency, l’associazione impegnata nella cura delle vittime civili delle guerre e nella diffusione di una cultura di pace. Nei giorni scorsi Strada aveva scritto al Pontefice dicendo di non poterne più di tutte le guerre, “sento che abbiamo il dovere di vincere questo cancro che divora il pianeta”.


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