Cultura
Il Papa alla Cina: collaboriamo per la pace tra i popoli
L'invito del Pontefice al governo di Pechino a ristabilire normali rapporti diplomatici è unito per la prima volta a espressioni di rammarico per errori passati
di Redazione
Una nuova, solenne e ufficiale richiesta del Papa al governo di Pechino per stabilire al più presto una mutua collaborazione per la pace tra i popoli,attraverso normali rapporti diplomatici, e’ accompagnata questa volta da una inedita richiesta di perdono per eventuali errori compiuti nella passata opera di evangelizzazione dei cattolici in Cina. Questo passo di Giovanni Paolo II aiuta l’annosa questione dei rapporti con la Cina a ripartire su basi completamente nuove nel metodo. Inedita anche la cornice di questo singolare e innovativo gesto della S.Sede nei confronti della Cina: il secondo grande convegno internazionale per il IV centenario dell’arrivo del gesuita matteo Ricci in Cina, una figura che e’ rimasta cara ai cattolici e ai cinesi per la competenza e il rispetto che segno’ la sua azione evangelizzatrice fondata sul metodo dell’inculturazione. Il convegno, dopo quello di Pechino (14-17 ottobre) si svolge oggi e domani all’Universita’ Gregoriana promosso dai Gesuiti che la gestiscono e dall’Istituto Italo-Cinese presieduto da Cesare Romiti. Insieme al presidente onorario Giulio Andreotti, Romiti e’ stato ricevuto questa mattina dal Pontefice durante l’udienza generale proprio in vista del convegno al quale Giovanni Paolo II ha fatto pervenirre un messaggio che apre nuove prospettive nel lungo e difficile cammino dei rapporti tra Vaticano e Cina comunista. Sull’esempio di Matteo Ricci, conosciuto e molto considerato in Cina come ”Li Madou, il Saggio d’Occidente”, il papa scrive nel suo messaggio ai convegnisti che ”anche la Chiesa cattolica di oggi non chiede alla Cina e alle sue autorita’ politiche nessun privilegio, ma unicamente di poter riprendere il dialogo, per giungere ad una relazione intessuta di reciproco rispetto e di approfondita conoscenza”. ”Sull’esempio di questo inisgne figlio della Chiesa cattolica – aggiunge il Pontefice in uno dei passi salienti del messaggio – desidero riaffermare che la S.Sede guarda al Popolo cinese con profonda simpatia e con partecipe attenzione. Sono noti i passi rilevanti, che nei tempi recenti esso ha compiuto nei campi sociale, economico ed educativo, sia pure nel perdurare di non poche difficolta’. lo sappia la Cina: la Chiesa cattolica ha il vivo proposito di offrire, ancora una volta, un umile e disinteressato servizio per il bene dei cattolici cinesi e per quello di tutti gli abitanti del Paese. Al riguardo, mi sia permesso ricordare qui il grande impegno evangelizzatore di una lunga serie di generosi missionari e missionarie, unitamentealle opere di promozione umana da loro compiute nel corso dei secoli: essi avviarono importanti e numerose iniziative sociali, specialmente in campo ospedaliero ed educativo, che trovarono ampia e grata accoglienza presso il Popolo cinese”. ”La storia pero’, – aggiunge Giovanni Paolo II, quasi applicando alla questione cinese la richiesta di perdono giubilare per gli errori passati della Chiesa – ci ricorda purtroppo che l’azione dei membri della Chiesa in Cina non e’ stata sempre esente da errori, frutto amaro dei limiti propri dell’animo e dell’agire umano, ed e’ stata per di piu’ condizionata da situazioni difficili, legate ad avvenimenti storici complessi e ad interessi politici contrastanti. Non mancarono neppure dispute teologiche, che esacerbarono gli animi e crearono gravi inconvenienti al processo di evangelizzazione. In alcuni periodi della storia moderna, una certa ‘protezione’ da parte di potenze politiche europee non poche volte si rivelo’ limitativa per la stessa liberta’ di azione della Chiesa ed ebbe ripercussioni negative per la Cina: situazioni ed avvenimenti, che influirono sul cammino della Chiesa, impedendole di svolgere in pienezza – a favore del Popolo cinese – la missione affidatale dal suo Fondatore, Gesu’ Cristo. Sento – afferma Giovanni Paolo II in uno dei passaggi del tutto innovativi della posizione del Vaticano – profondo rammarico per questi errori e limiti del passato, e mi dispiace che essi abbiano ingenerato in non pochi l’ipressione di una mancanza di rispetto e di stima della Chiesa cattolica per il Popolo cinese, inducendoli a pensare che essa fosse mossa da sentimenti di ostilita’ nei confronti della Cina. Per tutto questo chiedo perdono e comprensione a quanti si sono sentiti, in qualche modo, feriti da tali forme d’azione dei cristiani”. La Chiesa – spiega poi Giovanni Paolo II quasi a rispondere alla sorpresa che le sue parole possono ingenerare specialmente in ambito cattolico – non deve aver paura della verita’ storica ed e’ disposta – pur con intima sofferenza – ad ammettere le responsabiita’ dei suoi figli. Cio’ vale anche per quanto riguarda i suoi rapporti, passati e recenti, con il Popolo cinese. La verita’ storica deve essere ricercata con serenita’ ed imparrzialita’ e in modo esaustivo. E’ un compito importante, di cui si devono far carico gli studiosi e al cui svolgimentpo potete contribuire anche voi, che siete particolarmente addentro alla realta’ cinese. Posso assicurare che la S.Sede e’ sempre pronta ad offirire la propria disponibilita’ e collaborazione in questo lavoro di ricerca”. E’ a questo punto del messaggio, e dopo queste premesse di metodo e di merito che Giovanni Paolo II avanza la proposta sostanziale, quella cioe’ di aprire nuovi rapporti tra Cina e S.Sede come una via per contribuire al bene della pace tra i Popoli. ”In quest’ora – scrive papa Wojtyla – tornano attuali e significative quelle parole che il padre Ricci scriveva all’inizio del suo ”Trattato sull’Amicizia”. Egli, portando nel cuore della cultura e della civilta’ della Cina di fine 1500 l’eredita’ e la riflessione classica greco-romana e cristiana sulla stessa amicizia, definiva l’amico come ‘la meta’ di me stesso, anzi un altro io’; per cui la ‘ragione d’essere dell’amicizia e’ il mutuo bisogno e il mutuo aiuto’. Ed e’ con questo rinnovato e forte pensiero di amicizia verso tutto il Popolo cinese che formulo l’auspicio di vedere presto instaurare vie concrete di comunicazione e di collaborazione fra la S.Sede e la Repubbolica Popolare Cinese. L’amicizia si nutre di contatti, di condivisione di sentimenti nelle situazioni liete e tristi, di solidarieta’, di scambio e di aiuto. La Sede Apostolica cerca con sincerita’ di essere amica di tutti i popoli e di collaborare con ogni persona di buona volonta’ a livello mondiale”. ”La Cina e la Chiesa cattolica – afferma il papa nella parte conclusiva del suo messaggio – sotto aspetti certamente diversi ma in nessun modo contrapposti, sono storicamente due tra le piu’ antiche ”istituzioni’ viventi ed operanti nel mondo: entrambe, pur in ambiti differenti – politico-sociale l’una, religioso-spirituale l’altra -, annoverano oltre un miliardo di figli e figlie. Non e’ un mistero per nessuno che la S.Sede, a nome dell’intera Chiesa cattolica e – credo – a vantaggio di tutta l’umanita’, auspica l’apertura di uno spazio di dialogo con le autorita’ della Repubblica Popolare Cinese, in cui superate le incomprensioni del passato, si possa lavorare insieme per il bene del Popolo cinese e per la pace nel mondo. Il momento attuale di profonda inquietudine della comunita’ internazionale esige da tutti un appassionato impegno per favorire la creazione e lo sviluppo di legami di simpatia, di amicizia e di solidarieta’ tra i popoli. In tale contesto, la normalizzazione dei rapporti tra la Repubblica Popolare Cinese e la S.Sede avrebbe indubbiamente ripercussioni positive per il cammino dell’umanita”’. Il messaggio, diffuso anche in lingua cinese, esprime l’auspicio del papa che ”la strada aperta da padre Matteo Ricci tra l’Oriente e l’Occidente, tra la cristinaita’ e la cultura cinese, possa ritrovare vie sempre nuove di dialogo e di reciproco arricchimento umano e spirituale”.
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