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Il non profit nella giungla dei registri

Sono oltre un centinaio, ripartiti tra Regioni, Province, Camere di commercio: i diversi albi degli enti del terzo settore creano ingiustizie e scarsa trasparenza. La denuncia dell'Agenzia onlus

di Benedetta Verrini

Costituire una fondazione attiva a livello nazionale può rivelarsi impresa di portata diversa a Lecce rispetto a Trento. Nel capoluogo salentino, infatti, non è richiesto che l?ente abbia alcun patrimonio minimo prestabilito ma si verifica solo, come prescrive la legge, l?adeguatezza delle risorse alle finalità prestabilite. Salendo a Como si dovrà disporre, indipendentemente dagli scopi, di un patrimonio minimo di 40mila euro. Giunti a Trento, poi, si dovrà sborsare almeno 103mila euro.

È solo uno dei quotidiani paradossi legati al meccanismo delle registrazioni richieste alle varie organizzazioni del non profit, messi in evidenza dall?Agenzia delle onlus nell?ambito di una ricerca (I registri delle organizzazioni del terzo settore: garanzie per i cittadini, trasparenza ed equità delle procedure), presentata ufficialmente a Roma giovedì 10 novembre.

Situazione esplosiva
La ricerca era diretta a verificare la funzionalità e la trasparenza dei registri per le organizzazioni non profit.

Il primo passo è stato quello di censirli, visti i tanti soggetti operanti nel settore, dalle ong alle associazioni di volontariato, fino alle fondazioni (l?indagine ha lasciato fuori solo gli enti di promozione sociale, che pure hanno i loro registri). «Esistono in Italia oltre 300 registri o anagrafi, ciascuno con la propria definizione territoriale, regionale o addirittura provinciale, e ciascuno con il proprio ?custode?: in genere un organismo amministrativo decentrato e non coordinato con gli altri», spiega a Vita il professor Gian Paolo Barbetta, consigliere dell?Agenzia, che ha curato la ricerca.

Ci sono così i registri prefettizi delle persone giuridiche, i registri delle cooperative sociali presso le Camere di commercio, i registri regionali (o provinciali) delle organizzazioni di volontariato, ma poi anche l?elenco delle ong presso il ministero degli Esteri e l?Anagrafe unica delle onlus. A quest?ultimo, tra l?altro, l?Agenzia delle onlus non può nemmeno accedere, perché tenuto, presso il ministero dell?Economia, dall?Agenzia delle entrate (che, per inciso, non ha neanche voluto collaborare alla realizzazione di questa ricerca).

«Questa incredibile proliferazione di albi», prosegue Barbetta, «rende la situazione veramente esplosiva. Siamo di fronte a un sistema burocratico estremamente sofisticato, in cui le prassi amministrative differenti, la carenza d?organico e l?impreparazione del personale, insieme a un sistema legislativo complesso, conducono al black out».

Le conseguenze più evidenti sono «la mancanza di garanzia e di trasparenza verso l?esterno», spiega il consigliere. Dal momento che solo «verificando la registrazione di un ente, il cittadino può essere rassicurato dal fatto che l?organizzazione si è costituita secondo tutti i parametri di legge. Inoltre, i registri svolgono una funzione di garanzia solo in quanto possono essere facilmente accessibili, pubblici e in grado di veicolare informazioni certe e aggiornate».

Accedere a un qualsivoglia registro, attualmente, non è impresa facile: basti pensare che appena il 4,9% delle prefetture ha messo online il registro delle persone giuridiche (e solo il 2,9% quello delle coop sociali). Un po? meglio va con le organizzazioni di volontariato, i cui registri si trovano su internet nel 76,5% delle regioni e nel 71,4% delle province, ma in molti altri casi tali elenchi sono consultabili solo in forma cartacea, recandosi alla sede dell?ufficio registrante e talvolta solo previa richiesta scritta. Con buona pace di chi nel non profit si batte per la trasparenza.

Iscrizioni senza equità
«E poi, resta il gravissimo problema dell?equità interna», aggiunge Barbetta. «Cioè il fatto che il percorso amministrativo che porta alla registrazione oggi non funziona nello stesso modo a Lecce come a Trento. Così, succede che a enti del tutto simili sul piano giuridico siano richiesti requisiti differenti per potersi iscrivere e per accedere ai benefici di legge». Inutile dire, inoltre, che al caos amministrativo che governa l?accesso ai registri, segue un identico caos per quanto riguarda i successivi meccanismi di controllo (basta pensare alla ?schizofrenia? delle diverse Direzioni regionali delle entrate nella cancellazione delle organizzazioni dal registro delle onlus: in alcune regioni si usa il ?pugno di ferro? e in altre no, con evidenti discriminazioni per i soggetti che ne subiscono le conseguenze).

Che fare? In questo senso, il presidente dell?Agenzia per le onlus, Lorenzo Ornaghi, è stato estremamente chiaro: «Bisogna intervenire alla radice. La gestione dei registri deve avvenire in modo corretto e uniforme su tutto il territorio nazionale».

Potenziare l?Agenzia
L?Agenzia delle onlus, in questo senso, è pronta a chiedere al legislatore un ?salto di qualità?: «Nella prospettiva di una riforma unitaria della legislazione in materia di non profit», ha dichiarato Ornaghi, «avrebbe senso riflettere sulla possibilità di concentrare nelle mani di un unico soggetto i compiti di riconoscimento, registrazione e vigilanza sugli enti del terzo settore. L?Agenzia delle onlus presenta tutte le caratteristiche atte a svolgere un simile ruolo, in seguito ad alcuni semplici ritocchi normativi».

Insomma, anche in mancanza dell?attesa legge quadro sul settore, che richiederebbe tempi lunghi d?approvazione, un ?potenziamento? delle funzioni dell?Agenzia in veste di soggetto coordinatore di tutti gli organismi depositari dei registri, si rivelerebbe un grande passo avanti. «Ciò non significa, naturalmente, che l?Agenzia voglia acquisire poteri di controllo ?poliziesco? o sindacare l?operatività delle associazioni», precisa Barbetta. «Significa solo che intende farsi garante del rispetto dei requisiti minimi e comuni a tutte le realtà che operano nel terzo settore. Credo sia anche nell?interesse delle organizzazioni non dover passare la metà del proprio tempo a capire a che registro iscriversi. E, soprattutto, avere la garanzia che tutte le realtà iscritte siano ugualmente meritevoli dei benefici e della fiducia dei cittadini».

I dati
Albi a gogò. Ecco tutti i numeri

21 registri regionali delle odv (di cui 5 ripartiti in 38 sezioni provinciali)
18 albi regionali delle coop sociali (di cui 2 ripartiti in 18 sezioni provinciali)
103 registri delle coop presso le Camere di commercio
124 registri prefettizi delle persone giuridiche
20 registri regionali delle persone giuridiche
1 elenco delle ong presso il Mae
1 anagrafe unica delle onlus presso il ministero dell?Economia
(NB: sono esclusi dalla ricerca i registri delle aps, anche questi a diffusione nazionale e regionale)

black out di funzioni:
– I registri non sono coordinati tra loro
– In Italia c?è una difformità di prassi d?iscrizione per soggetti simili
– Sono scarsamente accessibili al pubblico e online
– Unica causa comune di cancellazione: estinzione o trasformazione dell?ente

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