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Il non senso delle “adozioni a distanza”: care Ong attente all’uso delle parole

Chi ha adottato sa meglio di chiunque altro che l’adozione è un’esperienza di vita non confondibile con altre; e si fonda sulla vicinanza. Il sostegno a distanza è un altro strumento e non può trasformarsi per ragioni di marketing in una pur suggestiva “adozione”

di Nino Sergi

Adotta un bambino o una bambina a distanza. Bastano solo 0,83 € al giorno”. “Adottandoli, con 25 € al mese doni loro un futuro”. “Attiva subito la tua adozione”… Ci sono pagine e pagine sul web con un uso, a mio avviso improprio e sconveniente, della parola “adozione”.

Che ciò – indubbiamente con finalità nobili e solidaristiche anche se con tecniche di marketing discutibili – sia il prodotto di organizzazioni di cooperazione allo sviluppo e di solidarietà internazionale da anni impegnate nella costruzione di partenariati e nell’affermazione della pari dignità dei partner, lascia davvero perplessi. Il marketing ha preso il sopravvento sul dovere di un’attenta comunicazione e sull’uso di parole e immagini, anche se inopportune come più volte fatto notare da organizzazioni della società civile dei paesi che si intendono aiutare o da comunità delle Diaspore in Italia?

Da tempo sento un forte imbarazzo di fronte all’uso così svigorito della parola “adozione” abbinata con “a distanza”. Spesso, a commento di post che invitano a tale prezioso e fecondo gesto di solidarietà, scrivo frasi del genere: «Ancora il termine “adozione” invece di “sostegno”! L’adozione è altra cosa: chi ha adottato lo sa bene e chiede che le cose non si confondano. “Adozione” e “distanza” fanno a pugni».

Chi ha adottato sa meglio di chiunque altro che l’adozione è un’esperienza di vita non confondibile con altre; e si fonda sulla vicinanza. Le parole adozione e distanza sono una contraddizione in termini.

Certo, la parola adozione è più forte di sostegno, ma rischia di essere anche meno trasparente. Anche le immagini ‘forti’ colpiscono più di altre, ma esprimono solo negatività. Queste stonature dovrebbero rappresentare un problema per organizzazioni che fanno della trasparenza uno dei propri punti cardine e della corretta comunicazione delle realtà dei Paesi in cui operano – che comprendono situazioni di grave bisogno ma anche di straordinari progressi e innovazioni – uno dei loro principali obiettivi. Sono tutte organizzazioni benemerite, almeno quelle che conosco. Perché quindi una tale dismisura? E perché insistere su adozione, pur sapendo che si tratta di ben altra cosa?

Anche La Gabbianella, il coordinamento delle organizzazioni per il sostegno a distanza SAD, nel proprio sito invita indirettamente ad abbandonare la parola “adozione” per utilizzare la più inequivocabile e vera parola “sostegno”. “Inizialmente l’espressione utilizzata per definire questo strumento di solidarietà era “Adozione a Distanza”; tuttavia molte associazioni oggi scelgono di sostituire l’ambigua parola “adozione” con “sostegno”. Il termine “adozione”, infatti, evoca un rapporto che fa sentire il sostenitore come un “genitore” lontano e il beneficiario come il nuovo figlio, mentre il vero significato del Sostegno a Distanza prescinde da un simile legame e non può essere all’insegna di un rapporto mosso dall’emotività o dal pietismo. Dall’idea di genitore (fondamentalmente equivoca anche perché i beneficiari spesso hanno già una famiglia o a volte sono famiglie stesse o intere comunità) si è passati a quella di sostenitore, nonostante alcune associazioni continuino a parlare di “figli a distanza”.

Sarebbe auspicabile che le Organizzazioni, specie quelle più conosciute, più preparate, più capaci, siano attente all’uso delle parole e immagini, anche per essere di esempio alle altre e per evitare occasioni di ulteriore e più ampio biasimo. Il sostegno a distanza non può trasformarsi per ragioni di marketing in una pur suggestiva “adozione”.

Una piena trasparenza del linguaggio e una maggiore attenzione alla comunicazione, anche visiva, sarebbero un regalo agli stessi sostenitori e a tutti coloro che credono nel valore e nell’indispensabilità della cooperazione internazionale allo sviluppo e dell’aiuto solidaristico.


*presidente emerito di Intersos

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