Non profit

Il non profit batte la crisi

Lo dice la ricerca curata dalla Cooperativa Solidarietà di Padova e della Fondazione Nord Est

di Redazione

In un momento storico caratterizzato da grandi cambiamenti sociali ed economici la divisione fra mondo ”profit” e ”non profit” non sembra piu’ essere cosi’ netta. Le diversita’ di natura fondativa e ideale rimangono, ma i fattori di analogia superano quelli di diversita’, in particolare per quanto riguarda le strategie di natura aziendale, le logiche di un mercato competitivo, l’attenzione al cliente finale e alla qualita’ dei prodotti e dei servizi offerti. In un quadro, poi, che ha visto le imprese italiane fare fronte a gravi difficolta’, la cooperazione sociale si trova ad affrontare gli effetti dell’ulteriore diminuzione dei fondi pubblici e a svolgere, nel contempo, una funzione di supporto nel rispondere ai processi di uscita dal mercato del lavoro che hanno riguardato i lavoratori impiegati nelle aziende profit. E’ quanto emerge dall’indagine, curata dalla Cooperativa Solidarieta’ di Padova e della Fondazione Nord Est, volta a esaminare ruolo e immagine della cooperazione oggi, dei rapporti intrattenuti con gli enti pubblici e in particolare degli assetti futuri in vista del probabile, progressivo venire meno del supporto da parte di questi ultimi. La ricerca ha coinvolto 228 cooperative sociali operanti in Veneto, interpellate in qualita’ di testimoni privilegiati. La rilevazione si e’ svolta nel periodo tra il 3 e il 18 febbraio 2011.

Sulla stessa linea delle imprese profit, le cooperative sociali registrano valori in leggera crescita e una situazione in miglioramento, seppur ancora molto incerta, per quanto riguarda le prospettive future. In particolare dal 2009 al 2010, il saldo di opinione – il rapporto tra le risposte positive e quelle negative – risulta positivo per quanto riguarda il fatturato (+9,3), gli ordini e le commesse (+0,6) e l’occupazione (+5,9). Di particolare interesse risulta il saldo d’opinione positivo (+5,9) emerso dalla rilevazione dei dati sull’occupazione. Mentre per le imprese profit si registra ancora un valore in calo (-7,3), la tendenza positiva legata al mondo delle cooperative sociali dimostra, oltre al contenimento delle ricadute sul piano occupazionale, il ruolo, non secondario, svolto nei percorsi di occupabilita’ dei ”soggetti deboli”.

Un risultato analogo si evidenzia sulla condizione degli incassi: un ritardo e’ denunciato dai due terzi delle cooperative interpellate (63,2%) e da una misura simile (61,9%) fra le imprese profit. Mutano, invece, le prospettive in modo significativo quando lo sguardo si proietta nel futuro. Osservando le previsioni per il primo semestre 2011, mentre le imprese profit mettono in evidenza una condizione di leggero miglioramento, le cooperative sociali prefigurano, invece, un contesto segnato da forti negativita’. Soprattutto, la sensazione e’ che le cooperative, che pur hanno retto bene la fase critica precedente, si attendano il peggio nel futuro imminente. In particolare, per quanto riguarda l’occupazione, esse segnalano la previsione di perdere una quota non marginale di lavoratori, a fronte delle minori risorse in ingresso, derivanti da un calo degli ordini. Come per le realta’ profit, la maggiore strutturazione si accompagna nuovamente ad andamenti positivi per fatturato, ordini e occupazione. Le cooperative sociali di piu’ grandi dimensioni, infatti, hanno saputo meglio reagire alla crisi perche’ hanno potuto ridistribuire al proprio interno i risultati (positivi e negativi) in modo piu’ flessibile rispetto alle strutture piu’ piccole.

Nel caso delle cooperative sociali esiste una correlazione diretta fra la loro dimensione e il rapporto di committenza con un ente pubblico. Quanto piu’ e’ stretto il legame con il pubblico, infatti, tanto maggiore e’ la possibilita’ delle cooperative di crescere sotto il profilo dimensionale. Per un verso, infatti, vengono affidati i servizi alle cooperative che appaiono maggiormente in grado di rispondere in termini complessi e diversificati (verosimilmente quelle piu’ strutturate); per altro verso, un rapporto operativo a lungo termine favorisce i processi stessi di strutturazione. Ora che la crisi delle risorse, pero’, tocca il settore della pubblica amministrazione, e’ facile prevedere che le cooperative che hanno rapporti economici prevalenti con esso subiranno un processo di ridefinizione e di riduzione. Il rapporto fra mondo della cooperazione sociale e pubblica amministrazione non si riduce solo a una questione economica. Fondamentali sono anche la dimensione progettuale, la condivisione di un modus operandi, gli obiettivi di inclusione sociale da raggiungere. Sotto questo profilo, non mancano le criticita’, nonostante le cooperative sociali percepiscano un generale apprezzamento della loro azione da parte del pubblico.

Le cooperative interpellate evidenziano una progressiva forbice fra quanto e’ stato possibile realizzare in passato e quanto verificano di poter fare oggi. Mentre solo poco piu’ di un quarto fra gli interpellati (28,3%) ritiene che un tempo l’ente pubblico limitasse fortemente i margini di azione della cooperativa, oggi tale quota sale al 53,2%. Dunque, muta negativamente la relazione fra i due mondi e cio’ a maggior ragione se consideriamo che ben i quattro quinti (81,8%) dei cooperatori si attendono una riduzione delle risorse disponibili dedicate al welfare verso i mondi della cooperazione medesima. Rivedere la governance. E’ diffusa la consapevolezza (64,2%) che si debba porvi mano perche’ non piu’ coerente con gli scenari mutati. Cio’ comporta la revisione di modelli e processi organizzativi, le funzioni di leadership, le modalita’ di gestione delle risorse umane, i modi e le forme di partecipazione dei soci alle imprese. Significa quindi avviare una trasformazione che consenta alle cooperative sociali di affrontare il mercato e adottare criteri manageriali di gestione, pur salvaguardando i propri valori fondativi.

Differenziare i committenti e’ la risposta al calo progressivo di risorse pubbliche. Questa strada sembra gia’ essere stata intrapresa: la quota di cooperative che rivolgono oggi all’ente pubblico la propria attivita’ e’ il 55,5%, contro il dato Istat del 2005 che rilevava come in una simile situazione si trovasse il 62,6% delle cooperative sociali. Fare sistema. In questo caso, prevale nettamente una prospettiva di aggregazione fra cooperative (66,5%), piuttosto che di fusione (25,0%). Insomma, seppure in modo strumentale, l’affrontare da soli le impervie strade del mercato lascia il posto all’idea di fare sistema, di mettersi assieme, di realizzare una maggiore massa critica aumentando l’efficienza e l’efficacia della propria azione contenendo i costi.

Uscire dal recinto della propria cooperativa. Dall’indagine emerge che solo un terzo (34,4%) dei cooperatori interpellati riveste una carica elettiva all’interno di strutture associative della cooperazione stessa. Meno di un quarto (23,0%) e’ presente in altre realta’. Quasi nessuno partecipa a strutture associative di categoria o di rappresentanza (6,4%). Quindi, il non sviluppare reti di relazione con altri ambienti, vicini e non, rischia di costituire un ostacolo iniziale di non poco conto, anche semplicemente in un’ottica di ampliamento e diversificazione dei servizi da offrire sul mercato. Dare forza al valore del lavorare in cooperativa. Dall’indagine emerge uno scarso interesse dei giovani ai valori della cooperazione sociale, nonostante le prospettive di lavoro siano generalmente positive (tre quarti fra gli occupati hanno un contratto a tempo indeterminato). Ci si scontra con un insieme di questioni legate al valore sociale del lavoro svolto, alla remunerazione, alle condizioni di lavoro, alla manualita’, che sono oggetto di riflessione anche per altri settori produttivi oggi poco ambiti, Cio’ non di meno, la specificita’ del lavorare in una cooperativa sociale deve spingere a una riflessione sul valore di essere occupati in una realta’ d’impresa dove i valori dell’inclusione sociale, della centralita’ e della promozione dell’individuo costituiscono la colonna vertebrale della sua attivita’.

Vuoi accedere all'archivio di VITA?

Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.