Elezioni in Francia

Il Nuovo Fronte Popolare non è Mélenchon

Affluenza record con il  66,7% dei francesi che si sono recati alle urne: «Il partito di ultra destra di Marine Le Pen ne esce indebolito», dice Marianella Sclavi, esperta dei processi di ricostruzione e gestione creativa dei conflitti, che per molti anni si è occupata delle banlieue nel Paese. «Quella di Macron di andare a elezioni anticipate è stata una scommessa vinta. Ma il risultato ottenuto dal Nuovo Fronte Popolare non è una vittoria di Mélenchon»

di Anna Spena

Alle scorse elezioni europee il partito di estrema destra “Rassemblement National” si era imposto con circa il 32% dei consensi. Più del doppio rispetto al secondo in lista, “Renaissance”, del presidente Emmanuel Macron, che si era fermato attorno al 15%. Macron, in quella occasione, aveva annunciato lo scioglimento del Parlamento e la convocazione di nuove elezioni il 30 giugno e il 7 luglio. Davanti alle elezioni imminenti i diversi partiti avevano cominciato a fare ipotesi di alleanze in vista delle legislative per costruire un nuovo fronte popolare. Un appello che è stato accolto dalle forze della sinistra. Il turno delle elezioni francesi di domenica ha modificato il risultato del primo turno: in testa la sinistra con il Nuovo Fronte Popolare (182 seggi). Seconda la coalizione “Ensemble” di Macron (168 seggi). “Rassemblement National” di Le Pen e Bardella terzo (143 seggi). Affluenza record: 66,7%. «I risultati di questa tornata elettorale sono molto interessanti», dice Marianella Sclavi, esperta dei processi di ricostruzione e gestione creativa dei conflitti, che per molti anni si è occupata delle banlieue nel Paese. «Ma andrei oltre la lettura superficiale “della vittoria schiacciante di Jean-Luc Mélenchon”».

Jean-Luc Mélenchon non ha vinto

«Jean-Luc Mélenchon», spiega Sclavi, «non ha vinto. Innanzitutto il Nuovo Fronte Popolare è composto, tra gli altri, dal partito socialista, da quello comunista, da quello ecologista Europe Écologie Les Verts, e a questo fronte aderisce anche il partito “La France Insoumise”, che ha raccolto molte preferenze, ma tre dei quattro deputati che Mélenchon aveva scelto di non rieleggere – perché l’avevano criticato – sono stati infine rieletti al secondo turno delle elezioni generali di domenica dopo essersi presentati come indipendenti all’interno dell’alleanza del Nuovo Fronte Popolare. Quindi non faranno più parte del gruppo “La France Insoumise” all’Assemblea Nazionale. Nel partito per Mélenchon, inizia una vera resa dei conti e in molti hanno già preso le distanze da lui: è stato definito “impresentabile” praticamente da tutti, compresa la sinistra e le sue posizioni di “comprensione” nei confronti di Hamas irricevibile. In Italia si identifica “La France Insoumise” con Mélenchon mentre in Francia è chiarissimo il sempre più ampio dissenso nei suoi confronti. Inoltre era stato François Ruffin, che fa sempre parte del partito “La France Insoumise”, a chiedere di costituire un Nuovo Fronte Popolare, e potrebbe essere proprio lui a diventare il nuovo leader del partito al posto di Mélenchon. Ruffin, dalle europee a queste nuove elezioni, è cresciuto di 18 punti nelle preferenze. E anche lui, come altri, ha apertamente criticato Mélenchon che, pur essendosi offeso, non ha potuto espellerlo come ha fatto con candidati più deboli. Ruffin è un giornalista e filmmaker considerato molto concreto dai francesi. È un grande osservatore della realtà. E le leggi oggi devono essere fatte dopo studi etnografici e antropologici. I nuovi leader politici si stanno costruendo, come Ruffin, attraverso un dialogo con il territorio».

Il partito socialista esiste e resiste

«In Francia», dice Sclavi, «il partito socialista che sembrava essere scomparso, ritorna ad essere protagonista. Stiamo assistendo ad una ricomposizione della sinistra francese». Si è recata alle urne quasi il 70% della popolazione: «È la percentuale più alta che si registra dal 1981», aggiunge Sclavi. «Il “Nuovo Fronte Popolare” ed “Ensemble” hanno fatto in modo che non si disperdessero voti e li hanno concentrati solo su i candidate che avevano possibilità reale di essere eletti. Insomma i candidati della destra centrista, sia macroniani che gaullisti, nelle circoscrizioni in cui erano arrivati terzi hanno in gran parte desistito per fare barriera alla destra di Le Pen e far vincere il Nuovo Fronte Popolare. È come se in Italia i candidati di Forza Italia prendessero le distanze dal governo Meloni. In particolare i gaullisti hanno disconosciuto il loro presidente Éric Ciotti per affermare il loro anti fascismo. La situazione è in subbuglio con la crisi dei partiti in primo piano ma una cosa chiara: il “barrage”, lo sbarramento a destra, ha funzionato e ha travolto anche l’ideologismo ottocentesco di Mélenchon». 

La scommessa – vinta – di Macron

«Già durante i mesi precedenti alle elezioni Macron era in grande difficoltà. Uno dei segnali principali di questa difficoltà si può leggere nell’aver attribuito al primo ministro francese, Gabriel Attal, il ruolo di “sottrarre” i voti alla destra, che in tutti i sondaggi diventava sempre più popolare», spiega Scavi. «Ma ora possiamo dirlo: quella di Macron, con la scelta di andare ad elezioni anticipate, è stata una scommessa vinta. Sembrava che il partito di ultra destra di Marine Le Pen fosse pronto a governare la Francia. E invece i risultati ci dicono tutt’altro. Certamente  Rassemblement National è riuscito a eleggere il numero più alto di deputati mai raggiunto nella sua storia. Sono stati 143, ma sono comunque molti meno di quelli che ci si aspettava. Marine Le Pen ne esce ridimensionata. Ma cosa succederà nel resto d’Europa? «I risultati delle elezioni francesi – mia anche quelli delle elezioni in Inghilterra che hanno visto il partito laburista posizionarsi primo – sono un buon segnale. Mi aspetto che ci sarà un’ondata anche nel Parlamento europeo per arginare l’estrema destra».

Credit foto: AP Photo/Thomas Padilla

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