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Il Paese che vuole cacciare i gay

Approvata legge che prevede il carcere a vita. Il Gran Mufti: «Abbandoniamoli su un'isola deserta»

di Riccardo Bianchi

In Uganda non c’è pace per gli omosessuali. Nel paese africano, uno dei più duri con i gay, per cui è previsto  l’ergastolo, la massima carica religiosa sunnita ha addirittura chiesto al presidente di mandarli tutti in un’isola deserta a morire. E, pochi giorni dopo, il parlamento ha iniziato a discutere una nuova legge per inasprire le punizioni, arrivando anche alla pena di morte.

«Ho chiesto al presidente Museveni (in foto, ndr.) di darci un’isola sul Lago Vittoria, così che noi possiamo prendere questi omosessuali e farli morire lì». La frase, sconvolgente, è risuonata come un tamburo nella sala della vecchia moschea di Kampala dove il Mufti dell’Uganda, Sheikh Ramathan Shaban Mubajje, stava parlando ai giornalisti.

Il leader religioso aveva incontrato la settimana prima il presidente del paese, Yoweri Museveni all’Hotel Africana. «Se gli omosessuali morissero là, non ne avremmo più nel nostro paese» ha continuato il Mufti «L’omosessualità può devastare la nostra epoca come quella del Profeta Lut (colui che, secondo il Corano, annunciò la distruzione di Sodoma e Gomorra ndr). Ci uniremo alle altre religioni per combatterla».

Ma le parole di Sheikh Mubajje non sembrano essere cadute nel vuoto. Qualche giorno fa è stata presentata una legge subito rinominata “Anti-Homosexual Bill 2009”. Oggi essere trovato in flagrante durante un rapporto sessuale con persone dello stesso sesso è punito con il carcere a vita. Se la riforma passasse chiunque fosse visto mentre “prova a compiere il reato” (definizione molto ampia) può finire in prigione per sette anni e sottoposto al test dell’Hiv. Se positivo, è prevista la pena di morte.

Nuove pene sono previste per chiunque “promuova” l’omosessualità e per chiunque non denunci un criminale, cioè un gay, sono previsti fino a tre anni di carcere, familiari compresi. E la pena di morte è stata estesa anche a chi abbia rapporti con un disabile o un minorenne dello stesso sesso, anche se consenziente.

Sembra che a ispirare il presidente Museveni non siano state soltanto le parole del Mufti, quanto quelle de La Compagnia (anche conosciuta come La Famiglia) uno dei più potenti gruppi evangelici americani, che da tempo porta avanti una lotta per eliminare l’omosessualità. E Douglas Coe, la guida, ha più volte citato Museveni chiamandolo “il nostro uomo in Africa”

La comunità gay ha subito protestato. «Nessuno di noi può accettare che si diffonda l’Hiv» ha affermato Frank Magisha, attivista per i diritti gay in Uganda «è giusto punire chi mette a rischio la salute degli altri, chi commette una violenza. Ma inserire questa misura dentro una legge che parla di gay è sbagliato. Sono due questioni diverse. Questa legge porterà solo più odio nella società ugandese».

Già a marzo la comunità gay del paese aveva vissuto momenti difficili quando si diffuse la voce che alcuni di loro “convertivano” i bambini. La gente scese in piazza, organizzando grandi manifestazioni. Durante un raduno degli stessi omosessuali per rivendicare i propri diritti, i solo venti attivisti sono stati insultati dai passanti. Alcuni sono stati anche denudati e esorcizzati dai pastori e dai religiosi presenti nella folla.


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