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Il Paese con due presidenti

In Costa D'Avorio la crisi politica risveglia i fantasmi della guerra civile del 2002

di Emanuela Citterio

Un Paese con due presidenti e due primi ministri. È la situazione al momento della Costa D’avorio, dopo il ballottaggio presidenziale del 28 novembre.

Il percorso verso la pacificazione e l’unità intrapreso negli ultimi anni dal Paese africano ha subito un duro colpo d’arresto in questi ultimi giorni di crisi politica.

Gli eventi seguiti alle  elezioni presidenziali hanno riproposto il quadro di una nazione spaccata, come era già accaduto nel 2002, quando anche geograficamente la Costa D’Avorio si separò in due aree, il nord sotto il controllo delle Forze Nuove e il sud sotto quello del governo.

I protagonisti della crisi sono gli stessi. Il presidente uscente Lauret Gbagbo non accetta di farsi da parte, nonostante la Commissione elettorale, Onu, Ue e Unione Africana abbiano dato per vincitore delle elezioni il candidato dell’opposizione Alassane Ouattara.

Così entrambi i “presidenti” sono andati avanti: Ouattara ha nominato premier Guillaume Soro, che già ricopriva questo ruolo nel precedente governo ed è l’ex leader dei ribelli dele Forze Nuove e Gbagbo ha scelto per la stessa carica Gilbert Marie N’gbo Ake.

Nelle ultime ore Soro, che è stato in passato capo dei ribelli delle Forze Nuove (Fn), ha offerto ai ministri “governo parallelo” di Gbabo ruoli chiave nel nuovo governo se riconosceranno i risultati delle elezioni.

La crisi è deflagrata venerdì, quando il Consiglio costituzionale, che ha l’ultima parola in materia, ha proclamato eletto Gbagbo, al potere dal 2000, con il 51% dei voti, rovesciando il verdetto della Commissione elettorale, che aveva certificato la vittoria di Ouattara con il 54%.

Nel frattempo si stanno intensificando le pressioni internazionali perché la crisi rientri, evitando di far precipitare di nuovo la Costa D’Avorio nel caos, con conseguenze sull’intera regione. L’Unione Europea ha fatto sapere che potrebbe imboccare la strada delle sanzioni nei confronti della Costa d’Avorio se la situazione di instabilità politica creatasi nel Paese non sarà risolta tempestivamente. Nel concreto, l’Ue potrebbe infatti decidere di tagliare gli aiuti allo sviluppo assegnati al paese, che ammontano a circa 254 milioni di euro complessivi per l’ultimo piano pluriennale.

Anche la Banca Mondiale e la Banca Africana di Sviluppo si dicono preoccupate, e non escludono di rivedere i programmi di prestito al Paese.

Il timore è che l’empasse sia risolto con la forza, cosa che lo stesso Soro non ha escluso. Parlando all’emittente radiofonica francese ‘Europe 1’, ha insistito sulla necessità che Gbagbo, presidente uscente, rinunci a ogni velleità di rimanere in carica. Alla domanda se sarebbe pronto a riformare i guerriglieri del disciolto Movimento Patriottico per “defenestrare” Gbagbo, l’alleato di Ouattara ha ribattuto: «Se lui ci costringe a tanto, non avremo altra scelta. Il suo regime è finito, è stato condannato da tutti. Il suo fato è stato suggellato dal sovrano popolo ivoriano. Gli saranno comunque garantite le prerogative di un ex capo dello Stato».

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