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Il NYT ammette: Steve Jobs non era avaro

Poche settimane prima della morte il quotidiano aveva accusato il fondatore di Apple di non essere filantropo come altri miliardari. Ora la moglie Laurene rivela allo stesso giornale il bene compiuto dal marito. Nel più assoluto silenzio

di Gabriella Meroni

Innovatore, visionario, geniale. Steve Jobs era un'icona (e lo è ancora) per milioni di persone nel mondo; il suo motto "stay hungry, stay foolish" ha ispirato generazioni di giovani. Eppure c'era un'ombra sulla sua reputazione, almeno pubblica: quella di non essere generoso. Ovvero di non condividere la sua immensa fortuna con i più poveri, in poche parole di non essere un filantropo come l'amico-rivale Bill Gates.

A rendere pubblica un'accusa spesso sussurrata fu, a pochi mesi dalla morte di Jobs, il New York Times, che in un articolo che fece scalpore http://dealbook.nytimes.com/2011/08/29/the-mystery-of-steve-jobss-public-giving/  si chiedeva come mai, pur avendo accumulato qualcosa come 8,3 miliardi di dollari, Jobs non avesse stabilito una fondazione o avesse effettuato donazioni milionarie né avesse aderito al Giving Pledge di Warrenn Buffet, con cui i miliardari globali si impegnano a devolvere in beneficenza metà del loro patrimonio. A corroborare la tesi del NYT c'era poi il fatto che il fondatore di Apple si fosse rifiutato di affrontare l'argomento filantropia nel pur lunghissimo colloquio avuto con il biografo ufficiale, Walter Isaacson.

Ora però la moglie di Jobs, Laurene Powell Jobs, ha deciso di rompere il silenzio e ha rivelato proprio al New York Times che il marito donava, e molto, ma in segreto. "Non ci è mai piaciuto amplificare quanto facevamo per gli altri, e non ci piaceva mettere targhe sui palazzi", ha detto Laurene, che è impegnata in prima persona a favore dell'istruzione dei giovani meno abbienti e sostiene alcune scuole e il programma College Track http://www.collegetrack.org/main/ che favorisce l'accesso all'istruzione dei ragazzi a rischio.

Ma anche Steve Jobs in vita aveva fatto la sua parte: ora si scopre che aveva donato non meno di 50 milioni di dollari ad alcuni ospedali in California, contribuendo a costruire un centro pediatrico e un edificio nuovo di zecca. Aveva poi contribuito con cifre rimaste ancora segrete, ma definite "straordinarie" dall'amico e collega Bono degli U2, alla campagna globale contro l'Aids. E anche il NYT, con un recente articolo http://www.nytimes.com/2013/05/17/business/steve-jobss-widow-sets-philanthropy-goals.html?pagewanted=1&_r=0, ha dovuto riconoscerlo.
 

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