I big a confronto

Il Papa al G7, l’urgenza di un’Ai di pace e giustizia

Dietro la storica scelta del Pontefice di prendere parte al G7, per don Luca Peyron, c’è la coscienza della velocità con cui si sta sviluppando l'intelligenza artificiale

di Alessio Nisi

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Al G7, per la prima volta, per parlare di intelligenza artificiale e di pace. Il segnale è chiaro: il machine learning è cultura, la cultura è scelta. Troppo per lasciare questa tecnologia nelle mani delle big tech e abbandonarci al “macchinismo”, ma anche per chiuderla nel recinto degli allarmisti. Un intervento storico quello del Santo Padre al G7 in programma in Italia in Puglia, che, secondo fonti del Vaticano, metterà in guardia i potenti della Terra dall’applicazione dell’Ai, in particolare sulle armi. «Parleremo di intelligenza artificiale e anche di pace. Farò incontri bilaterali, ci sono le richieste di sette capi di Stato. Li incontrerò tutti» ha anticipato il Papa. 

L’urgenza di una riflessione condivisa

Già, ma perché questa scelta, così forte, così marcata? Spiega don Luca Peyron, giurista e teologo, referente della pastorale universitaria della diocesi di Torino, coordinatore del Servizio per l’Apostolato digitale, esperto di intelligenza artificiale (di cui si occupa dal 1996): «Dietro questa scelta», argomenta, «c’è la coscienza della velocità con cui tutto questo si sviluppa». Parliamo di «tecnologie irreversibili. Una volta che sono diventate dominio pubblico, indietro non si torna». Per questo è necessaria una riflessione.

La pace e la tecnologia insieme sullo stesso tavolo

Ai e pace insieme saranno sullo stesso tavolo. «Uno dei temi saranno le applicazioni belliche dell’intelligenza artificiale. Verosimilmente il Santo Padre farà riferimento a questo aspetto. Se l’intelligenza artificiale diventa un ulteriore strumento di morte e non uno strumento di giustizia e di pace ancora una volta l’umano userà la sua intelligenza per distruggere se stesso».

Una vera e propria urgenza. Peyron non si aspettava che il Papa decidesse di partecipare al G7, «ma non sono meravigliato. Se il magistero interviene con questa insistenza e tre messaggi in quattro giorni su un tema che non è proprio di questo pontificato, ma lo sta facendo proprio, non mi stupisce che il Papa voglia parlare coi grandi della Terra». 

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Don Luca Peyron durante il backstage di TEDxTorino presso Teoresi, 9 dicembre 2020

L’ai è una tecnologia che genera cultura

Precisa Peyron. «Il Papa sta intervenendo tantissimo e e oserei dire in maniera abbastanza lontana dalla sua personale sensibilità. Francesco», sottolinea, «è il Papa della misericordia dei poveri. Paolo VI rispetto a scienze e tecnica aveva una sensibilità spiccata, Giovanni XXIII molto meno, Giovanni Paolo II guardava ad altri scenari, Benedetto XVI era molto attento a cultura e l’educazione». Data questa dimensione personale e spirituale, insistere tanto sull’intelligenza artificiale ci porta alla lettura di questa tecnologia «non come strumento ma come cultura». 

O meglio come tecnica che genera cultura.  «All’interno della quale l’essere umano può svilupparsi o può morire. Non perché l’intelligenza artificiale sia in sé la macchina che ci uccide tutti ma perché la mentalità che dipende da un certo tipo di paradigma culturale che la tecnologia può generare è una mentalità che può o sostenere l’essere umano in quanto tale o mortificarlo».

Il rischio macchinizzazione

Per don Luca Peyron «il Papa non interviene semplicemente su questioni meramente etiche, il tema è l’antropologia nella sua struttura». Se io uso la macchina e il mio modo di pensare, di agire e di relazionarmi è centrato sulla macchina e non sull’umano, spiego, «io “macchinizzo” il mio modo di essere».

Quale obiettivo per l’intelligenza artificiale

Una lettura che tradotta in termini concreti si articola in questo modo. «La mentalità tecnologica per definizione è una mentalità efficiente ed efficace. Ma non possiamo usare l’efficienza e l’efficacia come unico parametro per giudicare noi stessi. Può un ventenne pensare che l’unica cosa che lo contraddistingue è l’efficienza e l’efficacia». Non si tratta di dire no o sì, per essere più chiari. «Si tratta di dire come, quando e con che obiettivo finale costruiamo l’intelligenza artificiale», proprio perché è una cultura. In questo quadro al G7 «il Papa va a proporre una meta per la società che l’intelligenza artificiale può collaborare a raggiungere».

Democrazia, geopolitica e sostenibilità

Democrazia, geopolitica e sostenibilità (in termini di cultura e risorse) sono in particolare per Peyron le questioni chiave correlate al tema dell’intelligenza artificiale che hanno spinto il Santo Padre ad un intervento così deciso. «L’intelligenza artificiale comporta per poter essere applicata delle risorse sterminate in termini di dati, di hardware,  ambientali ed energetici. Sono pochi quelli che si possono permettere queste macchine: se diventa un oligopolio assoluto è un potere assoluto». La seconda grande questione che in qualche modo l’intelligenza artificiale «è legata all’assunzione di responsabilità. L’intelligenza artificiale rischia di essere l’ennesima delega che diamo ad altri di attitudini nostre». Certo, la tecnologia toglie fatica «ma la fatica è responsabilità».

In apertura foto di Coronel Gonorrea per Unsplash. Nel testo immagine di Don Luca Peyron

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