Diritti

Il nuovo contratto della cooperazione sociale? «Dovrà segnare la svolta per i lavoratori del welfare»

L'intervento del presidente di Federsolidarietà/Confcooperative dopo la chiusura dell'accordo coi sindacati di cui è stati uno degli artefici: «L’inesorabile crescita delle diseguaglianze e delle fragilità, ci pone di fronte a una domanda crescente di risposte assistenziali, di cura ed educative che l'attuale sistema non è in grado di garantire»

di Stefano Granata

La recente sottoscrizione del rinnovo del contratto di lavoro delle cooperative sociali assume un carattere di straordinarietà tale da indurre a ritenerlo non solo il contratto leader di settore per il numero di persone coinvolte (400mila), ma un nuovo riferimento valoriale per il variegato panorama del lavoro sociale.

Il contesto attuale non permette tentennamenti: l’inesorabile crescita nel nostro Paese delle diseguaglianze, con il conseguente allargamento delle fragilità, ci pone di fronte a una domanda crescente di risposte assistenziali, di cura ed educative che non trova un sistema in grado di mettere in campo risorse umane ed economiche adeguate.

La complessità del passaggio contrattuale riflette plasticamente il dilemma imposto dal clima sociale: da una parte la sostenibilità delle imprese che si occupano di cura e, dall’altro, il continuo e sempre più massiccio esodo degli operatori verso ambiti lavorativi in grado di garantire la loro sopravvivenza economica.

Si può facilmente comprendere quanto fosse necessaria un’autentica svolta.

La prima urgenza era dettata da un’inequivocabile percezione che vede la professione sociale come il “lavoro povero”, con la particolare aggravante che le cooperative vengono tanto superficialmente quanto ingiustamente considerate i luoghi privilegiati dove i lavoratori sono malpagati o peggio sfruttati. Uscire da questo mood è fondamentale, non solo al fine di arrestare l’emorragia delle risorse umane migliori, ma soprattutto per dare fiato al ricambio generazionale. Certo non è sufficiente incrementare l’aspetto retributivo per l’affermazione di in reale appeal nei confronti dei giovani, ma siamo tutti consapevoli che viviamo in una società che interpreta il riconoscimento sociale anche dal punto di vista economico. Un incremento retributivo mai registrato prima nei precedenti rinnovi (+ 120 euro al mese per il livello C1), vuole essere una chiara evidenza del percorso intrapreso.  


Un secondo segnale importante va individuato in alcuni istituti che hanno voluto sottolineare quanto fosse essenziale per le cooperative sociali rendere il più concreto possibile il concetto storico della “persona al centro dell’organizzazione”, quale fondamento della mutualità interna ed esterna tipica del movimento. L’introduzione dell’istituto della quattordicesima, il riconoscimento della maternità al 100%, il raddoppio della quota per la sanità integrativa sono alcuni tra i punti fermi che indicano con inequivocabile chiarezza la direzione assunta.

Un terzo caposaldo è la rottura di uno schema. Da troppo tempo la Pubblica Amministrazione per via di priorità di scelte politiche di spesa pubblica e abituata da un Terzo Settore che usualmente rattoppa e rammenda “senza se e senza ma”, ha gestito il comparto sociale optando su affidamenti al massimo ribasso o comunque orientati al contenimento dei costi delle risorse umane, con il risultato di impoverire il sistema e abbassare la qualità dei servizi ai fragili. L’inversione di tendenza avviata dal contratto non potrà che dare vita ad una stagione di serio e, credo, anche deciso e determinato confronto con la politica e con le amministrazioni, che dovrà rivedere forzatamente le regole del gioco. Tutte le azioni possibili dovranno essere messe in campo, altrimenti si rischia di far implodere l’intera infrastruttura di welfare che faticosamente per decenni si è costruita, e di fronte alla quale non si intravedono alternative.

A tal proposito ritengo fondamentale un rinnovato rapporto con i sindacati confederali, con i quali sarà importantissimo costruire un forte patto di alleanza: le parti sociali, se sapranno lavorare ad una piattaforma comune orientata all’interesse generale, potranno fare la differenza rispetto alla domanda di un welfare sostenibile ed inclusivo.  Diversi istituti introdotti nel contratto ne danno chiara testimonianza, ora il passaggio al consolidamento di prassi territorio per territorio.

Si può comprendere da queste poche righe come non ci sia nulla di ordinario in questa stagione per le cooperative sociali e siamo solo al primo passo. Serviva buttare il cuore oltre l’ostacolo, l’abbiamo fatto! Guardiamo avanti con operosa fiducia. 

Foto: archivio VITA

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