Non profit
Il paese degli orchi
Aumento del 49% dello sfruttamento sessuale. Lo rivela una ricerca di Intervita
di Redazione

È convinto di «non fare nulla di male». Si difende dicendo che «è la loro cultura, diventano donne prima», fino a far credere di essere un benefattore («almeno io la faccio vivere bene per qualche giorno»). A tracciare il profilo del turista che compra il sesso con minori, nella sede milanese di Intervita, è Mariarosa Dominici, psicologa e psicoterapeuta che da quarant’anni si occupa di violenze sui minori: «La verità» afferma, «è che abusare di un bambino o una bambina una volta significa devastarne la vita per sempre».
Intervita onlus sta lavorando per contrastare il fenomeno in Cambogia, dove è presente con progetti di sviluppo attraverso il sostegno a distanza, e ha finanziato una ricerca sul campo in collaborazione con 27 ong locali. I 109 casi analizzati dalla ricerca, che fa parte del programma “NGO Joint Statistics: Database Resort on Rape and Trafficking”, avviato nel 2003 da due coordinamenti di ONG cambogiane, ha permesso di ricostruire il profilo delle vittime: tutte donne sotto i 39 anni, per il 37% bambine (la più piccola ha 7 anni).
In Cambogia i casi di tratta per sfruttamento a scopo sessuale sono aumentati del 49% nel 2009 rispetto all’anno precedente. «La crisi economica può avere inciso su questo incremento» afferma Chin ChanVeasna, coordinatore della ricerca e referente di Intervita in Cambogia. «Nel 2009 sono state chiuse circa 200 aziende nell’area di Phnom Penh e la mancanza di alternative può aver spinto più donne, e anche minori, a entrare nel mercato della prostituzione». La metà delle vittime della tratta, rivela ancora la ricerca finanziata da Intervita, proviene da famiglie disgregate e instabili economicamente, il 36% è analfabeta, molte di loro sono state costrette ad abbandonare la scuola e il 12% sono state coinvolte nel traffico dalle proprie sorelle. «E’ spesso un amico di famiglia ad adescare le bambine proponendo un lavoro nella capitale» afferma ChanVeasna, «diventando così l’anello di congiunzione con le reti che gestiscono la tratta. La miseria e la mancanza di lavoro spinge molte famiglie ad accettare».
È stato stimato che ogni anno le vittime del traffico di esseri umani nel sud-est asiatico siano almeno 200-225mila tra donne e bambini, una cifra che rappresenta un terzo dell’intero traffico mondiale. La povertà diffusa, la disoccupazione, l’esodo dalle campagne, la corruzione e la posizione geografica al centro dell’Indocina fanno della Cambogia un paese di origine e di transito delle vittime della tratta.
«Il turismo sessuale occidentale in Cambogia sta crescendo rapidamente» afferma Daniela Bernacchi, direttrice di Intervita. «E c’è un cambiamento rispetto al passato: sugli 83 trafficanti oggetto della ricerca per la prima volta si registra la presenza di due occidentali. Un dato che ci preoccupa molto, perché il traffico di esseri umani in Cambogia è un fenomeno relativamente recente rispetto ad altri Paesi».
«Studiare le cause, i processi e le dinamiche del fenomeno consente alle Ong impegnate sul campo di assistere le autorità e la società civile nell’identificazione delle aree di intervento» continua Bernacchi, «oltre che migliorare i programmi di accoglienza, assistenza legale, orientamento e supporto medico». Nel 2010 la onlus con sede a Milano ha l’obiettivo di sensibilizzare il 20% dei turisti internazionali che visitano il Paese e il 10% della popolazione cambogiana attraverso diversi strumenti, dalla collaborazione con cento conducenti di tuk tuk (le moto risciò) che hanno deciso di esporre il numero verde anti-pedofilia a una help-line telefonica, alla distribuzione di materiale informativo negli alberghi e in giro per le città. Intervita ha inoltre coinvolto 800 tra funzionari, autorità locali e rappresentanti delle comunità per definire insieme piani di tutela dei bambini, con l’obiettivo di raggiungere il 34% della popolazione cambogiana attraverso programmi radiofonici e televisivi.
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