Sostenibilità
Il nucleare? Un miraggiobE pure molto costoso
ricette sbagliate Atomo, un'alternativa impraticabile
di Redazione
Tempi biblici per la costruzione degli impianti e della filiera. E conti salatissimi. Che all’Italia costerebbero l’abbandono di altre fonti più economiche. E più pulite
I l rilancio di una prospettiva di una diffusione estesa dell’energia nucleare in Italia ci impone la verifica tecnica delle motivazioni addotte dai promotori di questa scelta. Essi sostengono che il nucleare possa essere una risposta all’attuale elevato costo dell’elettricità in Italia, che rende la nostra industria meno competitiva di altre. Questa che sembra a prima vista una tesi credibile, in realtà è molto azzardata, per due semplici motivi.
Denaro…
Il primo motivo è che si tratta di una affermazione fondamentalmente non vera, basata sul basso costo dell’uranio arricchito, ma che non tiene conto degli elevati costi dell’intera filiera nucleare, compreso lo smantellamento degli impianti a fine vita e la gestione delle scorie, che solitamente vengono sostenuti dai governi e quindi dai cittadini. Già nel 2001 l’ Economist osservava che l’energia nucleare, un tempo era proclamata talmente poco costosa da rendere difficile una sua valutazione, oggi tanto costosa per essere presa in considerazione, economica da gestire ma costosa da costruire.
Da allora è divenuto molto più alto il costo di costruzione degli impianti, ed in pochi anni, quando i giacimenti di uranio relativi agli attuali contratti saranno esauriti e si dovrà ricorrere a giacimenti più profondi e con minor concentrazione di materiale, diverrà anche molto più alto il costo di gestione; il costo del combustibile nucleare negli ultimi dieci anni è cresciuto di ben sei volte. Amory B. Lovins ed Imran Sheikh, nel loro studio intitolato The Nulla Illusion , sostengono che già oggi (2008) il kWh nucleare costi 14 centesimi di dollari, il doppio di un grande impianto eolico. Un altro punto di debolezza del nucleare sono gli elevatissimi costi assicurativi. Si comprende allora perché negli Usa, Paese in cui l’industria energetica non riceve sovvenzioni pubbliche, non sono in programma nuove centrali e perché l’International Energy Agency, nelle sue previsioni al 2030, non preveda un incremento su scala mondiale dell’attuale modesto apporto del nucleare (6,5% dei consumi di energia primaria).
…e tempo
Il secondo motivo riguarda i tempi di costruzione da zero di una filiera nucleare, che comprende impianti di arricchimento, riprocessamento del combustibile utilizzato, condizionamento delle scorie e stoccaggio temporaneo, deposito finale. Una filiera così onerosa e complessa è giustificabile a fronte della realizzazione di almeno 15mila MW di potenza. Trovare in un Paese geologicamente attivo come l’Italia siti che soddisfino i requisiti di stabilità geologica necessari, dotati dell’abbondante disponibilità di acqua per il raffreddamento richiesto da questo tipo di impianti, e contemporaneamente molto distante da grossi centri abitati per motivi di sicurezza, è impresa non da poco, che richiederà alcuni anni. Fatto ciò, se è vero che tecnicamente è possibile costruire ed avviare una centrale in circa cinque anni, assai più complessa è la realizzazione dell’impiantistica relativa alle altre fasi della filiera (quelle a monte ed a valle della centrale). A meno che non si pensi di fare affidamento sulla filiera francese; in tal caso ci porremo di nuovo in una situazione di totale dipendenza da un Paese estero, benché amico. Realisticamente prima di dieci anni è difficile aspettarsi che venga messo in rete il primo kWh nucleare.
I massicci investimenti richiesti da questa operazione renderebbero difficile recuperare il ritardo del nostro Paese su tecnologie come quella fotovoltaica che sono, secondo gli investitori, le più promettenti nel prossimo decennio, con costi che – all’opposto di quelli nucleari, in rapida ascesa – tendono ad una rapida discesa.
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