Sostenibilità

il nucleare al prezzo di 2 Finanziarie

Greenpeace, WWF e Legambiente unite contro la proposta Scajola. Per questioni di portafoglio

di Redazione

Non è solo questione di tutela ambientale. Se l’argomento ecologista non fa breccia nel cuore dei nostri politici, allora forse è meglio fare due conti. Il ritorno all’atomo costa troppo e non riduce la bolletta energetica. Un dossier a una voce delle tre principali associazioni ambientaliste italiane (WWF, Legambiente e Greenpeace) spiega che riaccendere i reattori costerebbe tra i 30 e i 50 miliardi di euro, tra installazioni di centrali e costruzione da zero dell’intera filiera. All’incirca come due finanziarie, che verrebbero sostenute quasi esclusivamente con soldi pubblici «per un sistema che andrebbe a regime, facendo effettivamente risparmiare, solo tra trent’anni, cioè circa sette anni dopo la normale durata di un reattore nucleare», spiega Giuseppe Onufrio, direttore delle campagne Greenpeace.
Non basta. Gli investimenti statali nel settore toglierebbero risorse alle altre fonti rinnovabili, con tanti saluti agli accordi comunitari e alle dinamiche di libero mercato.
Secondo le stime dell’Agenzia internazionale dell’energia, infatti, dal 1992 al 2005 nei Paesi Ocse il nucleare da fissione ha usufruito del 46% degli investimenti per ricerca, mentre alle rinnovabili è stato destinato solo l’11%. In più, in Paesi come gli Stati Uniti e la Finlandia il rilancio del settore sarà possibile grazie a cospicui investimenti pubblici. «Nonostante questo, il consorzio finlandese che sta sperimentando il nucleare di quarta generazione è attualmente in forte perdita», aggiunge Onufrio. Così persino l’Aiea ha previsto per i prossimi anni una riduzione del peso dell’atomo nella produzione elettrica mondiale, dal 15% del 2006 a circa il 13% del 2030.
Ma allora perché il governo insiste sul ritorno all’uranio? Per il direttore del WWF, Michele Candotti «l’idea di fondo è quella di dare libero spazio agli investimenti sul nucleare all’estero e dall’estero. A oggi, per pensare seriamente al nucleare, ci vorrebbero un sistema decisionale forte e centralizzato e una gestione efficiente del territorio, ma mi sembra che l’Italia sia ancora lontana da queste condizioni». Ancora più duro Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale Legambiente: «Il piano del governo ha come semplice obiettivo quello di permettere all’Enel di entrare massicciamente nel mercato mondiale», accusa. «Non c’è un vero programma perché oggi è impossibile da realizzare».
Così le tre associazioni continuano a promuovere un sistema diverso. «Dobbiamo puntare su una produzione distribuita attraverso un mix flessibile di fotovoltaico, solare ed eolico», conclude Cogliati Dezza, «ma non si può prescindere da una seria politica di efficienza energetica».

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