Non profit
Il non profit vuole i fatti
Una nuova legge sull'assistenza,quelle sull'infanzia e la famiglia.E ancora:le Fondazioni,lo statuto del socio-lavoratore,i fondi alle cooperative sociali di tipo B.
Non profit e occupazione: si tratta ormai di un matrimonio solido, destinato a durare a lungo. Lo sostengono autorevoli studi in circolazione (per esempio il ?Libro bianco? di Delors, ?La fine del lavoro? di Rifkin, numerosi saggi di Amartya Sen) che spiegano perché, a causa dei noti ?fallimenti? del mercato e dello Stato, la domanda crescente di beni e servizi ad alto contenuto di lavoro umano (assistenza socio-sanitaria, tutela ambientale, ricerca scientifica, ecc.) possa essere soddisfatta prevalentemente da organizzazioni senza scopo di lucro.
Lo riconoscono, seppur implicitamente, gli industriali quando affermano (come fa Emma Marcegaglia sul n. 9 di ?Vita?) che il Terzo settore contribuisce a ridurre significativamente il peso della presenza pubblica nell?economia e nei servizi alla persona. Ne sono ben consapevoli gli enti locali, i quali non solo risparmiano preziose risorse ?appaltando? ad organizzazioni non profit l?erogazione di tutta una serie di servizi di cura alla persona, ma spesso utilizzano la leva del non profit per ?assorbire? lavoratori in esubero in altri settori produttivi.
E la politica che abita in Parlamento e nel ?Palazzo? cosa ne pensa delle potenzialità occupazionali che presenta il Terzo settore? E, più in generale, che ruolo attribuisce all?economia civile nello sviluppo socio-economico del Paese? Quali provvedimenti intende varare per agevolarne la diffusione? Di questo hanno discusso parlamentari ed operatori del settore, alla Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati, nel corso del seminario ?Non profit e occupazione?, organizzato dalla Commissione affari sociali della Camera per fare il punto sull?indagine conoscitiva sul Terzo settore promossa dalla stessa Commissione oltre un anno fa ed i cui lavori sono appena terminati (14 audizioni, 40 relatori esterni invitati a parlare, tra questi i massimi esperti nazionali ed internazionali di non profit compreso il Nobel per l?economia Amartya Sen). Ne è emersa una duplice, generalizzata volontà: accelerare il passo sulle cose da fare per favorire l?incremento dei posti di lavoro creati dall?economia civile, moltiplicare le occasioni di confronto e di dialogo tra chi fa le leggi e chi quotidianamente deve applicarle.
«Stiamo vivendo una fase cruciale per quanto riguarda lo sviluppo del non profit nel Paese», ha esordito introducendo i lavori del seminario Vasco Giannotti, presidente della Commissione Affari sociali della Camera e coordinatore della neonata Commissione ministeriale istituita da Bassolino con lo scopo di monitorare le ricadute occupazionali del Terzo settore, «si cominciano a manifestare, pur tra non trascurabili difficoltà applicative, i primi positivi effetti della legge sulle Onlus, sono in dirittura d?arrivo una serie di provvedimenti importanti come la nuova legge quadro sull?assistenza, i decreti legislativi di riforma delle fondazioni bancarie, la legge sull?infanzia».
Se però le misure nuove necessitano di tempi non sempre brevi prima di essere emanate, ve ne sono altre già pronte che richiedono solo un ultimo ?sforzo?. Per esempio: «L?articolo 51 del collegato alla Finanziaria prevede la possibilità per la Ig di finanziare le cooperative sociali di tipo B», ha ricordato Carlo Borgomeo, presidente della Società per l?imprenditorialità giovanile. «Finora siamo rimasti bolccati», ha ricordato Borgomeo, «perché i ministeri del Lavoro e degli Affari sociali non hanno ancora emanato i decreti di attuazione. Mi auguro che presto ciò possa avvenire». E con lui se lo augurano le oltre 2000 cooperative sociali di tipo B.
Vi è anche un altro provvedimento che attende da mesi di diventare legge dello Stato, il disegno di legge sul socio lavoratore. «Il non profit crea occupazione», ha sottolineato Costanza Fanelli di Legacoop, «laddove vi è una domanda inevasa che né Stato né imprese riescono a soddisfare pienamente». «Per questo», ha proseguito, «per promuovere la nascita di nuovi posti di lavoro c?è bisogno, da un lato, di incentivare questa domanda, per esempio attraverso la concessione di bonus ai cittadini per l?acquisto di prestazioni socio-sanitarie, dall?altro di rendere sempre più trasparenti le organizzazioni non profit affinché i potenziali ?clienti? si rivolgano loro con fiducia. Fare chiarezza perciò sulla figura del socio lavoratore può rappresentare un utile contributo in tal senso». Di un simile avviso si è mostrato anche Domenico Lucà, vice presidente del gruppo parlamentare dei Ds e già vice presidente delle Acli: «La crescita dei posti di lavoro nel Terzo settore passa anche attraverso l?emersione del sommerso che una buona regolamentazione della figura del socio lavoratore può contribuire ad eliminare facendo recuperare, inoltre, gettito tributario». «Credo tuttavia» ha aggiunto Lucà, «che altrettanta attenzione vada posta su un?altra questione di fondamentale importanza, le politiche di sostegno alle famiglie. Mettere le famiglie in condizione di dedurre fiscalmente le spese sostenute per prestazioni di cura ai bambini, agli anziani non autosufficienti, ai portatori di handicap, vuol dire accrescere la domanda di beni e servizi erogati dalle organizzazioni senza scopo di lucro e, nel contempo, il grado di civiltà del nostro Paese».
Il dibattito ha registrato, insomma, un?ampia disponibilità al confronto, tanti propositi, una forte volontà della ?politica? di svolgere fino in fondo la propria parte. Adesso il vero banco di prova è rappresentato, come sempre del resto, dai fatti che seguiranno (o meno) alle buone intenzioni.
Governo, non fare il timido
Quando si parla di Terzo settore come strumento per creare opportunità di lavoro è importante riflettere non solo sull?aspetto quantitativo del fenomeno ma anche su quello qualitativo. Il primo è il più visibile: negli ultimi anni gli addetti nel non profit sono progressivamente aumentati sino a raggiungere il 3% sul totale degli occupati. Ed anche se i confronti con gli altri Paesi ci vedono ancora nelle posizioni di coda, bisogna tener conto che per esempio negli Stati Uniti, dove la percentuale sale a circa il 9% il sistema scolastico e universitario è in buona parte non profit. C?è però da sottolineare anche un altro aspetto, più propriamente qualitativo: le organizzazioni senza scopo di lucro rappresentano un ?luogo? dove la qualità delle relazioni interpersonali e le gratificazioni sono particolarmente elevate. Ne deriva che un numero sempre maggiore di persone gradirebbe lavorarci, a costo anche di rimetterci qualcosa dal punto di vista economico. Anche l?Unione europea ha riconosciuto la dimensione imprenditoriale delle imprese sociali inserendo, con la Sovvenzione Globale Oasis, per la prima volta a pieno titolo le aziende di solidarietà tra le destinatarie delle risorse comunitarie finalizzate allo sviluppo delle piccole e medie imprese. E proprio allegato a questo numero di Vita trovate il bando della sovvenzione Oasis. Ebbene, a fronte di segnali così positivi ci si aspetterebbe un sostegno pieno del legislatore e del governo . Invece prevale ancora un atteggiamento diffuso di eccessiva ?prudenza?: da un lato si concede qualche agevolazione, dall?altra però si impongono tutta una serie di condizioni che in concreto, anziché incentivare la crescita del non profit finiscono per penalizzarla ulteriormente. Basti pensare al fatto che il fisco attribuisce lo status di Onlus solo ai consorzi di cooperative sociali composti al 100% da cooperative sociali mentre invece la stessa legge 381/91 si limita a fissare un tetto del 70% per riconoscere tali consorzi. Mi auguro che presto simili ?diffidenze? scompaiano e lascino il posto ad un autentico sostegno pubblico alle imprese sociali.
amministratore delegato di Cosis, Compagnia sviluppo imprese sociali
Le performance
L?occupazione nel Terzo settore
anno:1990 n° persone retribuite:400.000 forza lavoro:1,8%
anno:1995 n° persone retribuite:580.000 forza lavoro:2,6%
anno:1997 n° persone retribuite:690.000 forza lavoro:3,1%
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.