Mondo

Il non profit è sulle barricate

A guidare le proteste il 30 aprile a Istanbul c’erano 400 ong. È un mondo che ha un ruolo sempre più importante. E si fa portavoce del dissenso popolare...

di Emanuela Citterio

Un milione e mezzo di persone a Smirne, un milione a Istanbul. In Turchia la battaglia per la laicità dello Stato ha cominciato a riempire le piazze alla fine di aprile, e il movimento contro il governo filo islamico del premier Tayyp Erdogan non sembra arrestarsi. Ma le manifestazioni hanno portato alla ribalta anche un nuovo attore, il non profit turco. A guidare le proteste, il 30 aprile a Istanbul, c?erano 400 organizzazioni non governative ?laiche?. Di mezzo ci sono anche le elezioni del prossimo 22 luglio in Turchia, e sullo sfondo le trattative per l?ingresso nell?Unione europea. Ertugrul Kurkcu, giornalista ed ex dissidente politico, a Istanbul dirige Bianet, un portale di notizie sul non profit nato da un progetto cofinanziato dall?Unione europea (www.bianet.org), che monitora anche libertà di stampa e rispetto dei diritti umani.

Vita: Di che orientamento sono le organizzazioni non governative turche che sono scese in piazza per difendere la laicità?
Ertugrul Kurkcu: Si tratta di organizzazioni di diverso orientamento politico, ma che per la maggior parte sono supportate o dai partiti dell?opposizione o dal presidente della Repubblica (che difende la laicità contro il premier Erdogan, ndr), o da gruppi economici che controllano alcuni media. Questo non vuol dire che non siano ?vere ong?. Sono autonome, hanno una loro agenda e godono anche di un supporto popolare. Sono indipendenti dal governo, ma non si può dire che siano indipendenti da interessi politici. E, in alcuni casi, nemmeno dall?esercito: non si può dire che le controlli in modo diretto, ma di certo le incoraggia, come del resto hanno detto apertamente alcuni leader di questo movimento ai media. Resta però un dato di fatto positivo.

Vita: Quale?
Kurkcu: La partecipazione popolare: le persone usano il diritto democratico di manifestare per esprimere il proprio dissenso. Questo è un segno di maturità della società civile. E riflette una preoccupazione reale. Quello di Erdogan non è un governo islamico ma di certo ha un background islamico. Le radici laiche sono molto profonde nella cultura turca, le persone non vogliono sottostare a dettami religiosi, e avvertono come un pericolo l?influenza che l?islamismo politico può avere sulla società. Ma soprattutto questo movimento è positivo perché il governo si sente controllato dal basso.

Vita: Il non profit in Turchia. Cos?è?
Kurkcu: Un mondo diversificato al suo interno, che sta giocando un ruolo sempre più importante. In vista dell?adesione all?Unione europea, c?è stato un miglioramento del quadro legale che ha aumentato i margini d?azione per il non profit, e anche la qualità del lavoro delle ong è migliorata. Ma in generale alle ong indipendenti manca il supporto finanziario per far crescere le attività. Questo diventa un problema quando le azioni della società civile entrano in collisione con interessi governativi. Per esempio le ong che lavorano tra le minoranze sono ostacolate politicamente e intellettualmente, non possono raccogliere fondi. Hanno bisogno di supporto internazionale. Si può dire che le ong turche sono autonome, ma se parliamo di indipendenza totale il numero si restringe a un gruppo ristretto di ong minori, che non hanno peso a livello nazionale, anche se hanno un impatto sociale a livello locale.

Vita: L?ingresso della Turchia nell?Unione europea: ritiene che lo sviluppo della società civile possa può giocare qualche ruolo?
Kurkcu: Dal 2004, con la nuova legge sul non profit, le organizzazioni internazionali o di altri Paesi possono aprire delle sedi in Turchia e collaborare con le ong locali. A essere presenti in questo momento sono soprattutto fondazioni tedesche. Forse questa maggiore apertura può dare un contributo. Ma l?opinione pubblica è andata nella direzione opposta.

Vita: Sta dicendo che la popolazione turca non vuole l?ingresso in Ue?
Kurkcu: La gran parte dei turchi sente di appartenere alla civiltà europea. Ma se cinque anni fa l?80% della popolazione era per l?ingresso nell?Unione, ora si divide a metà. Hanno pesato sull?opinione pubblica anche i giudizi negativi di alcuni leader europei, che si sono espressi contro l?inclusione della Turchia, come l?attuale presidente della Francia, Nicolas Sarkozy. Dall?altra parte, la ristrutturazione economica che il governo ha dovuto attuare per rientrare nei parametri di Maastricht, ha creato malumori in alcuni settori dell?economia. Bisogna tener conto anche di un altro risvolto delle recenti manifestazioni: l?atmosfera nazionalista che cresce e che i laici tendono ad rafforzare. Alcuni esponenti politici che all?estero dicono di essere pro Europa, in realtà sono contro. È paradossale, ma ora sono gli islamici in Turchia a sostenere l?ingresso in Ue.


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