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Il non profit riparta dal proprio vissuto per intercettare i nuovi bisogni
Secondo uno dei fondatori di Cesvi e presidente di Aragorn, società di servizi e consulenza per il Terzo settore, le associazioni possono svolgere un ruolo chiave per reagire all’emergenza da Coronavirus. A patto che sappiano mettere a frutto la propria esperienza per crescere e rinnovarsi.
Era la fine di dicembre del 2004. Lo tsunami si era appena abbattuto sulle coste dell’Oceano Indiano, travolgendo Indonesia, Sri Lanka, India e Thailandia, non risparmiando neppure le coste dell’Africa Orientale. Il Cesvi lavorava giorno e notte per organizzare gli aiuti e capire come raggiungere le popolazioni colpite.
Di tutte le emergenze che mi sono trovato ad affrontare, il maremoto del 2004 è sicuramente quello che mi ricorda più da vicino l’epidemia in corso nel nostro Paese: tutta l’Italia è stata travolta da un gigantesco tsunami, che si chiama Covid-19 e ha come epicentro la Lombardia. È la prima volta che mi trovo davanti a un’emergenza di tale portata dentro i confini nazionali.
Una situazione eccezionale che mi colpisce particolarmente: sono nato e vivo infatti in quello che in questo momento è il territorio più colpito, la bergamasca. In città e in provincia tutti conosciamo almeno una persona che si è ammalata; che l’Eco di Bergamo sia arrivato a pubblicare ben 11 pagine di necrologi nelle edizioni di questi giorni è ormai cosa nota.
Il sistema sanitario italiano sta resistendo strenuamente, con medici, infermieri e tutto il resto del personale schierati in prima linea, a dimostrare un attaccamento e una cura della cittadinanza che hanno dell’incredibile. Gli ospedali e le persone che ci lavorano stanno dando il meglio, ma hanno bisogno di aiuto per continuare a farlo.
In questa situazione la pronta e concreta risposta del Terzo settore è fondamentale.
Il Cesvi è partito dall’esperienza e dalle competenze acquisite in 35 anni di gestione delle emergenze in tutto il mondo. È andato, o meglio è rimasto, dove c’era più bisogno: nella sua città, Bergamo. Ha attivato una raccolta fondi per l’Ospedale Papa Giovanni XXIII, una struttura moderna ed efficiente, un’eccellenza internazionale che in questo momento versa in una situazione di importante stress, ma deve continuare a dare una risposta ai bisogni della città. Ha deciso di sostenere la popolazione più vulnerabile del territorio con due progetti, a Bergamo e a Milano, per rafforzare le prestazioni a sostegno degli over 65 a domicilio.
Come nel dicembre del 2004, Cesvi lavora senza sosta per gestire l’emergenza e offrire la migliore risposta possibile a una popolazione che si è trovata in una situazione di estrema difficoltà. L’unica differenza è che questa volta lo si fa da remoto, ognuno, per ovvie ragioni, da casa propria: ma il desiderio di fare è talmente tanto che è come essere tutti insieme nella stessa stanza 24 ore su 24, a scambiarsi idee e costruire progetti per fornire aiuto concreto.
La solidarietà dimostrata da tutta la popolazione italiana non ha eguali nella storia recente: la campagna di raccolta fondi attivata da CESVI su gofundme.com, lanciata da pochi giorni, è già arrivata a quasi 500mila euro, su un obiettivo totale di 1 milione di euro. Tantissimi cittadini si sono mobilitati per Bergamo e la Lombardia anche se risiedono in altre Regioni d’Italia: la consapevolezza che tutti dobbiamo fare la nostra parte per la salute pubblica e la necessità di contribuire al supporto del sistema sanitario sono ormai ben presenti a tutta la popolazione. Fare affidamento solo sulla generosità spontanea, però, non è sufficiente. Gli enti e le organizzazioni non profit devono attivarsi con rapidità ed efficienza per costruire campagne di raccolta fondi e comunicazione in grado di intercettare il desiderio di tutti di contribuire alla lotta contro il coronavirus. Dall’osservatorio di Aragorn sto vedendo realtà muoversi e attrezzarsi per far fronte a questo momento, ma tanto ancora si può fare e fermarsi ora non è un’opzione possibile.
Cesvi ha una storia lunga che ha sicuramente aiutato a reagire con prontezza di fronte all’emergenza. La gestione di eventi eccezionali come lo tsunami del 2004 o ancora prima la grande carestia che ha colpito la Corea del Nord nel 1997 sono solo alcune delle iniziative che hanno fornito all’organizzazione una solida base da cui partire per affrontare l’epidemia in corso in questo momento in Italia.
Tutte le organizzazioni non profit, così come le istituzioni sanitarie e gli enti di ricerca, hanno però una storia: hanno idee, progetti, esperienze, persone formate e competenti che stanno accanto ai più fragili tutti i giorni, e non solo nell’emergenza. Nel corso della mia lunga esperienza nel campo del sociale, e anche adesso come presidente di Aragorn, ho avuto modo di vedere la capacità di tante organizzazioni di individuare prontamente nuovi bisogni, di aggiornare il proprio operato per essere sempre in prima linea nel sostegno alla popolazione più vulnerabile e arrivare dove c’era più necessità: senza per questo dimenticare i propri principi. È quindi essenziale partire dal proprio vissuto per reagire all’emergenza: non stravolgere la propria identità, ma partire da quella e da ciò che si è imparato negli anni per costruire risposte rapide, concrete ed efficienti.
*presidente onorario di Cesvi e presidente di Aragorn
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