Cultura

Il Nobel Stiglitz: inutili misure anti-riciclaggio

In un articolo a quattro mani con il ministro del Commercio svedese Pagrotsky per il Financial Times, l'economista spiega come sia necessario un intervento strutturale.

di Giampaolo Cerri

L’azione di polizia finanziaria contro il terrorismo? Non servirà a niente. A pensarla così un premio Nobel per l’economia come Joseph Stiglitz e il ministro del Commercio estero svedese Leif Pagrotsky in un articolo pubblicato oggi dal Financial Times. Secondo gli autori, è il sistema finanziario e la globalizzazione stesso a favorire le strategie finanziarie dei gruppi terroristici. «E’ tempo di domandarci perché più di 300mila società abbiano base alle Isole Vergini e solo 9 mila di esse mostrino segni di attività in loco; o perché 500 miliardi di dollari siano stabilmente presenti nei conti correnti delle Isole Cayman. Il danaro è là non perché le banche offrano migliori servizi di quelle londinesi o di New York. Nella maggior parte dei casi è per evitare indagini o di evadere la tassazione. Dovremmo non confondere», proseguono Stiglitz e Pagrotsky, «il legittimo principio della riservatezza in materia bancaria con l’uso illegittimo della segretezza nel credito». E ancora: «(…) la globalizzazione offre ai criminali un complesso ed opaco sistema finanziario, nel quale si fanno poche domande sull’origine dei soldi». Secondo il premio Nobel e il ministro l’uso del sistema finanziario da parte del terrorismo global «è, naturalmente, un aspetto della globalizzazione che non viene enfatizzato da chi elevava ad essa le proprie preghiere giusto fino a poco tempo fa». E’ il momento di correggere queste storture, dicono gli autori, «immaginiamoci una nuova guerra dei Balcani pagata in contanti o consideriamo la difficoltà in trafficare in droga o diamanti senza poter usare una banca per le transazioni». «Una credibile struttura finanziaria internazionale», concludono, «porterà a uno sviluppo più pacifico del mondo nell’interesse di tutti».


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