Politica
Il nuovo Isee è promosso: «più equo e veritiero»
Il ministro Giuliano Poletti ha presentato il report di monitoraggio sul primo anno di attuazione del nuovo Isee. Positivo che sia sia fatto un monitoraggio sistematico, le famiglie che dichiarano di non avere un conto corrente passano dal 70% al 14%, risultano avvantaggiate soprattutto le famiglie con figli minori. Sul contestato capitolo disabilità, i dati mostrano che i gruppi di popolazione avevano visto il proprio Isee ridursi o aumentare si equivalgono, mentre le nuove regole avvantaggiano le fasce più ricche. Intanto però si scopre che nella banca dati delle prestazioni sociali agevolate immettono dati soltanto 700 Comuni su 8mila...
Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato ieri il report di monitoraggio sul primo anno di attuazione del nuovo Isee, il 2015 (il report è a cura di Caterina Gallina e Raffaele Tangorra della Direzione generale per l’inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali). Un monitoraggio che – ha detto il ministro Poletti – «è cosa rara nella valutazione delle politiche pubbliche, ma una buona pratica che intendiamo rendere prassi comune alle azioni di riforma che mettiamo in campo». E cosa dice questo report annuale, preceduto già nei mesi scorsi da report trimestrali? Che il nuovo Isee, entrato in vigore il 1° gennaio 2015 dopo un una gestazione lunghissima, a cavallo degli ultimi tre governi, per il ministero è promosso: «Siamo di fronte ad un Isee più equo e più veritiero», ha sintetizzato il ministro.
Un primo dato riguarda il numero degli italiani coperti da Isee: 4,165 milioni di nuclei familiari, ovvero quasi 13 milioni di persone, poco più di una persona su cinque (esattamente il 21,3% della popolazione residente). Meno dell'anno precedente, quando erano il 27,6%. A livello regionale l'effetto è quello di una popolazione Isee distribuita territorialmente in maniera più uniforme: «l’impressione – scrive il report – è che con il nuovo Isee in alcune regioni del Mezzogiorno si stia riducendo l’anomalia di un elevatissimo numero di DSU presentate in presenza di una spesa sociale molto bassa; sembra cioè che la DSU venga più spesso presentata solo quando “serve”, cioè a fronte della effettiva richiesta di prestazioni sociali agevolate».
Le distribuzioni del nuovo Isee appaiono molto simili a quelle che si sarebbero ottenute ricalcolando l’Isee con le vecchie regole sulle stesse dichiarazioni, anche se andando dentro le distribuzioni, gli ordinamenti risultano notevolmente modificati dalle nuove regole: solo in un caso su nove (due terzi dei quali riguardano Isee nulli) non si osservano variazioni nel passaggio dalle vecchie alle nuove regole, mentre per il 43% delle famiglie il nuovo Isee è sfavorevole e per il 46% le nuove regole si rivelano favorevoli (figura qui sotto).
Il successo incontestabile del nuovo Isee riguarda l’emersione del patrimonio mobiliare, ovvero conti correnti e altri depositi. Un successo conseguente al fatto che i redditi non sono più autodichiarati, ma rilevati direttamente presso l'anagrafe tributaria. Se con le vecchie regole si stimava che circa un quarto delle DSU presentassero “sottodichiarazioni”, oggi non è più così. Le famiglie che dichiarano un patrimonio mobiliare nullo – che dichiarano cioè di non avere conti correnti e altri depositi – passano da quasi il 70% al 14% e nel Mezzogiorno in particolare da quasi il 90% al 20%. Dati molto più realistici. «È anche questo un segno di equità, che facilita l'accesso alle prestazioni a chi è davvero più bisognoso», sottolinea il ministero. «La riforma quindi sembra stia perseguendo gli obiettivi che ci si era prefissati: maggiore credibilità delle dichiarazioni, maggiore selettività dell'indicatore legata al patrimonio, maggiore attenzione ai più fragili», afferma il report. Eppure il primissimo commento arrivato a margine del report sposta un poco la questione: «È probabile che il nuovo Isee sia più efficace nella lotta all’evasione fiscale, ma siamo proprio così sicuri che sia anche più equo?», si è chiesto Gigi De Palo, presidente del Forum Famiglie. «Tra i tanti difetti che come Forum abbiamo evidenziato a più riprese rimane quello macroscopico della sottovalutazione dei carichi familiari, la scala di equivalenza non valuta in modo realistico l’effettivo impatto del costo dei figli al crescere del loro numero. Per essere un sistema destinato a stabilire il reddito di ogni singola famiglia, mi sembra azzardato parlare di equità».
Ma veniamo ai volti di quei nuclei coperti da Isee. Circa metà delle DSU (il 49,5%) proviene da nuclei familiari con minorenni, il 21,1% da universitari e il 18% da nuclei con persone con disabilità. I nuclei che non appartengono ad alcuno dei gruppi sopra indicati (cioè single, coppie senza figli, nuclei con figli maggiorenni non universitari, anziani autosufficienti, ecc.) sono meno di uno su quattro, il 23%. Solo lo 0,5% dei nuclei presenta la contemporanea presenza di almeno un minorenne, un universitario e una persona con disabilità.
Diversi nuclei quindi beneficiano di prestazioni sociali agevolate su più fronti e la “banca dati prestazioni sociali agevolate”, attivata dall’Inps nella primavera del 2015, dovrebbe migliorare la gestione, la programmazione, il monitoraggio e la valutazione degli interventi. Tra le righe del report però troviamo una denuncia clamorosa: «Al momento sono meno di 700 i Comuni (su 7998, ndr) che hanno inserito dati sulle prestazioni sociali agevolate da essi erogate, un numero in crescita costante ma pur sempre molto lontano dalla totalità dei Comuni», ammette il report. «È fondamentale che nei prossimi mesi questa attività decolli anche al fine di far funzionare efficacemente il sistema dei controlli Isee ex-post. In caso di dichiarazione mendace, infatti, l’ente erogatore che ha alimentato la banca dati verrebbe immediatamente a conoscenza dell’illegittima fruizione della prestazione, potendosi così adoperare per recuperare l’indebito e irrogare le previste sanzioni».
Per questi specifici segmenti di popolazione Isee, era più vantaggioso il vecchio strumento o il nuovo? Per le famiglie con minori, meglio il nuovo, nettamente: il 50,8% delle famiglie infatti ha visto diminuire il valore dell’Isee post riforma (quattro punti più della media), mentre chi ha l’ha visto aumentare è il 38,3% delle famiglie con minori. Il «saldo netto» tra chi vede l’ISEE diminuire e chi lo vede aumentare per effetto della riforma «è quindi per i minorenni nettamente più favorevole». Fra gli universitari, le famiglie con Isee sotto i 10mila euro sono poco più di 2 su 10 contro le 7 su 10 di chi non ha un figlio all’università: se ce ne fosse bisogno, la dimostrazione che «la parte più povera della popolazione faccia ancora molta fatica ad accedere agli studi universitari». Fra gli universitari, una popolazione Isee più ricca, la riforma dell’Isee – che è più selettivo sul patrimonio, come richiesto dal legislatore – ha avuto un impatto maggiore. Ben il 52,4% di questi nuclei ha un Isee più alto di quello che avrebbe avuto con le regole vecchie (contro il 43% della media, quasi dieci punti in più). Infine un’attenzione specifica va ai nuclei con persone con disabilità, il 18% del totale della popolazione Isee, uno dei punti più dibattuti e problematici di questo nuovo Isee.
Come noto, infatti, nel corso del 2016 la disciplina “appena” riformata dell’Isee è stata nuovamente modificata per i nuclei familiari con persone con disabilità, a seguito delle sentenze del Consiglio di Stato che hanno definitivamente chiarito come nella nozione di «reddito disponibile» non potevano essere inclusi i trattamenti percepiti in ragione della condizione di disabilità. A maggio, con la conversione del decreto-legge 29 marzo 2016, n. 42, è stato di conseguenza nuovamente modificato l’ISEE delle persone con disabilità, recuperando alcune caratteristiche della precedente disciplina. Sono state esclusi dal reddito disponibile i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità e contemporaneamente al posto delle franchigie nuove (eliminate) è stata applica per tutti la maggiorazione dello 0,5 al parametro della scala di equivalenza, per ogni componente con disabilità media, grave o non autosufficiente. Questa norma transitoria decadrà quando entrerà a regime il nuovo regolamento Isee uscito dalla revisione complessiva del Dpcm 159.
I dati presentati nel report relativamente al 2015 hanno quindi solo valore "storico", trattandosi di un Isee non più in vigore (l’INPS ha attivato una procedura di ricalcolo d’ufficio delle DSU interessate, cioè quelle presentate fra il gennaio 2016 e il 28 maggio 2016). Il messaggio del report è che nel 2015 effettivamente i nuclei con una persona con disabilità erano quelli più toccati dalla riforma dell’Isee. Il sistema di franchigie e deduzioni favorivano soprattutto le famiglie più in basso nell’ordinamento (cioè quelle più povere), tant’è che gli Isee nulli più che raddoppiavano con la riforma, passando da meno dell’8% a più del 16% della popolazione in questione. Dall’altro lato però aumenta la quota di Isee alti: nel 2015 oltre i 20.000 euro di Isee si concentrava il 16% dei nuclei con persone con disabilità, se non fossero cambiate le regole, a parità di valori dichiarati, sarebbero stati in questa fascia solo il 10,7% dei nuclei. Complessivamente però i gruppi di popolazione che a seguito della riforma avevano visto il proprio Isee ridursi o aumentare si equivalgono quasi perfettamente: per il 46,2% diminuiva, per il 46,5% aumentava.
Il ricalcolo dell’Isee in base alle ultimissime modifiche, chiuso dall’Inps il 10 settembre, ha coinvolto circa 410 mila nuclei familiari. Dopo il ricalcolo, come sono cambiati gli effetti? Perché quell’emendamento del governo era stato immediatamente definito un emendamento-beffa, dal momento che la reintroduzione delle scale di maggiorazione sembrava destinata a beneficiare in particolare le famiglie più benestanti a parità di disabilità e in generale a portare effetti maggior sperequazione rispetto al Dpcm 159. Il report dice così: «Come prevedibile, il recupero degli elementi di calcolo della previgente disciplina produce effetti che vanno in direzione opposta rispetto a quelli esaminati nel descrivere il passaggio dalle vecchie regole a quelle in vigore nel 2015. In particolare, si osserva una riduzione delle frequenze per valori inferiori a 3 mila euro (di 2,5 punti percentuali su circa 16). Viceversa dopo il DL 42/2016, la quota di famiglie con Isee superiore a 15 mila euro, sul totale, è diminuita di 5,5 punti percentuali – quasi il 30% – passando dal 19% al 13,5%».
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