Mondo

Il Nord Kivu muore e il mondo tace

di Giulio Albanese

Il settore orientale della Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) è tornato ad essere un inferno in cui Lucifero continua a fare il bello e il cattivo tempo grazie anche alla latitanza della grande stampa internazionale. La denuncia viene dall’Ong italiana Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (Vis), legata alla congregazione dei salesiani, in un comunicato diffuso un paio di giorni fa, di cui riporto un estratto. Sarebbe auspicabile che qualche giornalista di buona volontà lo leggesse attentamente!“Tredici anni di guerra nonostante gli accordi di pace di 2 anni fa, 5 milioni di morti e un numero imprecisato di feriti, migliaia di sfollati, tanti i campi gestiti dall’UNHCR e quelli nati spontaneamente intorno a Goma, centinaia le donne e i bambini segnati dalle violenze, altrettanti i ragazzi-soldato: una tragedia umanitaria quella del Nord Kivu senza fine, perpetrata nel silenzio più assoluto dei media occidentali”.“La popolazione di Goma, che si era mostrata, due anni fa, piena di fiducia per un futuro complesso ma di pace, è piombata in uno sconforto e una rabbia senza limiti: mercoledì scorso è scesa nelle piazze gridando contro i soldati della Monuc, colpevoli di aver avviato una serie di traffici illeciti con i signori della guerra, e contro chiunque, a loro giudizio, siano colpevoli di questo stato di cose. Senza contare che la scorsa settimana un tifone ha spazzato via in un’ora alberi, pali elettrici, case. Intanto i campi degli sfollati gestiti dall’Unhcr accolgono migliaia di persone, con un incremento del 30 percento di arrivi negli ultimi 15 giorni. Molti sono provenienti dall’intera area di Sasha, villaggio a 20 chilometri da Goma, dove si fronteggiano l’esercito Governativo contro quello di Nkunda, mentre la Monuc li respinge cercando di non farli entrare in città. La gente dei campi, non essendo per l’Istituzione dell’Onu riconosciuta con la qualifica di rifugiato, ma semplicemente di sfollato, non ha diritto nel campo alle scuole per i bambini, all’ospedale, alla protezione dalle incursioni e le violenze notturne dei soldati presenti tutt’intorno ai campi. Non solo, all’inizio della scorsa settimana erano già due giorni che non ricevevano i viveri, ma ai tanti della fila dei nuovi arrivati venivano consegnate 2 coperte, 2 stuoie, una tanica per l’acqua e un pezzo di sapone. Al Centro Don Bosco di Ngangi, area situata per i responsabili della sicurezza in zona rossa, presso il quale, da oltre vent’anni, sono ospitati i minori appartenenti a tutte le etnie e provenienti anche da zone remote del Paese, oggi sono accolti circa 3mila bambine e bambini, ragazzi e ragazze tra gli interni e gli esterni. Tra gli ultimi arrivati una ventina di ragazzi-soldato riparati qui dopo un’incursione alla Caritas di alcuni militari per prenderli e rinserirli tra le loro fila e ancora una decina di ragazzine violentate che in grembo o tra le loro braccia portano i frutti di mesi di violenze e soprusi. Da lunedì 6 ottobre presso il Centro tutti giorni arrivano a scuola un gruppo di 800 nuovi bambini e ragazzi, figli degli sfollati che vivono a ridosso del Centro Don Bosco. Le famiglie, con grandi sacrifici, hanno chiesto a don Mario Perez, direttore del compound, di poter far studiare qui i loro ragazzi, ma ciò significa altri insegnanti da impiegare e altre bocche da sfamare per l’unico pasto della giornata. ‘Il silenzio sulla guerra del Nord Kivu non solo è assordante, ma oltremodo colpevole, poiché nasconde e giustifica le scelte miopi di geopolitica delle cancellerie occidentali e la rapina economica perpetrata ai danni di una popolazione che vive su una terra tra le più ricche di risorse minerarie del mondo’. Ha dichiarato Massimo Zortea, presidente del VIS”.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.