Non profit
Il non profit ha deciso, vogliamo una Turco-bis
Consenso sulla ministra: ha lavorato bene, resti
Illustrissimo signor ministro, auspichiamo che Le venga riconfermato l?incarico che con tanto impegno Ella ha svolto… No, non ci siamo. L?appello del Terzo settore alla ministra Turco non è vestito di ufficialità. Più che in carta bollata sembra scritto a penna su un foglio a quadretti, e suona più o meno così: Livia non ci lasciare. Tanta è la familiarità che ha legato in questi due anni e mezzo il mondo dell?associazionismo e questa ministra, che a detta di tutti è la prima ad aver intuito il ruolo che la società civile poteva e doveva avere nelle decisioni che contano. Così ha aperto le porte del palazzo a tanti rappresentanti di associazioni ed enti non profit. E oggi il non profit la ripaga con un augurio («rimani») che è più simile a un plebiscito, tanto è unanime. Non solo da parte di chi ha votato Ulivo e lo voterebbe ancora, ma anche da chi votò Polo e lo rivoterebbe. Un consenso davvero bulgaro.
Ma come ha fatto Livia Turco ad accattivarsi tante simpatie? I provvedimenti che ha preso sono sotto gli occhi di tutti: dal piano minori alla legge di sostegno per disabili gravi, al reddito minimo di inserimento alla legge sugli immigrati. Ma non è solo questo. «Livia Turco ha trasformato un ministero tradizionalmente di serie B in uno dei punti di innovazione e di rapporto con la società più avanzati d?Italia» analizza Nuccio Iovene, coordinatore del Forum del Terzo settore. «D?ora in poi chiunque sarà il prossimo ministro (ma io spero che sia ancora lei) non potrà fare finta di niente, dovrà ripartire da questo scarto culturale». Un mutamento di rotta che ha ?costretto? il governo a dotare di un portafoglio (il cosiddetto fondo sociale) un ministero che non l?aveva mai avuto, e ha prodotto anche la firma del patto del governo con il Terzo settore siglato a Padova il 18 aprile scorso.
Ora, con la crisi ancora in atto mentre scriviamo, nulla è più certo. Forse anche per questo il Terzo settore rimpiange Livia. «La ministra è venuta a un nostro convegno il giorno dopo la crisi» dice Ernesto Caffo, presidente di Telefono azzurro. «E tutta l?assemblea era scossa dal fatto che il suo lavoro potesse essere interrotto da un momento all?altro. Le politiche sociali hanno bisogno di stabilità e continuità, di un gruppo di lavoro affiatato che sappia cogliere le sollecitazioni della società. Lo staff della ministra ha fatto tutto questo, e ora il percorso iniziato deve proseguire con le stesse modalità. Cioè con quella autorevolezza capace di togliere le questioni sociali dalla marginalità». Don Vinicio Albanesi, presidente del Cnca, lo dice a voce alta: «Livia, continua tu» esordisce. «Se non altro per l?attenzione che hai prestato ad ambiti finora trascurati da tutti: la riforma dell?assistenza, la tutela dell?infanzia, la lotta alle nuove marginalità e la cura dei disabili gravi. E scusate se è poco. Se poi oltre al governo dovesse cadere anche la Finanziaria, che è la prima dopo anni a non penalizzare i deboli, avremmo veramente fatto un passo indietro».
Un plauso all?azione della ministra viene anche da Luisa Santolini, coordinatrice del Forum delle associazioni familiari, solitamente molto critica nei confronti del governo Prodi. Ma anche per lei Livia non si tocca. «Il governo Prodi non ha messo la famiglia nella lista delle priorità e ha fatto troppo poco per salvaguardarla. Ma la colpa non è della Turco. Il fatto è che ha dovuto fare i conti con le esigenze del governo di effettuare un risanamento finanziario radicale. Con tutto ciò la ministra ha fatto proposte positive, quali i congedi parentali e le agevolazioni per la casa alle giovani coppie. Quindi se il governo seondo noi non ha raggiunto la sufficienza non è stata sua responsabilità, anzi, se non ci fosse stata lei sarebbe stato peggio: dal cinque saremmo passati al quattro. Forse di meno». Insomma, Livia salvaci tu. Qualsiasi governo ci toccherà.
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